🏆 Il nuovo Mondiale per Club: un cambiamento irreversibile

Il Mondiale per Club cambia completamente format, per presentare la sua prima edizione a 32 squadre, a partire dal 2025: uno scenario enigmatico, che lascia parecchie riflessioni da compiere al riguardo

Lorenzo Ferrai
12 Minuti di lettura
🏆 Il nuovo Mondiale per Club: un cambiamento irreversibile
🏆 Il nuovo Mondiale per Club: un cambiamento irreversibile

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Gli ultimi anni rappresentano un’autentica rivoluzione per il calcio, con il denaro che ha assunto sempre più un ruolo da protagonista del mondo del pallone. E i ripetuti trasferimenti per cedere ai corteggiamenti del ricco campionato dell’Arabia Saudita ne rappresentato un esempio lampante. Così come l’idea Superlega, anche il nuovo Mondiale per Club rappresenta degli sviluppi evidenti nell’evoluzione dello sport più seguito al mondo.

Le origini e l’evoluzione: dalla Coppa Intercontinentale al Mondiale per Club

La competizione per eleggere il miglior club al mondo è stata fondata nel 1960, come per determinare la squadra dominatrice a livello mondiale, fra le vincitrici di Coppa dei Campioni e Copa Libertadores. Europa contro Sudamerica, la lotta fra le due superpotenze del calcio internazionale. A seguito del boom economico degli anni ’50, il calcio ha cominciato ad affermarsi, espandendosi a dismisura in un mondo condizionato dalla Guerra fredda.

In questo contesto, il Real Madrid si stava affermando come il club da battere, dopo la conquista di cinque Coppe dei campioni di fila. A quel punto, visto che in Sud America era già presente la Copa Libertadores, la versione latina della Coppa Campioni, viene organizzata una contesa per definire la squadra più forte del mondo, ribattezzata Coppa Intercontinentale, per definire la migliore compagine mondiale. Dapprima, per circa due decenni, la finale si articola in una doppia sfida andata e ritorno, in casa delle rispettive contendenti.

Alfredo Di Stefano
Alfredo Di Stefano @Twitter

Con la comparsa degli sponsor, la Coppa Intercontinentale viene decisa in una finale secca, con la sede trasferita in Giappone, a Tokyo, sotto la sponsorizzazione del marchio Toyota. Con l’avvento del Terzo Millennio, la FIFA promuove l’ingresso anche delle altre federazioni, tramutando la finale secca in un vero torneo con fasi a eliminazione diretta, sulla falsa riga del Mondiale per nazionali. Va precisato che il trofeo è stato sempre spartito fra Europa e Sudamerica.

Il nuovo Mondiale per Club: partecipanti e formula

Se prima il Mondiale per il Club ospitava solamente le vincitrici dei tornei continentali, più il club ospitante, ora la FIFA ha scelto di espandere la partecipazione a 32 squadre. Le partecipanti variano a seconda della posizione che le rispettive federazioni occupano nel ranking.

L’Europa potrà contare su 12 partecipanti: le quattro vincitrici delle ultime edizioni di Champions League, più altre otto prese dal ranking. Il Sudamerica ne porterà invece 6 (quattro vincitrici più altre due dal ranking). Asia, Nordamerica e Africa ne qualificheranno 4 a testa, più quella proveniente dall’Oceania. Inoltre, avrà accesso al Mondiale per Club anche una squadra della nazione ospitante.

La maggiore vastità di partecipanti alla rassegna iridata per club garantisce maggiori introiti, per vie delle numerose sponsorizzazioni, oltre a uno share più ampio. Un toccasana per le casse della FIFA, oltre che per i bilanci delle stesse squadre, alle quali l’accesso al Mondiale per Club garantisce cospicue entrate. Difatti, la sola qualificazione alla competizione, riporta Calcio e Finanza, porta circa 50 milioni di euro in dote alle diverse partecipazioni, per salire anche fino a 100 per la vincitrice della rassegna.

Aldo Serena
Aldo Serena @Twitter

Piovono partite: Aldo Serena in ESCLUSIVA

La nuova formula del Mondiale per Club implicherà un cambiamento radicale anche per ciò che riguarda la cadenza della competizione. Difatti, la massima manifestazione iridata non verrà più disputata ogni anno in una sede fissa, ma cadrà ogni quattro quattro anni, esattamente il Mondiale per le nazionali. Tempi diversi, calcio diverso, con un addensamento di partite impensabile fino a qualche anno fa.

Sono ben lontani i tempi in cui la disputa era ridotta a due sole squadre, allora chiamata Coppa Intercontinentale. Chi è riuscito ad aggiudicarsi quella manifestazione è Aldo Serena, ex centravanti di Milan, Inter e Juventus, laureatosi campione del mondo con la maglia bianconera, l’8 dicembre 1985. Proprio l’ex attaccante ha commentato in ESCLUSIVA il cambiamento a cui sta andando incontro il mondo del pallone.

Fra i temi c’è proprio quello dell’elevato numero di gare da disputare in una stagione, che in quel caso non finirà più a maggio, ma si prolungherà fino a luglio. I ricchi compensi previsti per le partecipanti però, stuzzicano gli appetiti. Aldo Serena si è espresso in questi termini al riguardo: “La fame di denaro soffoca il calendario. Così facendo si esauriranno tutte le date disponibili per giocare“.

Problema non da poco, anche perché l’enorme concentrazione di partite lascerà ben poco spazio alla preparazione pre campionato o ai periodi di riposo. Anche lo stesso Serena non ha avuto dubbi: “Non c’è tempo per allenarsi. Il calcio sarà dipanato in 11 mesi su 12. In America, in sport come il basket, i ritmi non sono così alti. In NBA giocano anche ogni 3 giorni, ma il calendario dura 6/7 mesiManca preparazione, la situazione rischia di diventare insostenibile. Per far fronte a questi impegni serviranno rose di almeno 30 giocatori“.

Pecunia non olet

Da competizione che metteva di fronte, a tutti gli effetti, le migliori di ogni continente, il Mondiale del Club ha allargato i propri orizzonti. Un allargamento redditizio, probabilmente anche necessario, ma pur sempre penalizzante, specialmente per le squadre di Asia e Nordamerica, le quali non hanno mai raggiunto l’appeal e la potenza di fuoco dei top club europei.

Gianni Infantino, presidente della Fifa
Gianni Infantino, presidente della Fifa @Twitter

Questo nuovo format del Mondiale, invece di favorire una graduale erosione del gap, rischia invece di acuire le differenze, già di per sé evidenti fra i partecipanti dei vari continenti. Naturalmente la FIFA tutela i propri interessi e quelli del mondo del pallone. Dunque non è stato particolarmente complicato estendere l’invito anche a chi, pur non avendo la Champions League, conserva uno “storico” accettabile.

In questo modo lo share aumenta, dato che l’interesse si estende a una maggiore fetta di tifosi, che contribuiscono al mantenimento delle casse FIFA. In cambio, il maggiore organico mondiale, dona una cospicua cifra di torneo a chi partecipa. I famosi 50 milioni citati in precedenza. Alla luce di questo, il Mondiale del Club rischia sul serio di trasformarsi in una Superlega iridata, anche perché c’è da aspettarsi un monopolio da parte dei 12 club del Vecchio Continente, meglio dotati finanziariamente e abitudinari in palcoscenici di questo tipo.

Il Mondiale d’élite

La questione del Mondiale per Club, oltre la preparazione e gli enormi sforzi fisici per i calciatori, va a interessare direttamente la competizione. Se l’intento della FIFA era quello di stimolare la competizione, l’intromissione di nuove contendenti alla competizione, unita ai lauti premi, rischia invece di favorire l’effetto opposto: una cristallizzazione e la creazione di un’élite che monopolizzi anche questo nuovo tipo di torneo.

I club europei sono i più competitivi, oltre a possedere migliori strutture e un blasone nettamente superiori alle altre pretendenti. Aldo Serena ha commentato questa possibile cristallizzazione dei ruoli: “Il sale dello sport è la competizione. È giusto dare a tutti la possibilità di vincere. Con questo modo di agire, si rischia realmente di creare un’élite, in cui ci saranno sempre poche possibilità di sorpresa“.

Lo spauracchio Arabia

I club europei potrebbero anche essere in buona compagnia nella prospettiva di egemonizzare la competizione. Oltre al già citato Sudamerica, non è da escludere anche un ruolo di primo piano delle squadre provenienti dal campionato dell’Arabia. Il torneo saudita si è preso la scena soprattutto durante la scorsa estate, facendo spesa nel Vecchio Continente, in particolare sui giocatori avanti con l’età o comunque all’apice della loro carriera.

Karim Benzema, Al-Ittihad*
Karim Benzema, Al-Ittihad*

Il campionato saudita si è scoperto ben presto avere molto più possibilità economica rispetto a diverse squadre europee, cosicché diversi giocatori hanno ceduto al richiamo dei soldi, per trasferirsi nella penisola arabica. Ovviamente, non tutti si sono fatti trasportare dalla cosiddetta esperienza nuova, prediligendo il blasone e le ambizioni dell’Europa e della Champions.

Va però specificato che per il nuovo Mondiale per Club non sono da escludere quattro club, tutti con sede in Arabia. Il che acuirebbe sensibilmente il divario con le altre pretendenti asiatiche, così da assumere dei contorni dittatoriali in favore della Saudi Pro League, campionato già molto ricco di suo.

E Aldo Serena è intervenuto anche sulla questione Arabia, concentrandosi soprattutto sulla scelta dei giocatori, anche affermati e nel pieno del loro vigore, che scelgono la destinazione saudita. Anche in questo caso, il nodo della questione è il discorso economico, benché per l’ex centravanti dopo qualche tempo sopraggiungano ben altri pensieri.

È complicato dire di no ai soldi. Ma chi è abituato alla musica della Champions League, penso a Benzema, si ritrova in un mondo completamente diverso“. Secondo Aldo Serena, la tranquillità iniziale si trasforma poi in angoscia, per via dell’immersione in un contesto totalmente differente: “Ritmi e anche tifosi con poca cultura calcistica, dopo un mese un po’ di deserto interiore può arrivare. Queste esperienze le andrei a provare a fine carriera. Il livello tecnico e il fascino vero sono qui in Europa“.

Che fine ha fatto la meritocrazia?

Appare dunque chiaro come il calcio stia seguendo una direzione ben precisa. Il punto di non ritorno sembra essere già superato. Ma questo Mondiale per Club, accolto come un’innovazione, oltre che un passo nel futuro, ha tutti i presupposti per tarpare le ali alle società ambiziose, ma spoglie di quel blasone o, banalmente, della mentalità propria delle squadre europee. La nuova era del pallone è ufficialmente iniziata, ribaltando completamente gli scenari? Un successo o fallimento? Quello lo dirà il tempo.