🦅 Addio a Antonio Pacheco: bandiera del Benfica e meteora della Reggiana

Da bandiera del Benfica a traditore per il passaggio allo Sporting, con un sussulto in Serie A con la maglia della Reggiana: la discontinua carriera di Antonio Pacheco

Riccardo Siciliano
7 Minuti di lettura

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Il 20 marzo del 2024 si è spento improvvisamente a Faro (Portogallo), l’ex calciatore e allenatore Antonio Pacheco, a soli 57 anni per un arresto cardiaco. La scorsa settimana Pacheco si era sentito male mentre era fuori con gli amici a Portimao ed è stato portato d’urgenza in ospedale: da lì è stato trasferito a Faro, l’unico ospedale della regione con un servizio di cardiologia.

Nella sua carriera da calciatore professionista, Pacheco ha vestito le maglie di Sporting, Torralta, Portimonense, Belensense, Santa Clara, Atletico Cp e Estoril, disputando una stagione anche in Italia con la Reggiana. Il centrocampista portoghese è stato però una vera e propria bandiera del Benfica, con il quale è stato anche protagonista nell’allora Coppa dei Campioni.

Gli inizi della carriera e gli anni d’oro al Benfica

Centrocampista mancino di bassa statura, con una buona velocità, ottica tecnica di base e bravura negli inserimenti nell’area avversaria, Pacheco nasce in Algarve nel 1966, a Portimao, ma mosse i primi passi da professionista a Torralta nel 1985-1986, acerrima rivale della Portimonense, squadra del suo paese,

Dopo essere “scappato di casa da ragazzino”, la stagione successiva si trasferisce proprio alla Portimonense. 23 presenze e nessun gol in stagione, quanto bastò però per meritare la chiamata del glorioso Benfica. Probabilmente è stato il destino a portare Pacheco nelle file delle Aguias: da bambino, dopo aver raccolto abbastanza soldi per comprare una divisa da calcio, si recò al negozio per comprare la maglia dello Sporting Club, squadra di cui era tifosissimo, trovando però solo quella degli acerrimi rivali del Benfica, che finì per acquistare.

E proprio del Benfica divenne una bandiera: nella squadra di Mozer e Rui Agusa riesce a ritagliarsi il suo spazio, vincendo due campionati, una Coppa di Portogallo e una Supercoppa. Pacheco arrivò due volte in finale di Coppa dei Campioni, perdendo entrambe le volte: nel 1988 contro il PSV ai calci di rigore e nel 1980 contro il Milan degli olandesi.

Inoltre, il centrocampista portoghese in Coppa Uefa segnò una storica tripletta che per decenni è rimasta l’unica della storia europea di un giocatore del Benfica (nel 1992 contro gli sloveni dell’Izola), prima che Joao Felix eguagliasse il suo record nel 2019 contro l’Eintracht Francoforte. Quelli furono gli anni d’oro per il calciatore, che vestì anche per sei volte la maglia della nazionale portoghese.

La carriera di Pacheco è stata però parecchio discontinua: Sven Goran Eriksson arrivò a filmarlo in allenamento di nascosto, consengnandogli il vhs da 35 minuti che lo ritraeva a camminare e mai a correre, accusandolo di scarso professionismo. Concluse la sua avventura al Benfica nel 1993, dopo sei anni di permanenza, collezionando 142 presenze e 30 gol.

Il tradimento con il passaggio allo Sporting

Nel 1993 Pacheco è stato protagonista di uno dei trasferimenti più controversi del calcio portoghese. Quell’estate fu segnata “dall’assalto” di Sousa Cintra, allora presidente dello Sporting, contro il Benfica di Jorge de Bruto, che stava vivendo un momento di profonda crisi.

Come detto in precedenza, i rapporti tra Pacheco e il Benfica deteriorarono fino alla clamorosa decisione del giocatore, insieme al compagno Paulo Sousa, di risolvere unilateralmente il contratto e finire ai rivali di Lisbona, reclamando salati arretrati. Il centrocampista ci rimise un’automobile, distrutta dai tifosi sotto casa per il tradimento consumato. Le Aguias riuscirono invece a sventare il trasferimento di Joao Vieria Pinto.

Pacheco vestì la maglia dello Sporting per due stagioni, vincendo un’altra Coppa del Portogallo, ma non riuscì a lasciare il segno come fatto nel Benfica. Anche a causa di diversi problemi fisici, collezionò appena 22 presenze (con 2 reti) con il club di Alvalade, perdendo spazio con l’arrivo di Carlos Queiroz come allenatore, con cui ebbe un pessimo rapporto.

Il sussulto contro l’Inter

Nel 1995-1996 giocò una stagione al Belenenses (costellata da problemi fisici, che lo portarono a giocare solo sei partite), prima di trasferirsi in Italia con la Reggiana, una squadra considerata il primo esempio – negativo – degli effetti della sentenza Bosman. L’anno prima un giovanissimo Carlo Ancelotti l’aveva portata di nuovo in Serie A, ma con il suo approdo al Parma la società punta su Mircea Lucescu.

La dirigenza punta su una serie di calciatori stranieri, nomi non tutti irresistibili: Micheal Hatz, Dietmar Beiersdorfer, Adolfo Valencia, Fran Carr e proprio Antonio Pacheco. Il centrocampista portoghese si presentò con l’obiettivo dichiarato di “dimostrare di essere ancora un grande giocatore“. La stagione fu tutt’altro che entusiasmante, con la Reggiana che retrocesse in Serie B da ultima classificata.

I tifosi si ricorderanno di lui per un unico acuto, arrivato al Giglio il 22 dicembre del 1996 contro l’Inter di Roy Hodgson. La Reggiana si presentò alla sfida in ultima posizione in classifica e prima della sosta ha solo 5 punti in campionato con zero vittorie. La Regia passò clamorosamente in vantaggio con un bellissimo gol al volo di sinistro di Pacheco, ma i nerazzurri salvarono la faccia trovando il pareggio con Djorkaeff. Quella rimarrà l’unica rete del portoghese in Serie A in 14 presenze.

Reggiana-Inter 1-1

La fine della carriera

Dopo la parentesi granata, l’unica al di fuori fuori del paese natale, Pacheco fece ritorno in Portogallo, vestendo le maglie di Santa Clara, Estoril e Atletico Cp, terminando la sua carriera da giocatore professionista nel 2001. Proprio in quell’anno divenne allenatore dell’Atletico Cp, mentre nella stagione 2004-2005 ha guidato la Portimonense.

Nel 2018 Pacheco fece pace definitivamente con il Benfica, in una pubblicità del club che mostrava Rui Costa, Mozer, Rui Eguas e altri calciatori per riceverlo a braccia aperte. In Italia lo ricorderemo per quel grandioso gol realizzato contro l’Inter, mentre in Portogallo ha sicuramente lasciato un segno indelebile con il suo mancino e con le sue decisioni extra-campo.