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Unbroken è il secondo film prodotto da Angelina Jolie nel 2014 e ha come protagonista Louis Zamperini, giovane atleta italo-americano che sta preparando le Olimpiadi di Berlino del 1936. La storia sportiva del ragazzo è un insieme di casualità che lo portano ad essere un vero simbolo di riscossa sociale. Avere origini italiane in quel periodo non era ben visto dalla società, infatti Louis viene preso di mira più volte per questa sua caratteristica. La parabola del protagonista dimostra come nel momento di difficoltà non bisogna buttarsi giù ma rialzarsi e cercare di raggiungere la luce in fondo al tunnel.
Da perdente alle Olimpiadi
L’ambientazione del film è negli anni Venti/Trenta quando Louis è un giovane ragazzo con una vita difficile. I genitori sono continuamente delusi dalle decisioni che prende nella sua vita e la scuola non dà grandi soddisfazioni. Quello che succede un giorno mentre scappa da alcuni bulli della scuola ha qualcosa di maggio. Il giovane è nascosto sotto le tribune durante una gara di atletica e, per non finire in brutte situazioni, si ritrova sulla pista con gli altri atleti per i 500 metri. A cronometrare la gara c’è il fratello Peter che incredulo dà il via e nota la sorprendente velocità di Louis. Qui inizia la seconda vita del giovane italo-americano che viene allenato dal fratello sulla velocità ma soprattutto sull’aspetto mentale nel non arrendersi mai che ritroveremo più avanti. Louis ha dei miglioramenti assurdi, tanto da partecipare alle Olimpiadi a Berlino nel 1936 e arrivare ottavo. Da quel giorno verrà soprannominato “The Torrance Tornado“.
La guerra e la fine del sogno
Louis è un grande atleta ed è diventato un simbolo vincente nella sua comunità. Da ragazzo di strada e con nessuna speranza per il suo futuro a vincente e punto di riferimento di tutti. Questo status durerà poco perché scoppia la Seconda Guerra Mondiale e viene chiamato alle armi. Louis Zamperini si trova su un bombardiere dell’aviazione durante i bombardamenti dell’isola giapponese di Nauru nel 1943. L’aereo viene gravemente danneggiato durante l’operazione; Phil, il pilota, riesce tuttavia a riportare il velivolo alla sua base con un atterraggio di fortuna che ha buon esito grazie al provvidenziale scoppio di uno degli pneumatici del carrello.
Louis e l’equipaggio superstite dell’operazione precedente, insieme ad alcuni membri dell’equipaggio di sostituzione, vengono inviati in missione di salvataggio e di ricerca su un aereo che era stato precedentemente utilizzato per i pezzi di ricambio. Louis non crede che l’aereo sia idoneo al volo, ma viene ugualmente assegnato all’operazione. Nel corso della missione, però, entrambi i motori di sinistra del quadrimotore cedono, e l’aereo si schianta in mare. Louis e altri due, Mac e Phil (il pilota di questa missione e il pilota della missione precedente) sopravvivono su due zattere gonfiabili. Dopo tre giorni, un aereo vola sopra di loro, ma non li vede. Il 27º giorno ricevono l’attenzione di un aereo giapponese, ma li manca. Il 33º giorno Mac muore, lasciando soli Louis e Phil.
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L’arrivo a Tokyo
Il 47º giorno i giapponesi catturano Louis e Phil e li interrogano per sapere da loro tutto ciò che sanno sulle prossime mosse degli Alleati. Louis dice loro che non sa nulla perché è stato bloccato sulla zattera per più di un mese. Gli ufficiali non credono alle loro parole e li spediscono a due diversi campi di prigionia. Nel campo di Tokyo, dove è inviato Louis, presta servizio un giovane caporale giapponese, Mutsuhiro “Bird” Watanabe, che lo sottopone a pesanti umiliazioni per il fatto di aver battuto il campione giapponese alle olimpiadi di Berlino. Un giorno, dopo che Louis si sloga una caviglia e non è in grado di lavorare, Watanabe gli fa sollevare una grossa trave di legno dicendogli che se la avesse fatta cadere avrebbe detto alla guardia di sparare e questa è una delle scene iconiche di questo film. Louis la solleva con successo e la tiene in alto senza cedere all’incredibile sforzo facendo infuriare Watanabe. Alla fine della guerra i prigionieri del campo vengono liberati.
La chiusura del cerchio
Tornato in America, Louis si sposa nel 1946 e ha due figli. Anche Phil sopravvive alla guerra e anch’egli si sposa. Mutsuhiro “Bird” Watanabe si nasconde per diversi anni entrando nell’elenco del generale Douglas McArthur dei 40 criminali di guerra giapponesi più ricercati. Louis realizza la promessa fatta durante i 47 giorni sulla zattera, ovvero di dedicare la propria vita alla pace e al perdono dei gerarchi giapponesi, incontrandone molti ma non Watanabe per il rifiuto di questi. Prosegue inoltre la sua carriera di sportivo olimpionico e partecipa a trasmissioni televisive. Nel 1997, a ottant’anni, Louis corre a Tokyo portando per un tratto la torcia olimpica in occasione dei Giochi olimpici invernali di Nagano 1998, realizzando così il suo sogno, riuscendo anche a visitare il luogo della sua prigionia.
Unbroken: un film dal doppio volto
La pellicola prodotta da Universal sembra essere un successo già annunciato. È diretto al grande pubblico, ha un protagonista che tra alti e bassi riesce ad avere la meglio sul destino e l’impronta di Angelina Jolie dà quel tocco in più. Non dimentichiamoci che parliamo di una storia vera e forse di una delle pagine più brutte della storia americana. La cosa che lascia un po’ perplessi è il modo in cui questo viene descritto. Il tutto è servito allo spettatore con un semplicismo che sarebbe apparso maldestro già nel cinema di propaganda degli anni Quaranta, e che oggi va a confluire in un manicheismo davvero fuori tempo massimo.
Colpisce il rapporto conflittuale del giovane Louis e il suo carnefice giapponese Watanabe. I due si lanciano continue sfide, ma sembrano legati da un sentimento di rispetto, contaminato dall’appartenenza a due mondi troppo diversi. A volte Angelina si fa prendere un po’ troppo dalla retorica, lasciandosi andare a scene forse eccessivamente epiche, ma la straordinaria storia vera che viene raccontata giustifica questa sua scelta. I punti di forza di Unbroken sono, senza dubbio, la performance del protagonista, la colonna sonora suggestiva ed emozionante, e l’estetica di alcune scene che descrivono e catturano i momenti senza bisogno di parole.