Il derby di Torino, noto anche come “derby della Mole”: in riferimento alla Mole Antonelliana, il simbolo architettonico della città, è una delle più importanti e storiche stracittadine in Italia e nel mondo. É la più antica partita calcistica disputata da due squadre provenienti dallo stesso centro abitato, nonché il primo incontro trasmesso in diretta radiofonica nel nostro Paese. Un tempo simbolo di appartenenza ad una determinata classe sociale: borghesi e pionieri industriali supportavano la Juventus, mentre il proletariato era il ceto del Torino. Oggi emblema di filosofie e modi di pensare diametralmente opposti: vincere sfide e trofei senza senza alternative o lottare contro tutto e tutti al di là del risultato.
Nella sua più che centenaria esistenza, il derby della Mole ha saputo scrivere e raccontare pagine indelebili nella storia calcistica del capoluogo piemontese e non solo. Alcune di queste pagine vivono ancora nelle vie che si sviluppano sulle rive del Po e vengono tramandate di padre in figlio come in ognuno dei migliori ricordi calcistici che si rispetti. Difficile dunque scegliere un singolo episodio da raccontare a riguardo. In grado di fotografare alla perfezione l’impeto, la passione e il furore agonistico che solo la stracittadina piemontese è capace di sprigionare. Difficile certo, ma non impossibile. Senza scomodare la memoria dei più grandi, se si scava nel cassetto dei ricordi non troppo lontani (o per lo meno di quelli vissuti nell’ultimo millennio) la mente va lì: al 14 ottobre 2001, “casa” di un derby divenuto leggenda.
La Domenica del derby
A Torino il 14 ottobre non era una domenica come le altre, era la domenica nel derby. Una di quelle domeniche alle quali, come ricorda l’ex granata Aldo Agroppi: “Cominciavi a pensare quando eri sotto la doccia, alla fine della partita della domenica precedente”. Alla viglia i bianconeri partono da stra-favoriti, forti di una rosa strutturata da fuoriclasse del calibro di Buffon, Zambrotta, Nedved, Trezeguet e Del Piero. Dall’altro lato un 3-4-1-2 con Bucci, Garzya, Galante, Delli Carri, Asta, Cauet, De Ascentis, Castellini, Semioli, Osmanovski e Cristiano Lucarelli, si arma di qual che possiede per tentare l’ardua impresa. Assente, a sorpresa, Marco Ferrante: senz’ombra di dubbio l’uomo più pericoloso del gruppo guidato da mister Camolese. Solo anni dopo si scoprì che quella specifica scelta tecnica fu obbligata al tecnico granata (pena l’esonero) dall’allora presidente Cimminelli.
Una sola squadra in campo
Come da programma la Juventus si approccia alla gara con il piede sull’acceleratore. Il pressing asfissiante unito ad un funambolico possesso palla dei bianconeri, obbliga Lucarelli e compagni alla propria area di rigore. Non a caso, in poco più di venti minuti la Vecchia Signora di gol ne realizza ben 3, mandando in estasi un gremito Stadio delle Alpi. Al nono giro di orologio ci pensa Alessandro Del Piero, sfruttando al meglio l’invito al gol del compagno Nedved. Poco dopo, all’undicesimo è Igor Tudor, attuale tecnico dell’Hellas Verona, a freddare da distanza ravvicinata la retroguardia Bucci. Nell’occasione il Torino reclamò a gran voce un possibile fuorigioco del croato, senza tuttavia mutare la decisione del direttore di gara. Al venticinquesimo infine è nuovamente il tandem Nedved-Del Piero a bucare la difesa granata, con Pinturicchio che capitalizza a porta sguarnita il filtrante confezionato dalla Furia Ceca. Per il Torino si fa davvero dura. Sotto nel parziale ed inconsistenti sul terreno di gioco, gli undici granata promettono nell’intervallo di affidarsi a quel “Cuore Toro”, che batte in soccorso proprio nei momenti più difficili.
La rimonta granata
“Beh, direi che è successo davvero di tutto. Il fatto che non giocassi dall’inizio ha imbarazzato anche i miei compagni, ma la ripresa è stata davvero un toccasana: abbiamo avuto una marcia in più” confessa Marco Ferrante quando gli viene chiesto di quel “leggendario” secondo tempo, vissuto da protagonista dopo un primo passato forzatamente in panchina. “Io ero nervosissimo. Durante il primo tempo ero lì in panchina, ho bevuto 7-8 Gatorade e nell’intervallo corsi in bagno perché rischiavo di scoppiare… Nello spogliatoio sentii toccarmi la spalla: era Camolese. Mi disse di entrare. Io risposi: Mister, ma se entro io per lei è finita. Tanto se perdiamo il derby 5 o 6-0 è finita lo stesso, almeno mi gioco le mie carte rispose. E così fu”. Già, con una dose di leggerezza si potrebbe affermare che il resto è storia. Ma la storia (quella con la S maiuscola) è composta di eventi, fatti ed episodi, capaci di modificare vite ed epoche o ribaltare un “semplice” derby della Mole da 3-0 a 3-3.
È il bomber Cristiano Lucarelli al 12’ del secondo tempo che riaccende le speranze dei propri compagni, agganciando col destro e rifilando in porta col sinistro l’assist “chilometrico” proprio di Ferrante. Campanello d’allarme per Marcello Lippi e company, i cui ragazzi si assicurano comunque di preservare il vantaggio raggiunto piuttosto che addentrarsi in inutili rischi. Detto fatto. Al settantesimo arriva il raddoppio granata. Protagonista sempre Ferrante. Il classe ’71 non sbaglia dagli undici metri, dopo che Thuram atterra sulla linea dell’area di rigore Asta. Secondo squillo per la Vecchia Signora e questa volta il pericolo suona perentorio. Ora sono i granata a condurre il pallino del gioco, senza concedere alla Juventus il tempo fisiologico per metabolizzare l’uno-due incassato. A fine ripresa accade l’impensabile. Dalla fascia destra Asta confeziona un traversone per l’incornata di Ferrante, che si scontra con i guantoni di un provvidenziale Gigi Buffon. Sulla ribattuta Maspero è il più lesto e in scivolata completa la rimonta. Surreale al Delle Alpi.
La “buca” di Maspero
C’è chi abbandona l’impianto e chi piange sugli spalti dello Stadio, vuoi per tristezza, vuoi per felicità. Quel che nessuno può credere è che quel derby ha ancora molto da raccontare. Il signor Borriello assegna, a pochi secondi dal termine, un calcio di rigore contro il Torino, reo di aver trattenuto con Delli Carri l’ingombrante Igor Tudor. Protestano tutti i granata, componendo un capannello di giocatori intorno al fischietto di Mantova. Protestano tutti i granata, tutti tranne Maspero, ed è in quel momento che nacque la leggenda di uno dei più incredibili derby della Mole: “Quando qualcuno calcia il rigore, di solito sistema il dischetto e ci mette sopra il pallone a seconda di come vuole tirare. Ecco, io in quell’occasione, mentre Salas stava per calciare il rigore, ho deciso di distruggerlo volutamente facendoci delle buche sopra. Salas decise poi di mettere il pallone sopra le buche e di calciare col collo del piede. A quel punto la palla andò sopra la traversa”. E il 3-3 prese forma, stavolta definitivamente. Si chiuse così una delle più grandi testimonianze della tenacia granata, unita ad un profondo rammarico di casa Juventus per un derby che i bianconeri avevano già ampiamente assaporato.