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Come in passato, la sfida tra Serbia e Svizzera si è confermata una partita che va ben oltre le rivalità sportive, viste le tensioni politiche che coinvolgono i giocatori dei due paesi e le loro origini. Le prime provocazioni arrivano alcuni giorni prima del match: lo spogliatoio serbo viene ripreso con alle spalle una bandiera anti Kosovo, affissa in bella vista su una delle pareti. Segnale che ha incendiato ancora di più la contesa, chiusa con un rocambolesco 2-3 in favore degli elvetici che ha condannato all’ultimo posto del girone la selezione di Stojkovic. Evidentemente Xhaka, sempre più leader dei suoi, non ha digerito il gesto dei serbi e ha dato sfogo a tutte le frustrazioni del caso, tenendo un atteggiamento piuttosto discutibile per tutta la gara.

Come sempre il centrocampista dell’Arsenal ha condotto una partita ad alta intensità, molto muscolare e con il carattere che lo contraddistingue. Ma a far discutere sono stati gli insulti rivolti alla panchina avversaria e l’esultanza finale con la maglia di Jashari, suo compagno di squadra e omonimo del generale che condusse la liberazione del Kosovo, guidando il gruppo separatista albanese nella tanto sanguinosa contesa tra i due stati della ex Jugoslavia. Il numero 10 adesso rischia di saltare addirittura gli ottavi di finale, nonostante abbia smentito le voci che insinuavano ci fosse una provocazione politica dietro alla sua esultanza. Le tensioni tra i due paesi arrivano però da lontano e coinvolgono anche il veterano degli elvetici Xherdan Shaqiri. La battaglia tra Serbia e Svizzera, è stata vinta dagli elvetici per 2-3 ma la guerra è probabilmente destinata a continuare.
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Xhaka e Shaqiri, tra esultanze polemiche e supporto all’Albania
Sono molti i giocatori di origine albanese e kosovara che, dopo essere fuggiti dai propri paesi a causa della guerra dei balcani, hanno trovato rifugio in Svizzera diventandone cittadini a tutti gli effetti. Senza entrare troppo nei dettagli politici, le tensioni tra la Serbia e tutti gli altri paesi dell’ex Jugoslavia sono ancora vive ed emergono in maniera sempre più evidente negli eventi sportivi. Numerosi sono i precedenti che si possono citare, sicuramente tra i più eclatanti possiamo ricordare quello del 2018 che vede protagonisti Xhaka e Shaqiri, veterani della nazionale elvetica. Nel Mondiale disputato in Russia, entrambi i giocatori andarono a segno nel match vinto per 2-1 contro la nazionale serba, mimando con le mani l’aquila bicefala dopo ogni goal, simbolo raffigurato sulla bandiera albanese. Il messaggio è chiaro: supporto totale al Kosovo, all’Albania e alla loro indipendenza dal governo di Belgrado.
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Xhaka esulta con la maglia di Jashari, a rischio gli ottavi
Il centrocampista di origine kosovare, Granit Xhaka, è stato sicuramente uno dei protagonisti della delicatissima sfida tra Serbia e Svizzera, al pari di Embolo sempre più in crescita. Ma come anticipato, si è scatenata una bufera su di lui dopo l’atteggiamento tenuto durante il match e l’esultanza provocatoria al termine della gara. Il numero 10 elvetico, come riporta Eurosport, ha smentito le dietrologie politiche dietro i festeggiamenti con la maglia di Jashari, che poteva rimandare al generale del gruppo separatista albanese, liberatore del Kosovo nella sanguinosa contesa per l’indipendenza del piccolo stato balcanico. Questo un estratto delle sue parole: “La maglia è per Ardon Jashari, non c’è alcun messaggio politico, lui fa parte della nostra squadra. Gli avevo promesso che in caso di vittoria avrei indossato la sua maglia”.

La FIFA però, sta indagando particolarmente su un gestaccio rivolto dal capitano svizzero nei confronti di Rajkovic, che probabilmente rimanda allo scandalo sessuale, poi smentito, che vide protagonisti il portiere e l’attaccante Dusan Vlahovic. L’organo internazionale si è dimostrato intransigente su questo tipo di provocazioni, di conseguenza la presenza di Xhaka agli ottavi contro il Portogallo si può considerare in bilico. Sarebbe un vero peccato non poter vedere in campo il centrocampista dell’Arsenal, che ha sempre dimostrato di tenere molto alle competizioni con la maglia della sua nazionale. Lo sport però deve puntare ad unire i popoli, non accentuare ancora di più le tensioni tra i paesi, ed il match tra Serbia e Svizzera non è stato purtroppo un bello spot per il gioco più bello del mondo.