Milan, la storia attraverso i soprannomi di Carlo Pellegatti: lo Scudetto del centenario di Zaccheroni

Riviviamo l'epoca storica del Milan dello Scudetto del centenario guidato da Alberto Zaccheroni attraverso gli iconici soprannomi di Carlo Pellegatti

Nicola Liberti A cura di Nicola Liberti
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La storia del Milan ripercorsa attraverso i leggendari soprannomi affibbiati da Carlo Pellegatti ai protagonisti delle varie epoche milaniste. Pellegatti, storica voce nel commento pittorico delle partite del Diavolo oltre che uomo in rappresentanza del tifo rossonero così sul piccolo schermo e così su radio e carta stampata. Il guizzo e l’estro nel dipingere e nell’inventare nomi appropriati per ogni calciatore che ha marcato la storia del club, chi in positivo, molti, chi in negativo, solamente alcuni. Oggi ripercorriamo gli anni storici del Milan dello Scudetto del centenario di Alberto Zaccheroni attraverso i soprannomi che hanno segnato una grande impresa da parte di una squadra che, in maniera antitetica rispetto alla propria storia, è partita in sordina per poi giungere al gran successo finale.

Milan 1998/99
Milan 1998/99

Milan, Pellegatti e la ricostruzione grazie al Vate di Meldola

Furono anni cupi quelli che seguirono la seconda epopea del Milan di Berlusconi, quella guidata dal Figlio di Bill Gates Fabio Capello. Agli anni di due squadre leggendarie, quelle di Capitan Stubing Sacchi e Windows 95 Capello, seguirono due anni di purgatorio, con il Diavolo guidato dai medesimi grandi condottieri d’un tempo. La stagione 1996/97 vede L’uomo che ha trasformato l’utopia in realtà guidare una squadra strascicante all’undicesimo posto in classifica: troppo poco per quei colori, troppo poco per uno come lui. Fu così che il 1997/98 vide il secondo download di Windows, anche se, questa volta, non sortì certamente le auspicate sorti raggiungendo la sola decima piazza della classifica.

Proprio quell’anno, però, si accese nel nostro calcio una stella o, per meglio dire, una meteora. Dal Friuli con furore, Alberto Zaccheroni riuscì a proiettare l’Udinese sino al terzo posto della classifica di Serie A di quell’anno, preceduto solamente dai mostri sacri Juventus ed Inter. Impresa, questa, che convinse uno straripante Silvio Berlusconi ad una nuova, piccola, rivoluzione made in Milanello. Al centro sportivo di Carnago, quell’estate del 98, smontò da un purosangue bianconero, L’uomo che sussurrava ai cavalli Zaccheroni. A suo seguito una breve carovana ricca di speranze, in cerca di gloria e conferma, con Oliver Gravità zero Bierhoff, capocannoniere della passata stagione, e Thomas Tritolo puro Helveg.

A ringiovanire rosa e centrocampo ci pensò Massimo Arsenio Lupin Ambrosini che, come il ladro gentiluomo, rubava i palloni in mezzo al campo. Alle sue spalle approdò Luigi Il mobiliere di Mariano Comense Sala, dal Bari. Meno fruttuoso degli ultimi due citati fu l’approdo di Jens Uomo di Essen Lehmann, presosi la titolarità all’identica velocità con la quale lasciò il Milan dopo soli sei mesi. Medesimo destino, quello della cessione, toccò in quell’estate al Vagone nero Desailly, neocampione del Mondo, e anche a Nielsen, Maini, Taibi, Maniero, Il cormorano dalle ali di cachemire Kluivert e la Carezza del Montenegro Dejan Savicevic.

Maldini, Albertini e Costacurta festeggiano lo scudetto 1998-99
Maldini, Albertini e Costacurta festeggiano lo scudetto 1998-99

Milan, Pellegatti e le fondamenta de L’uomo che sussurrava ai cavalli

A sussurrare ai cavalli, quelli di razza pura e rossonera, Zac ci andò a poche settimane dall’inizio della stagione. Con la Milano del calcio tra lo sbalordito e lo stordito per l’epocale passaggio alla linea difensiva a tre, Zaccheroni decise di rivolgersi ad Uno dei fondatori della patria Paolo Maldini, la locomotiva della Brianza Alessandro Costacurta ed all’Uomo di Becker Street Demetro Albertini. Questi tre convennero con il nuovo tecnico che, in quanto questi considerava il cambiamento tattico necessario a nascondere diverse lacune di squadra, avrebbero definito un modello per i propri compagni di rosa. Ancora una volta nella storia del Milan, le colonne di marmo dalle venature rosse e nere divengono cruciali per il prosieguo della stagione. In questo specifico caso, queste, con il proprio modo d’essere e la capacità d’incarnare l’identikit dell’uomo squadra per eccellenza, nonché del celebre “stile Milan“, sorressero le gesta di un’annata memorabile.

Le passate annate riservarono a quel Milan la sola ambizione di lottare per un posto in una qualunque competizione Europea. Obiettivo peraltro che, nonostante un inizio altalenante, permaneva stabilmente entro le corde rossonere. Con la Fiorentina guidata da Giovanni Trapattoni, Zaccheroni spinge i suoi sino alle porte d’Europa, quella della Champions League, veleggiando per diversi mesi tra le prime quattro della classifica di A. Tuttavia, diversi inciampi nell’elitaria provincia dello stivale, diedero modo alla stampa di riversare dubbi sullo stato della squadra e sulla reale capacità di dar battaglia alle primissime per la vittoria dello Scudetto.

Maldini e Zaccheroni
Maldini e Zaccheroni

Milan, Pellegatti ed il Vate per il cambio rotta

A cavallo tra i due gironi, d’andata e di ritorno, Alberto Il Vate di Meldola Zaccheroni optò per diverse modifiche a livello di interpreti e tattica. Il 3-4-3 mutò in un 3-4-1-2 vedendo Leonardo Da Vinci Leonardo, detto anche Caipirinha, cedere il posto a Zvonimir Milano vende moda Boban, per agevolare ed anzi favorire le imbucate e le palle d’alta moda a George Il Re leone Weah e a Il Re delle vette Bierhoff. A centrocampo diede più robustezza ed atletismo Arsenio Lupin Ambrosini, assistito lateralmente da Profumo di asado Guglielminpietro, in grado di soffiare il posto a Thor, il dio dei tuoni e dei lampi Ziege sull’out sinistro. Tra i pali, dopo il prematuro addio di Uomo di Essen Lehmann, sembra inizialmente subentrargli Il capitano della Berlusconi Air Force Sebastiano Rossi, ma quando, in occasione di un Milan-Perugia, peraltro vinto, L’eroe di Brema colpisce Christian Bucchi tra collo e volto senza apparente motivo alcuno, L’uomo che sussurrava ai cavalli è chiamato ad una scelta tanto forte quanto necessaria.

Christian Abbiati
Christian Abbiati

Con il terzo sconosciuto portiere Christian Il Cacciatore del sole Abbiati a difendere i pali e a volare verso il sole alla perenne caccia della sua luce, il Milan si rilancia nella corsa allo Scudetto. Il Diavolo incomincia ad offrire un gioco divertente, frizzante ed intrattenente. Di giornata in giornata le avversarie inciampano e cadono, una dopo l’altra, inesorabilmente. Come se la storia fosse già scritta, come se quella squadra fosse al centro di un disegno più alto e grande, come se quella squadra avesse nel proprio destino quel trionfo. Come d’incanto il rosso ed il nero tornano ad intrecciarsi come nelle migliori notti, il rosso ed il nero tornano in rappresentanza di una meravigliosa storia al posto due della classifica di Serie A: i giochi hanno inizio.

Weah al Milan
Weah al Milan

Milan, Pellegatti e il Vate per il destino, Pellegatti e il Vate per il centenario iridato

Quando solo otto frazioni di 90 minuti separano le compagini dal termine del campionato, la Lazio capolista ospita il Milan inseguitore in quello che, per ognuno dei presenti, è la finale Scudetto: il match decisivo. Chi porta a casa i tre punti diviene l’automatico favorito per il trionfo finale, chi porta a casa quei tre punti balza, o si riconferma, in testa alla classifica. Tuttavia, nulla di quanto previsto o atteso accade: è 0-0, è Lazio in testa, è gioia biancoceleste, è virtuale ed emotivo sprofondo rossonero.

Con sole sette partite da disputare, il Diavolo appare spacciato ma si ripromette di sfidare sorte, destino e Lazio: la promessa in quel di Milanello è quella di vincere ognuna delle gare restanti e mettere pressione agli avversari romani. Con sole sette partite da disputare, il Milan ha soli 49 punti. Con sole sette partite da disputare, la Lazio ha invece ben 56 punti: un gap pari a 7 lunghezze, difficilmente riassorbibili in un così ristretto lasso di tempo.

Milan, Pellegatti per la cronaca di un centenario indimenticabile

Giornata -7: a Milano i rossoneri ospitano il Parma, a Roma va in scena il Derby della capitale.
San Siro raggela, nonostante il clima primaverile, quando dopo soli 39′, l’argentino Abel Balbo insacca e fa 0-1. È una partita ed un finale di campionato per cuori forti, per chi ha il sangue rossonero pulsato nelle vene da un Cuore di Drago Maldini. Paolo pareggia al minuto 59, Maurizio Ganz and Roses non permette ai tre punti di fuggire da Milano ovest: è 2-1, i tre punti restano in quartiere San Siro.

Virtualmente ridotto il gap a 4 lunghezze, il gruppo squadra la sera stessa si raduna dinanzi agli schermi per assistere ad un match chiave: Roma-Lazio. Ad un doppio Delvecchio risponde Vieri, ma il giallorosso fluisce per i fili d’erba dell’Olimpico allo stesso modo in cui il rossonero fluirà tra le vie della città poche settimane più tardi. Francesco Totti fischia la fine con la rete al minuto 90: il Milan trionfa, la Lazio cade. L’atto I sorride e guarda alla Madonnina.

Milan-Udinese, 1998/99
Milan-Udinese, 1998/99

Giornata -6: è tempo di trasferta ed è tempo di goleade per un Milan che viaggia ad Udine il giorno successivo al match della Lazio contro la Juventus. Il 17 aprile 1999, così come fu soli sei giorni prima, l’Olimpico non sorride ai laziali. La Vecchia signora cala il tris in 64′, a poco conta dunque la rete di Roberto Mancini. Per degli aquilotti apparentemente impossibilitati dallo schiodarsi da quei 56 punti, si contrappone un Diavolo infermabile in Friuli.

Atterrato il gruppo squadra a Ronchi dei Legionari, viene aperto il portellone dell’aereo ed una figura annuncia la sconfitta dei rivali contro gli zebrati. A quel punto L’uomo che sussurrava ai cavalli, dal primo posto avanti a destra, si volge verso i propri ragazzi ed a loro sussurra con il solo sguardo. In loro capta la magia di chi forse non è conscio, ma è certamente in grado di perseguire quell’impresa. Aggregatosi la mattina seguente alla squadra, L’investigatore Sherlock Adriano Galliani ha un breve scambio con Zaccheroni. Quest’ultimo gli annuncia. “Non so se vinceremo il campionato, la Lazio ha comunque punti di vantaggio su di noi, ma le garantisco che vinceremo tutte le partite di qui alla fine“.

Così fu: Zvone, Zorro, Gravità zero, Il re delle vette, King George. Parafrasando: Boban, Boban, Bierhoff, Bierhoff e Weah. Questo quanto recita il tabellino dei marcatori dopo un’ora e tre minuti di puro estro calcistico a tinte rossonere. Nel mezzo anche una rete di Marcio Amoroso, ma a poco e a pochi importa: quota 55 raggiunta, Lazio quasi raggiunta.

Ganz al Milan
Ganz al Milan

Milan, Pellegatti e tre passi verso la gloria

Giornata -5: è il 25 aprile quando la gara di Vicenza anticipa di un’ora il fischio d’inizio tra Sampdoria e biancocelesti. Poco conta, quel gruppo può giocare prima, dopo o in contemporanea: la schiacciasassi rossonera non si ferma. Il re delle vette e Caipirinha Leonardo sigillano uno 0-2 mai in discussione. La controparte risponde con un risicato 0-1 firmato da Vieri. Il +1 in classifica sembra resistere.

Giornata -4: è battaglia nel segno di Arsenio Lupin Ambrosini quella del 2 maggio di San Siro. Ambro apre le danze con il proprio primo gol dopo soli 17′, vanificato dal pari di Vincenzo Montella del minuto 60. Caipirinha Leonardo ubriaca i propri tifosi timbrando il cartellino per l’ennesima volta in questo finale di campionato. Franceschetti a soli quattro dalla fine infrange i sogni di gloria duramente costruiti nelle trenta giornate precedenti. Il Milan è stremato, Massimo Ambrosini lotta nei pressi della bandierina nella metà campo avversaria.

Battaglia pura del pesarese che guadagna un corner, ma i compagni non ne hanno più per andare a batterlo e, così, Max diviene lo StracciaZanichelli: non vigono più parole nel dizionario per descriverne le gesta e l’extra effort riversato in campo. Palla debole nell’area di rigore, Ganz ‘n’ Roses colpisce e l’avversario Castellini devia di mano alle spalle di Ferron, il quale ha mal battezzato l’uscita. Al minuto 95 un popolo intero riprende vigore: è 3-2 ed è vittoria, la stessa che raggiunge la Lazio pochi minuti più tardi. Diversi anni dopo L’apprendista stregone Albertini rivelerà allo stesso Pellegatti di come la squadra interpretò quel goal decisivo come un segno, il segno che qualcosa stava per cambiare.

Giornata -3: il match sulla carta più complesso tra i restanti attende la squadra del Vate di Meldola in quel del Delle Alpi bianconero. Nessuna paura, Big George la sblocca dopo pochi secondi della ripresa. Al 64esimo risuona nei tifosi sintonizzati sulle frequenze del match l’urlo di: “Giorgino“. Quel Giorgino è Weah, quel Giorgino è lo stesso che ha sbloccato la gara, quel Giorgino è lo stesso che, con quel goal, sta regalando altri tre punti cruciali al fine dell’obiettivo ultimo: lo Scudo del centenario. Dall’Olimpico ancora una volta non giungono notizie incoraggianti, ma il vento sta finalmente per cambiare.

15 maggio 1999, Milan vs Empoli 4-0
15 maggio 1999, Milan vs Empoli 4-0

Milan, Pellegatti: “Il sorpasso? La prossima volta

Giornata -2: Sono le ore 16:30 quando il direttore di gara Emilio Pellegrino fischia l’inizio di un match senza storia, ma che nella storia ugualmente vi è entrato. Le reti rossonere fluiscono come per magia dai piedi del Re delle vette Bierhoff, che ne sigla addirittura tre. Folla degli oltre 74mila di San Siro sempre più ubriacata dalla Caipirinha Leonardo che, all’88esimo, chiude giochi già serrati a doppia mandata contro un inerme Empoli.

La mente tuttavia è a qualche chilometro dalla prima periferia milanese, la mente è qualche minuto avanti per via della mancata contemporaneità tra i due calci d’inizio. La mente è alle ore 18:15 di un 15 maggio 1999 che ha cambiato la storia del Milan. Il Re Leone Batistuta diviene per un giorno, ed in realtà per una stagione, il re della Milano intera. Quella rete ai biancocelesti porta in vantaggio la Fiorentina, raggiunta poi al 28esimo da Vieri. Quella rete a Luca Marchegiani vale il pareggio ma, soprattutto, non vale i tre punti alla Lazio.

Festeggiamenti scudetto Milan 1998-99
Festeggiamenti scudetto Milan 1998-99

Ad un Milan spintosi sino a quota 67 è richiesto una sola fatica ancora. Ad un Milan spintosi sino a quota 67 corrisponde una Lazio a quota 66. In sole sei giornate il gap di 7 lunghezze non solo è stato riassorbito, non solo è stato annullato, ma è stato addirittura riconvertito a proprio favore. Malgrado Euclide fosse in campo e fosse Demetrio Albertini, la matematica si è impossessata del Diavolo ed ha moltiplicato per un ‘-‘, simbolo di negatività, la stessa che aveva pervaso gli ambienti milanisti dall’arrivo di Alberto Il Vate di Meldola Zaccheroni, quel -7 di sole poche giornate in precedenza. Il Milan è avanti. E se l’urlo degli anni ’20 del 2000 “Il sorpasso? La prossima volta” rimbomba e risuona forte nelle orecchie degli avversari concentrati ad inseguire il rosso ed il nero in vetta alla classifica, quell’anno sarebbe potuto essere cancellato, riconvertito, in coro di festa per il 23 maggio di Perugia.

Ultima giornata: Nemmeno durante il 23 maggio, derubricabile come “Festa Nazionale Rossonera”, è garantita la contemporaneità dei fischi del calcio d’inizio tra le gare di Milan e Lazio. Gli avversari possono attendere buone notizie dal Renato Curi di Perugia, buone notizie, per loro quantomeno, che non arriveranno mai. El pampero Guly porta avanti, Gravità zero, come le speranze restate alla concorrenza, Bierhoff raddoppia. Il rigore di Nakata al 34 fa tremare, ma poco conta ai fini del risultato finale.
Il Diavolo è campione, il Milan è tornato, l’impresa è finalmente compiuta.

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