Valerio Agnoli in ESCLUSIVA sulla morte di Rebellin: “Siamo l’anello debole delle strade”

Continua l'incredulità dal mondo del ciclismo per la morte di Rebellin ed oggi ha parlato con noi Valerio Agnoli ex ciclista pro come Davide

Michael Montani
5 Min di lettura

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Nel giorno della svolta decisiva per le indagini per trovare l’autista del camion che avrebbe investito uccidendo Davide Rebellin, abbiamo scambiato due parole con un ex ciclista che ha condiviso il gruppo del ciclismo per le strade del mondo con lui. Valerio Agnoli, ex di squadre come Astana e Liquigas ma adesso responsabile delle relazioni estere al di fuori delle mura del Vaticano per quello che riguarda le due ruote ha voluto ricordare l’ex compagno con cui aveva in comune la passione per la bicicletta. Il trentasettenne resta sempre più incredulo quando succedono queste tragedie e spera sempre che sia l’ultima ma purtroppo per lui e tutti noi non lo è mai.

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Valerio Agnoli su Davide Rebellin

Buonasera Valerio, parlaci di come era Davide Rebellin nel gruppo

Davide l’ho conosciuto appena sono passato professionista che correva nella Gerolsteiner ed è sempre stata una persona mite, tranquilla e pacata nei suoi modi e gesti. Nel mio vissuto a Montecarlo ho avuto il piacere di uscire molte volte con lui ed altri ragazzi e li capivo veramente la professionalità di una persona. Io andavo l’inverno in palestra li a Monaco e lui arrivava insieme a me ed era maniacale nella sua preparazione e metodicità. Davide era l’esempio per molti ciclisti per quello che ha fatto e ha continuato a fare divertendosi fino a poche settimane fa, credo sia veramente la dimostrazione di come un ciclista sia un professionista con P maiuscola. Lui come Michele (Scarponi) sono esempi da seguire nella loro fame di voler dimostrare quello che erano”.

Davide Rebellin
Davide Rebellin

Valerio Agnoli ancora incredulo sull’accaduto

Valerio siamo, purtroppo, di nuovo a parlare di una nuova tragedia che ha colpito il ciclismo. Cosa vuoi dire in merito?

“Purtroppo sono cose che non dovrebbero mai capitare perchè è risaputo che siamo uno degli anelli più deboli delle strade. In altri paesi del mondo viene fatta una campagna, come ad esempio in Spagna con la messa in opera di cartelli e azioni nelle scuole, si può prevenire e portare all’eduzione della giusta convivenza con la bici nelle strade e spero che il nuovo governo italiano si stia muovendo in tal senso per creare un qualcosa che ci renda visibili e rispettati. Ora di Davide Rebellin come in passato di Michele Scarponi non riesco ancora a capacitarmi come sia possibile che sia accaduto perchè parliamo di persone che hanno fatto la storia del ciclismo e sapendo come sono avvenute le loro morti sono cose bruttissime. Se pensi che noi durante la nostra carriera giriamo il mondo quindi con mille avversità che ci succedono torniamo a casa sempre sani e salvi ed è impossibile che a poche settimane dal termine della sua attività agonistica sia successa questa tragedia, non me ne capacito, non è contemplabile, specie da come leggo dalle notizie che questo tizio si sia reso conto di quello che era avvenuto e si sia dato alla fuga”.

Valerio, cosa dovrebbe fare il mondo perchè queste cose non succedano più?

“É una cosa brutta che non deve solo riguardare l’Italia ma una legge che deve riguardare la Comunità Europea non solo la singola nazione e tutelare il discorso ciclistico. All’interno di essa sono presenti paesi e governi che sono molto avanti per quanto riguarda queste situazioni all’interno del mondo del ciclismo, e non sarebbe una cattiva idea creare una copertura ad hoc. Tutti noi ciclisti del mondo abbiamo il diritto di essere tutelati mentre svolgiamo il nostro hobby e divertimento o lavoro. Essere nel 2022 ancora a discutere se ci sono delle leggi o no è una cosa da non credere.”

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