“Non guardare la palla”: Ruud Gullit tra storia e segreti del calcio

Nicola Liberti
13 Minuti di lettura
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Nel calcio l’unica cosa che conta è vincere“. Così Ruud Gullit decide di dare il calcio d’inizio al proprio libro. Frase che varrebbe di per sé come copertina del proprio libro. Dal concetto chiave alla base dello sport ai massimi livelli, in questo caso del calcio, sino all’analisi di come perseguire la tanto agognata vittoria. Un viaggio all’interno della carriera di un’icona immortale del mondo dello sport, il simbolo di un’epoca nella quale si è reso protagonista. Dalla scalata come giocatore sino alla seconda vita in panchina, da allenatore. Tutto ciò, unito a molte analisi tecniche e tattiche assai dettagliate di ogni possibile sfumatura del calcio, contribuiscono a rendere l’opera di Ruud fuori dal rettangolo verde una perla al pari di quelle sfornate in campo.

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Gullit-Feyenoord
Gullit-Feyenoord

Dai Meerboys ad eclettico re d’Olanda

Amsterdam, 1 settembre 1962. Tutto ha inizio qui, questo giorno. I primi passi, nell’accezione calcistica del termine, vengono mossi in un campetto a Jordan, prima periferia della capitale olandese. Qui Ruud inizia a dare i primi calci ad un pallone sino a farla divenire una vera e propria ossessione, come da lui raccontato. La prima squadra nella quale inizia a giocare è quella dei Meerboys. Da qui parte una rapido viaggio verso il calcio professionistico. La prima fermata porta il nome DWS, ai nostri giorni si è ridotto ad un piccolo club dilettantistico del West Amsterdam. Seconda fermata, nonché ultima, è quella dell’Haarlem.

Un ragazzo di 16 anni, decisamente più grande e robusto dei coetanei, catapultato nel calcio professionistico: c’è la firma sul primo contratto “da grande”, Ruud Gullit inizia la formazione come difensore centrale. Il primo, vero, grande salto arriva però nell’estate del 1982.

Il Feyenoord si assicura le prestazioni di un giovane 20enne attaccante dell’Harlem. Nessun errore, attaccante: tratto che marca la carriera di un’icona del gioco è proprio la sua ecletticità. Da centrale a punta sino a centrocampista, Ruud è padrone incontrastato di ogni zona del campo grazie alla disarmante padronanza del proprio corpo. Nelle tre stagione trascorse a Rotterdam affina le proprie doti tecniche ma, soprattutto, quelle umane.

Un incontro spartiacque avviene nello spogliatoio della squadra che si rivelerà poi essere campione d’Olanda. Johan Cruijff irrompe nella vita della nuova promessa del calcio orange. Una figura immortale e leggendaria dello sport prende sotto la propria ala il giovane Ruud, regalandogli insegnamenti destinati a marcare irrimediabilmente la sua dentro e fuori dal campo. Una frase si imprime nella mente di chiunque legga ‘Non guardare la palla‘: “Se ti trasferisci in un altro club, ti accuseranno di qualsiasi cosa e ti copriranno di insulti, solo perché hai più qualità del giocatore medio“, Johan Crujff 1983. Quasi 40 anni sono trascorsi da questa affermazione del Profeta del gol e ogni singola sillaba suona ancora dannatamente attuale.

Gullit, Van Basten e Rijkaard con la maglia del Milan con il pallone d'oro
Gullit, Van Basten e Rijkaard con la maglia del Milan con il pallone d’oro

”Gli anni d’oro del grande Milan”

Il paio di stagioni trascorse con la maglia del PSV hanno proiettato Gullit verso l’olimpo del calcio europeo mondiale. Riguardo il trasferimento al Milan nel libro viene svelato un curioso retroscena. In occasione del trofeo Gamper, disputatosi a Barcellona, il team olandese affronta i rossoneri. Nel post gara va in scena un interessante siparietto, tipico dei trasferimenti destinati a divenire leggendari: “La prossima stagione, tu, vieni al Milan?”. Così Ariedo Braida, all’epoca dg del Diavolo, diede il via al trasferimento che ha cambiato la vita di Ruud.

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Sei stagioni con il rossonero cucito addosso, 117 partite disputate e 35 goal segnati. Numeri di un’avventura che ha cambiato e segnato il resto della vita di Ruud. Dai trionfi europei a quelli intercontinentali vissuti da assoluto protagonista in un team leggendario per questo sport. Vari sono gli aneddoti che si susseguono relativi a come Arrigo Sacchi, visionario tecnico del Milan a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, abbia plasmato una squadra al limite della perfezione.

Tra le varie storie raccontate, una in particolare conduce alla formazione dei Tre tulipani. Il retroscena secondo cui dirigenza e giocatore si sarebbero confrontati prima dell’acquisto di MVB, Marco Van Basten. Gullit in quel momento venne ascoltato. I due, ben coperti alle spalle da Frank Rijkaard, hanno per anni illuminato con giocate d’alta scuola i più blasonati stadi al mondo. Tre giocatori, tre tinte ed innumerevoli trofei. Rosso, nero ed oranje. Dall’Europa dalle grandi orecchie a quella della pennellata al volo di Van Basten contro l’URSS nell’88.

Gullit e Vialli al Chelsea

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‘Bridge’ tra fine carriera e nuova vita

Archiviata la parentesi rossonera, Gullit vive i suoi anni più divertenti tra Sampdoria e Chelsea. Qui va concludendo la propria carriera, sempre da assoluto protagonista. Non più una corda d’oro, come il suo Pallone nel 1987, dello strumento armoniosamente suonato da Arrigo Sacchi. La seconda parte di carriera gli riserva un ruolo di leader delle squadre nelle quali approda. Ergere il livello della squadra a top grazie alla propria visione ed esperienza, questa la missione datagli e questa la missione portata a termine.

L’ultima avventura col pallone tra i piedi Ruud la vive oltremanica, a Londra. Giunge in un Chelsea dal livello ben differente da quello odierno. La classe dei tempi del Milan appare immutata, il livello dei compagni non esattamente. La società nota le spiccate doti di leadership, oltre alle smisurate competenze tecniche e tattiche dell’olandese. La decisione è rivoluzionaria: Stamford Bridge come vero e proprio ponte tra carriera da giocatore e quella da allenatore.

Ruud Gullit inizia la propria secondo vita non fuori dal campo come tanti colleghi, prima e dopo di lui, bensì in panchina. Il primo incarico è da allenatore-giocatore e, come detto da lui stesso, è a dir poco estenuante. La volontà di proseguire la nuova avventura lo porta a dedicarsi solamente al ruolo di tecnico. Da allenatore l’olandese conquista solamente un titolo: la Coppa d’Inghilterra 1997.

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Gullit in veste di allenatore
Gullit in veste di allenatore

Capolavoro di tattica

Non guardare la palla” sarebbe limitativo come titolo, in soccorso giunge dunque il sottotitolo scelto dal Tulipano nero: “Che cos’è (davvero) il calcio“. Sintesi migliore della restante parte del racconto non poteva esistere. Nel corso delle varie pagine si viene immersi all’interno di schemi, tattiche, idee, parallelismi frutto di una mente forgiata nel calcio.

I vari capitoli sezionano accuratamente ogni minima sfumatura anche solo lontanamente pensabile relativamente al mondo del calcio e, di conseguenza, dello sport.

Il percorso all’interno dello sconosciuto ai molti parte, come ovvio, dalle basi. La lettura ci fornisce gli strumenti, o quantomeno gli input per affinarli, per analizzare realmente una partita. Cosa guardare e cosa no, che domande farsi in relazione ad un certo evento, chi ha realmente commesso l’errore in una azione, quale voleva essere il fine di un certo movimento. Non guardare la palla appunto, il calcio, quello vero, gli gravita attorno. Non solo, attraverso varie illustrazioni ci vengono fornite importanti spiegazioni riguardo i principali schemi utilizzati nel corso di un match. Dalla motivazione di un corner corto, al come posizionare la barriera sino a dettagli ai quali difficilmente si porge attenzione. Che movimento fa l’attaccante, a ridosso della metà campo, della squadra in difesa su un calcio d’angolo? Gullit lo spiega, punto per punto.

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L’analisi si sposta più su un livello alto, teorico. Dai vantaggi e svantaggi di un modulo 4-3-3 a come gestire il centrocampo a 4 uomini del team avversario. Il fuoriclasse olandese, grazie anche al proprio passato da allenatore, integra nozioni calcistiche ad esperienze vissute sulla propria pelle. L’esperienza, fattore più volte ripreso come chiave del successo. Il giocatore, o allenatore, esperto ha una lettura più ampia, completa e corretta di ciò che accade e, dunque, avrà una scorciatoia mentale verso la vittoria.

Ruud Gullit
Ruud Gullit, ex attaccante del Milan

Analisi da occhi europei

Un altro dei termini chiave è sicuramente analisi. I grandi giocatori analizzano la situazione e prevedono gli sviluppi. Non solo, il calcio è un gioco fatto di rischi e, di conseguenza errori. L’analisi di questi errori è l’unico percorso possibile verso la gloria.

Analisi dunque, come quella svolta meticolosamente dal ragazzo di Amsterdam. Il susseguirsi delle pagine porta con sé la scomposizione del gioco nei vari ruoli, ognuno di questi descritto dettagliatamente. Dai compiti del terzino sinistro entro un dato schema, alla lettura più adatta di un esterno destro in fase di ripiegamento.

Da analisi meramente di campo sino a culture e tradizioni in ogni angolo d’Europa. Le interessanti analisi non rimangono circoscritte ai movimenti propri del rettangolo verde. Un approfondito cammino all’interno della storia dei principali club europei sino alle tradizioni di ognuno di essi. Dalle radici fondative del tiki-taka blaugrana ai dogmi imposti ai tecnici dell’Ajax. Oltre alle più celebri imprese su suolo internazionale, la lettura ci accompagna in un viaggio nel passato alla riscoperta di liete favole (vedesi il Leicester City di Sir Claudio Ranieri) e storiche tattiche che hanno segnato la storia di club meno noti ai più. Le ragioni alla base dell’interpretazione del gioco del Wimbledon negli anni ’90 sino al long ball united definito da Big Sam.

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"Non guardare la palla": Ruud Gullit tra storia e segreti del calcio

Fattori extra-campo

Il concludersi del racconto a tutto tondo di Ruud Gullit non può esimersi da un passaggio su quei fattori che inevitabilmente intaccano le prestazioni nei vari match. Il lato celato del calcio, l’emisfero buio del pallone, l’impalcatura umana attorno alla finestra di 90 minuti settimanali alla quale i tifosi si affacciano. Dai fattori psicologi, e relativi coach, sino alle gestione di intricate dinamiche familiari. Alcuni fattori a cui solitamente non si da peso vengono invece portati alla luce degli occhi del lettore. La smania di esordire di un giovane talento che si scontra con il peso psicologico del sostituire un giocatore chiave in un incontro. La gestione del gruppo e dei leader sino agli sbalzi morali delle cosiddette riserve.

Il tulipano nero conclude il proprio libro spaziando verso temi come il rapporto con i media e come i giornalisti si rapportano agli addetti ai lavori nelle varie leghe europee. Non manca anche il suo parere riguardo la tanto discussa tecnologia nel calcio. La chiusa è riservata ad un pensiero personale e generale sul gioco e i suoi futuri sviluppi.
Ruud Gullit è così che guarda il calcio.

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