Il secondo ciclo di Massimiliano Allegri è quanto di più distante esista dal DNA Juventus. Una squadra che vive con il famoso motto “Vincere è l’unica cosa che conta” si è riscoperta improvvisamente fragile, non all’altezza dei top club in Italia. Tutto ciò è avvenuto negli ultimi tre anni, dove i bianconeri hanno totalizzato un gap enorme dalla prima in classifica, senza dare mai la sensazione di poter ambire a qualcosa di più di una semplice qualificazione in Champions.
L’ebbrezza dei nove scudetti di fila aveva probabilmente abituato troppo bene i tifosi bianconeri, tornati inesorabilmente sulla terra e arrivati a esultare per una Coppa Italia, l’unico trofeo conseguito sotto la seconda gestione di Allegri. Per carità, un titolo è pur sempre soddisfacente, ma la Juventus è progettata per vincere, sempre e comunque. E il bilancio di questo triennio del Max 2.0 non può assolutamente rendere felici i sostenitori juventini.
A maggior ragione dopo una stagione in cui, senza l’ausilio delle coppe europee, la Juve poteva canalizzare la propria attenzione su un’unica competizione, il campionato. E in effetti, i bianconeri avevano illuso i propri tifosi di poter lottare con l’Inter, prima di crollare inesorabilmente nel girone di ritorno, acciuffando la Champions aritmetica solamente alla terzultima giornata. Niente Scudetto, ma solamente un terzo posto (in attesa di Atalanta-Fiorentina) che certifica il bicchiere mezzo vuoto di quest’annata, con tante ombre e poche luci.
Allegri è il passato: Thiago Motta il futuro
Il ritorno di Massimiliano Allegri aveva suggerito un possibile ritorno agli antichi fasti, visti i trofei portati dal livornese nel suo precedente quinquennio, dove la Vecchia Signora aveva addirittura sfiorato per due volte la Champions League. Altra squadra, altra epoca, da cui sembra passato un secolo. Invece, a distanza di cinque anni dalla fine del primo Max, la Juventus sembra una lontana parente della corazzata che incuteva timore a chiunque, tanto in patria quanto in Europa.
Va precisato che Allegri non è stato particolarmente fortunato, soprattutto lo scorso anno, quando il terremoto societario ha costretto i bianconeri a cambiare in toto la dirigenza, a seguito dell’Inchiesta Prisma. In quel clima piuttosto agitato, Max si è trovato da solo a proteggere una Juventus allo sbando, dentro e fuori dal campo, portandola comunque al terzo posto, prima che la penalizzazione di 10 punti affossasse definitivamente i sogni europei della Signora.
La situazione è precipitata quest’anno, quando Allegri è finito nel mirino della critica per il rendimento tenuto nel girone di ritorno, accompagnato da diverse dichiarazioni ritenute spesso poco lucide. La ciliegina è stato lo “show” durante la finale di Coppa Italia, che ha indotto la dirigenza ad anticipare un esonero oramai annunciato. Un addio burrascoso, che ha aperto le porte a Thiago Motta, prossimo allenatore della Juventus.
A meno di clamorosi colpi di scena, l’italo-brasiliano prenderà le redini di una Juve alla ricerca di sé stessa, per recuperare il proprio ruolo di top club nel panorama italiano. Un compito tutt’altro che semplice, quello che attende Motta, anche perché questa Juventus necessita di un completo restyling, con diverse zone del campo da puntellare per tornare ai massimi livelli. Il futuro chiama, benché la Vecchia Signora abbiamo conservato diverse certezze, persino in una stagione a due facce.
I top bianconeri
In un’annata a due facce, trovare dei top non è il compito più semplice del mondo, visto che la Juventus ha praticamente disputato due annate pressoché distinte. Una da agosto a gennaio e l’altra da febbraio in poi. Senza dubbio però, i bianconeri devono molto del loro percorso alla classe di Dusan Vlahovic, vero trascinatore di questa squadra, sgonfiatasi clamorosamente nella seconda parte di stagione.
Vlahovic: il trascinatore
Partiamo proprio dal serbo, uno dei giocatori più chiacchierati degli ultimi due anni. Il suo trasferimento dalla Fiorentina alla Juventus, nel gennaio 2022, per l’esorbitante cifra di circa 80 milioni di euro, aveva inevitabilmente alzato la pressione su Vlahovic, stella del futuro, nonché conclamato bomber d’area di rigore. Il classe 2000, pur fra diverse insofferenze emotive, specie la scorsa stagione, ha sempre confermato di essere un punto fermo.
E in questa stagione, Vlahovic si è definitivamente consacrato. Pur fra le mille difficoltà della Juventus, DV9 ha saputo tenere sempre alto il proprio rendimento. A cavallo fra ottobre e novembre, il serbo ha vissuto un periodo buio, con diversi cali tecnici ed emotivi (ancora il suo tallone d’Achille), prima della rinascita nel derby d’Italia, quando spaventò l’Inter allo Stadium. Segno di una grande maturità, certificata nel formidabile mese di gennaio.
I sei gol realizzati in un momento decisivo hanno tenuto la Juventus agganciata al treno Scudetto, prima che lo scontro con l’Inter affossasse definitivamente la Vecchia Signora. Vlahovic ha risentito del momento della squadra, benché i suoi gol e il suo carisma non siano mai mancati. Inoltre, il serbo ha certificato la propria maturazione, mettendo lo zampino nell’unico trofeo vinto da Allegri in tre anni, in finale con l’Atalanta, segnando il gol decisivo e disputando una prestazione superlativa. Il Dusan ragazzino è diventato uomo.
Bremer: il muro
E se Vlahovic è stato la conferma, spostandoci indietro di qualche metro, la Juventus ha trovato un muro in Gleison Bremer. Il brasiliano, pagato quasi 50 milioni due estati è stato il baluardo difensivo della Vecchia Signora, valendo la spesa sostenuta dalla società per portarlo alla Continassa. Rispetto alla prima stagione di rodaggio, il numero 3 ha acquisito continuità e sicurezza, calandosi alla perfezione nel ruolo di centrale di una difesa a tre rimasta blindata per diverso tempo.
Nemmeno il crollo avvenuto in primavera ha minato le certezze di Bremer, fra i pochi a mantenere uno standard di rendimento all’altezza della maglia. Con un autentico leader in qualità di perno difensivo, la Juventus è sopravvissuta in diversi frangenti, ritrovando un difensore di livello internazionale a distanza di diversi anni dalla magica BBC.
Ciò che rimane ancora da definire è il futuro dello stesso Bremer, conteso fra diverse big di Premier League. La crescita del brasiliano, l’ha reso un oggetto in vista del prossimo calciomercato e, visto che la Juventus dovrà restaurare la propria difesa, il numero 3 potrebbe anche lasciare l’Italia, chiaramente per una cifra soddisfacente. Il futuro chiama ma un centrale di questo calibro, è complicato da rintracciare nel panorama europeo.
Cambiaso: il jolly
Nella prima parte di stagione, la Juventus ha tenuto il passo dell’Inter, accarezzando il sogno Scudetto per larghi tratti stagione. Nello scacchiere bianconero, Allegri ha avuto il merito di inserire immediatamente Andrea Cambiaso. L’esterno difensivo, prelevato dal Bologna ha trovato la propria collocazione come esterno destro, forte della capacità di saper usare entrambi i piedi, pur prediligendo il sinistro, in grado d disegnare traiettorie imprevedibili e di difficile lettura.
Contro il Verona, Cambiaso ha trovato il suo primo centro in Serie A, regalando ai bianconeri una sofferta vittoria al 96′. Nella seconda parte, il numero 27 è calato leggermente di rendimento, pur dimostrandosi capace di rispondere presente ogni qualvolta veniva chiamato in causa, ricoprendo diversi ruoli. Dall’esterno alla mezzala, passando per il terzino e l’ala d’attacco. La Juventus ha trovato un vero e proprio jolly.
I flop bianconeri
E se i top sono abbastanza chiari, in questa stagione a due facce, la Juventus annovera tre le sue fila diversi giocatori che hanno deluso le aspettative, per motivi diversi. Da Kostic alla delusione di mercato Weah, fino ad arrivare all’esperto Milik, che ha tradito la squadra nel momento più delicato, con quel rosso contro l’Empoli.
Kostic: la freccia spuntata
Filip Kostic vince il poco onorevole premio di flop bianconero di questa annata. Il serbo, arrivato nell’estate 2022, aveva saputo imporsi come colonna nel 3-5-2 di Allegri, un giocatore in grande di spezzare in qualunque momento le difese avversarie. Veloce, costante e dotato di un sinistro educatissimo, l’ex Eintracht era reduce dall’esaltante 2022/23, in cui aveva messo insieme tre gol e 10 assist.
Ebbene, numeri da brivido se paragonati ai soli quattro passaggi vincenti, senza segnare di questa stagione. Kostic è diventato un giocatore pressoché monotematico, anestetizzando di fatto l’arma vincente che il serbo risultava sulla corsia mancina. Fra prestazioni deludenti e mancanza di lucidità, Allegri l’ha gradualmente retrocesso al ruolo di riserva, mettendo in mostra un evidente calo di fiducia verso un giocatore, fino a qualche mese fa, un fedelissimo di Max.
Weah: la delusione
La scorsa estate, in un mercato bloccato a causa degli avvenimenti extra campo, Giuntoli riuscì a piazzare quello che venne definito un colpo. Timothy Weah giunse alla Continassa per oltre 10 milioni di euro, a conti fatti, le poche finanze di cui la Juventus disponeva. Lo statunitense, figlio d’arte, nonché circondato da hype non ha trovato la propria collocazione all’interno dello scacchiere bianconero.
Indiziato principale per ricoprire il ruolo di esterno destro, l’americano si è perso cammin facendo, dopo le prime giornate disputate senza nessun guizzo. Tanta corsa, ma altrettanta inconsistenza tecnica, privo di idee e degli strappi che servono spezzare. L’unico centro di Weah risale alla Coppa Italia, contro la Salernitana.
Col ritorno del campionato però, il numero 22 non ha più trovato le proprie certezze, perdendo il posto a vantaggio di Cambiaso. Weah ha smarrito sé stesso, regredendo inesorabilmente nelle gerarchie di Allegri fino a venire confinato al costante ruolo di riserva. E col cambio di modulo all’orizzonte, lo spazio per il figlio d’arte sembra ridursi ulteriormente.
Milik: veterano autunnale
Non una delusione totale, ma nella debacle Juve durante la seconda parte, anche Arkadiusz Milik ha tradito la squadra, concedendosi una leggerezza, col senno di poi, rivelatasi la pietra tombale sulle ambizioni Scudetto della Vecchia Signora. Il fallo su Cerri, punito col rosso che costato il pareggio alla squadra, ha decretato l’uscita di scena della banda di Allegri dai giochi per il campionato. Peccato mortale, con cui il polacco sempre più avviato verso un’inesorabile parabola discendente.