Milan, la storia attraverso i soprannomi di Carlo Pellegatti: gli immortali di Arrigo Sacchi

Riviviamo l'epoca storica del Milan degli immortali guidato da Arrigo Sacchi attraverso gli iconici soprannomi di Carlo Pellegatti

Nicola Liberti
11 Minuti di lettura

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La storia del Milan ripercorsa attraverso i leggendari soprannomi affibbiati da Carlo Pellegatti ai protagonisti delle vare epoche milaniste. Pellegatti, storica voce nel commento pittorico delle partite del Diavolo oltre che uomo in rappresentanza del tifo rossonero così sul piccolo schermo e così su radio e carta stampata. Il guizzo e l’estro nel dipingere e nell’inventare nomi appropriati per ogni calciatore che ha marcato la storia del club, chi in positivo, molti, chi in negativo, solamente alcuni. Oggi ripercorriamo gli anni storici del Milan degli immortali di Arrigo Sacchi attraverso i soprannomi che hanno segnato la prima grande epopea della presidenza di Silvio Berlusconi.

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Gullit alza al cielo la Coppa dei Campioni
Gullit alza al cielo la Coppa dei Campioni di Barcellona

Milan, Pellegatti e i soprannomi degli immortali di Sacchi

Una squadra in grado, come detto, di segnare un’epoca nel mondo del calcio e dello sport, riscrivere le regole del gioco e scrivere pagine importanti nel libro della storia di uno dei club più gloriosi al mondo. L’epopea del Milan guidato dal tecnico conosciuto come il profeta di Fusignano ha inizio nel lontano 3 luglio 1987 quando, nonostante i dubbi espressi dalla stampa, un convinto Silvio Berlusconi fa sì che apponga la propria firma su un contratto annuale come tecnico. Ecco che Capitan Stubing, in quanto somigliante all’omonimo capitano della Love Boat, celebre serie televisiva in onda negli anni ’80, impone il proprio 4-4-2 ispirato al calcio totale olandese firmato Johan Cruijff.

Nonostante il cattivo inizio costellato di sconfitte, Silvio Berlusconi pronuncia l’iconica frase dinanzi ai tifosi in rivolta reclamanti l’esonero di Arrigo Sacchi: “Lui resta, voi non so”. Da qui ha inizio il cammino verso l’undicesimo Scudetto della storia rossonera, marcato indelebilmente dalla vittoria 2-3 al San Paolo sul Napoli. Il trionfo dell’1 maggio 1988 vide Pietro Paolo Virdisl’aquila dalla testa bianca, andare a segno due volte. La prima valse la rete dello 0-1 siglata con un sinistro ad incrociare calibrato al millimetro, mentre il secondo acuto di Indiana Jones, il predatore delle palle perdute riportò i rossoneri avanti sull’1-2. 

Game, set and match o meglio gol, partita e campionato a cura del Cigno di Utrecht, Marco van Basten. Giocatore in grado di racimolare reti e trionfi come pochi prima ed in seguito a lui, ognuno di questi marcato dalla propria inconfondibile classe ed eleganza. Queste ultime, unite alla delicatezza ed armoniosità delle proprie movenze in campo, gli valsero il soprannome di Guido Guinizzelli, cantore del dolce Stil Novo. Non solo, negli anni di militanza al Diavolo venne definito Cigno bianco, per via della propria eleganza e maestosità, Piedi di SetaGuido Cavalcanti ed anche insignito del titolo di “alla corte di Marco il Magnifico“.

Marco van Basten, leggenda del Milan
Marco van Basten, leggenda del Milan

Milan, il Guido Guinizzelli di Pellegatti accende i trionfi europei

Il trionfo nello Stivale valse al Milan la chance di confrontarsi nuovamente sul panorama europeo dei più grandi, vale a dire la Coppa dei Campioni. La stagione 1988/89 vide il Diavolo dominarla, conquistarla e tornare finalmente a sollevarla al cielo quella coppa dalle grandi orecchie della quale da tempo si sentiva la mancanza negli ambienti milanesi. La prima di due gare storiche che segnarono quel trionfo europeo ebbe luogo a San Siro contro il Real Madrid. Un roboante e totale 5-0 rifilato ai blancos vide le autorevoli firme di ben cinque diversi interpreti della filosofia made in Fusignano. A sbloccare la gara al minuto 18 fu Carlo Terminator Ancelotti, centrocampista dalle ginocchia sofferenti a causa di brutti infortuni ma cucito con fili di ferro e titanio.

Conosciuto anche come Carlo Martello George Clooney, quando divenne tecnico rossonero gli venne affibbiato l’appellativo di Master and Commander, celebre film con Russel Crowe. A raddoppiare fu il collega di reparto Frank Cigno nero Rijkaard, terzo dei tre tulipani milanisti dai molteplici soprannomi quali uragano olandese, il figlio di eolo, piume di gel oppure uragano Franky. A segnare la fine della prima frazione di gioco fu l’altro olandeseil tulipano nero Gullit caratterizzato da grande potenza e spettacolarità. Divenuto iconico nel mondo del calcio anche per il look caratterizzato dalle celebri treccine, sole nero segnò in positivo quell’epoca di calcio in Italia ed in Europa. A riaprire le danze al 49esimo fu Guido Guinizzelli seguito da Luci a San Siro Donadoni al 59′. Esterno nel 4-4-2 che ha fatto scuola, quando toccava la palla San Siro si accendeva ed illuminava il campo con le proprie giocate.

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La seconda delle due citate iconiche gare ebbe luogo a Barcellona, match segnato e passato alla storia grazie all’esodo del tifo milanista in pellegrinaggio presso il Camp Nou. Circa 90mila cuori rossoneri ad assistere alla magnificenza di quel calcio che ebbe una delle proprie maggiori espressioni nelle doppiette del Tulipano nero e del Cigno di Utrecht. Uno 0-4 che fece storia per come il Milan annichilì prima la competizione, ed in seguito una Steaua Bucarest inerme dinanzi alla tracotanza di quel calcio rivoluzionario esaltato dalle prodezze dei tre tulipani.

Evani e la Supercoppa 1989
Alberico Evani e la Supercoppa UEFA 1989

Milan, la stagione 89/90 nel segno del Chicco San di Pellegatti

L’estate 1989 vide gli arrivi di Marco L’apostolo del gol Simone, conosciuto anche come Peter Pan data la propria leggerezza e leggiadria in campo, Giovanni Stroppa il talento di Mulazzano, Diego Fuser, Daniele Beep Beep Massaro dai soprannomi sempre tendenti al cartoonesco come l’uomo preferito da Jessica Rabbit e l’eroe di Cartoonia, ed infine Stefano Borgonovo, noto anche come Capitano Achab per come era in grado di fiocinare gli avversari nell’uno contro uno e fiocinare il pallone in porta.

Gli inizi dell’annata 89/90 conobbero i trionfi in Supercoppa UEFA ai danni del Barcellona di Johan Cruijff e la vittoria di Tokyo per 1-0 contro il Nacional de Medellin. La punizione di Alberico Evani durante i tempi supplementari giapponesi valse al Milan il secondo titolo di Campione del Mondo per club, il primo sotto la presidenza Berlusconi, ed al marcatore l’appellativo di Chicco San, un tributo ad onorare la terra in cui Evani pose il Milan sulla vetta del Mondo per una notte ancora.

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La squadra che quell’anno bissò il trionfo europeo della stagione precedente era pressoché la medesima. A difendere i pali Giovanni Aquila volante Galli, contraddistinto dalla propria sobrietà ed asciuttezza unite ad un’apertura alare da aquila. Dinanzi a lui una linea difensiva a 4 composta da Mauro Djalma Santos Tassotti, noto anche con gli appellativi de il ragazzo d’Ipanemail brasiliano di San Basilio, Alessandro Locomotiva della Brianza Costacurta, il quale fu soprannominato anche il professore delle belle arti vibrazioni dell’anima in quanto conduceva l’omonima trasmissione radiofonica, Franco Mahatma Baresi, soprannome coniato dal nome di Gandhi ma al quale seguirono anche Il Capitano, la grande anima rossonera, l’immensità che diventa regola, l’uomo che guarda il cielo dall’alto, Elliott Ness il capo degli intoccabili ed infine L’uomo che cadde sulla terra, film di fantascienza del 1976, spalleggiato alla propria sinistra da Paolo Cuore di Drago Maldini, come un personaggio del libro di Lustbader ma anche History Maker od Uno dei fondatori della patria. Dinanzi a loro il centrocampo a quattro con Donadoni, Rijkaard, Ancelotti e Angelo Littorino della Brianza Colombo, noto anche come lo Schuster di Mezzago. A finalizzare le manovre offensive i soliti Cigno Bianco Sole Nero.

Arrigo Sacchi
Arrigo Sacchi, tecnico del Milan degli immortali

Milan, l’epopea del Capitano Stubing di Pellegatti

Nonostante la sconfitta nella finale di Coppa Italia per 0-1 contro la Juventus, quel Milan portò a termine una stagione clamorosa giocandosi il campionato sino alle ultime giornate contro il Napoli di Maradona. Tuttavia, la seconda Fatal Verona della storia aggiuntasi al curioso arbitraggio di Lo Bello al Dall’Ara finirono per far scivolare dalle mani di Capitan Stubing Sacchi lo Scudetto del ’90. Poco male, la schiacciasassi rossonera in Coppa dei Campioni macinò dapprima Helsinki, Real Madrid ed i belgi del Malines, oggi Mechelen, e successivamente il Bayern Monaco in semifinale. Quel doppio confronto fu risolto dal subentrante Capitano Achab Borgonovo. Questi, così come altri interpreti di quell’anno, si resero decisivi al fine del trionfo europeo grazie all’apporto dato pur partendo, spesse volte, dalla panchina. I “dodicesimi” d’eccellenza di quel Milan rispondevano ai nomi di Filippo Squalo Bianco di Villasanta Galliil metronomo Albertini, noto negli anni successivi anche come Euclide, e del Guelfo biondo giunto da Firenze, Stefano Carobbi.

A sigillare un quadriennio storico ed inciso nella leggenda fu certamente l’uragano Franky Rijkaard grazie alla decisiva rete dell’1-0 a sconfiggere il Benfica nella finale di Coppa dei Campioni. La macchina da guerra, sportivamente parlando, architettata dal Capitano Stubing in panchina fu un qualcosa che stravolse il mondo dello sport. A serrare una retroguardia impenetrabile, grazie anche ad una cosiddetta “trappola del fuorigioco” infallibile, erano le fondamenta di una squadra radicata negli animi di Tassotti, Costacurta, Baresi e Maldini. Ad acuire le manovre di un Milan calibrato alla perfezione furono Il cigno di Utrecht Van Basten ed il Tulipano nero Gullit. A raccontare le gesta dei fenomeni e rendere indimenticabile il mito della migliore squadra di club di tutti i tempi, come sancito da World Soccer, Carlo Pellegatti ed i suoi iconici soprannomi.

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