All’indomani di un turno di Serie A caratterizzato dal secondo stop dell’Inter di fila tra campionato e Champions, i riflettori sono stati puntati interamente su di loro. Acerbi e Juan Jesus, quest’ultimo autore del colpo di testa del prezioso 1-1 del Napoli. Non è il campo però a far discutere, sebbene del loro dualismo se ne parli proprio per ciò che è accaduto sul rettangolo verde.
Andando per ordine, al diverbio è seguito il richiamo d’attenzione all’arbitro La Penna da parte del brasiliano con labiale inequivocabile. Un presunto insulto proferito da Acerbi, di forte stampo razzista, è al centro del contendere. Poi le scuse in quel di San Siro del difensore nerazzurro e JJ che chiude la questione apparentemente, vista la successiva esplosione del caso.
Ciò che sembra sopito, infatti, non accenna a riposare proprio 24 ore dopo. Acerbi, allontanato dalla Nazionale, nega tutto: a quel punto per Juan Jesus diventa inevitabile giocare a carte scoperte sui social. E rispolverare d’improvviso il solito passo indietro della cultura, sportiva e non, del nostro Paese.
Condannare per proseguire
“Mi ha detto ne*ro” si legge nel post del centrale del Napoli, in riferimento allo scambio di pochi convenevoli con l’interista. Che, dal canto suo, avrebbe rincarato la dose sostenendo che tale epiteto equivalga a qualsiasi altra tipologia d’insulto. Alla faccia di chi pensava anni fa che nel 2024 le auto avrebbero preso il volo, quando a salire in cielo sono soltanto le pretese di un passo in avanti dal punto di vista della civiltà.
Tuttavia, e sia ben chiaro, la vergogna più grande la provi chi minimizza. Nessuno ritiene che Acerbi sia razzista di primo pelo, né che meriti i deplorevoli insulti social ricevuti nella giornata di ieri. Ma basta a raccontare che “sono cose di campo”, finiamola con la schifosa retorica della polvere sotto al tappeto. Soffermarsi sull’errore umano è il primo, anzi ennesimo, passo per non commetterne ancora.
Il suo gesto, se le parole di Juan Jesus fossero accertate in toto, va condannato da Federazione e società Inter che – in misura minore – rientra di diritto tra le vittime della vicenda, per l’inevitabile danno d’immagine subito. La volontà di giustizia in questo caso non è figlia di una repressa gioia nel veder soffrire il prossimo. Bensì di un bisogno ormai inevitabile di educare chi si avvicina al calcio, tutelare chi lo vive e onorare chi lo racconta.
E pazienza se ciò avverrà grazie all’insensata presa di posizione di chi dà poco peso ad un insulto. Oppure grazie ad una toppa, messa da Acerbi, che è peggio del buco. Enorme, profondo e da cui non basta evidentemente una patch con tanto di slogan per uscirne tutti interi.