Sono giorni intensi per il mondo del calcio. Un periodo in cui ritorna più vivida la presenza di un nemico che, nonostante i numerosi passi avanti, continua imperterrito a ripresentarsi puntualmente, quasi come fosse uno scherzo del destino. Il caso Pogba ha scosso l’opinione pubblica e più in generale chi nel calcio pulito, non artefatto da elementi esterni, ci crede ancora oggi. Tuttavia, la realtà talvolta appare assai diversa: la piaga del Doping in Serie A non si arresta, continuando a mietere le proprie vittime.
Da Guardiola a Peruzzi, sono diversi i giocatori che negli anni sono stati oggetto di squalifiche e sospensioni. La Serie A ne conteggia numerosi. Ma ciò che è bene sottolineare è che la piaga del Doping continua ad essere presente, ancora oggi, nonostante i numerosi passi in avanti. E quello che preoccupa è che la maggior parte delle volte la colpa non è imputabile singolo giocatore, ma riconducibile a un sistema che porta lo stesso ad appoggiarsi a sostanze non solo vietate, ma altamente nocive.
Sì, perché è bene sottolineare che la piaga del Doping rappresenta un argomento molto complesso. Una questione che racchiude una serie di variabili difficili da esaurire in mere considerazioni. Quel che oggi però potrebbe rivelarsi importante è il ricordo. Ritornare indietro negli anni e nei diversi nomi coinvolti che si sono alternati in Serie A: non solo il caso Pogba, da Guardiola a Peruzzi ripercorriamo le sospensioni e le squalifiche più clamorose.

Doping Serie A, da Palomino a Joa Pedro: l’ultimo decennio
Ancora prima dell’ultimo caso Pogba, la piaga del Doping in Serie A aveva già segnalato altre positività, avvenute a distanza di pochi anni. L’ultimo in ordine cronologico è stato Palomino, risultato nel luglio del 2022 positivo al nandrolone e sospeso dall’Atalanta. Tuttavia, nel novembre successivo venne assolto dal tribunale e reintegrato in squadra.
Qualche anno prima la piaga del Doping in Serie A comparse anche in casa Cagliari. Circostanza che colpì il brasiliano Joao Pedro a cui venne diagnosticata, nel febbraio 2018, una doppia positività all’idroclorotiazide (diuretico). Situazione che costò all’attaccante uno stop lungo sei mesi.
Per concludere, i casi di positività al Doping in Serie A registrati nell’ultimo decennio anche il caso Lucioni. Nel settembre 2010, dopo Benevento-Torino, il difensore venne trovato positivo al clostebol, uno steroide anabolizzante. In quell’occasione il medico si assunse tutte le responsabilità, ma il giocatore venne squalificato comunque per un anno.

Doping Serie A, da Borriello a Bucchi: l’apice negli anni 2000
Sono gli anni 2000 a segnalare l’apice della piaga del Doping in Serie A. Ebbene, da Borriello a Bucchi sono diversi, per meglio dire tanti, i giocatori che ebbero a che fare con sospensioni e squalifiche. Campioni che rischiarono di compromettere la propria carriera o il ricordo della stessa. Casi tuttavia diversi fra loro ma che comunque segnarono il percorso di chi volente o nolente ne rimase coinvolto.
Nel dicembre 2006 Boriello venne trovato positivo a prednisone e prednisolone, metaboliti del cortisone. Assunzione che costò all’allora attaccante del Milan 3 mesi di stop. Discorso diverso fu il caso Pep Guardiola, positivo al nandrolone nell’annata 2001-2002 per ben due volte. L’ex giocatore del Brescia venne prima sospeso 4 mesi e poi assolto. Stesso periodo di tempo inflitto a Davids, anch’esso positivo al nandrolone nel marzo 2021.
Come sottolineato in precedenza, gli anni 2000 furono l’apice del Doping in Serie A, caratterizzati da un uso spasmodico del nandrolone. Sostanza che fu riscontrata nella stagione 2000/2001 anche nel sangue di Stam, Couto e Bucchi. Quattro mesi di sospensione per i primi due, una squalifica molto più pesante per quest’ultimo che venne squalificato addirittura per un anno.
Doping in Serie A: il caso Peruzzi
Il caso Peruzzi merita un capitolo a parte. La positività dell’allora ex portiere della Roma rappresentò uno scandalo che, all’epoca, scosse tutta l’opinione pubblica. Una circostanza che ebbe un forte risalto tra i media e che sottolineò l’emergere di una realtà spesso taciuta, ma comunque denunciata da diverso tempo.
Peruzzi fu trovato positivo alla Fentermina dopo un controllo eseguito nel settembre del 1990 post Roma-Bari. Un farmaco doppante utilizzato tuttavia per scopi dimagranti. All’epoca il giocatore non fece ricorso e decise di scontare la pena inflitta, ovvero un anno di squalifica.
Fu il caso Peruzzi ad inaugurare la presenza del Doping in Serie A, una questione alquanto contorta, andatasi poi a sviluppare negli anni a seguire. L’ultimo decennio, come visto, registra un andamento preoccupante, non tanto in paragone al precedente nettamente superiore per dati, ma in virtù dei numerosi passi avanti e controlli che non hanno tuttavia scoraggiato ancora l’assunzione di sostanze oltre che vietate, severamente nocive. Una problematica da cui il mondo del calcio necessita assolutamente di liberarsi.

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