Ricardo Izecson Dos Santos Leite, semplicemente Kaká: il bambino d’oro come il Pallone, ‘musica e magia’ di notti da Milan

Ricardo Izecson Dos Santos Leite, semplicemente Kaká, semplicemente storia del Milan. Gli anni di una leggenda che ha illuminato San Siro vestendo un elegante 'Smoking Bianco'

Nicola Liberti A cura di Nicola Liberti
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Ricardo Izecson Dos Santos Leite, semplicemente Kaká, o meglio, non proprio. Il ragazzino nato a San Paolo il 22 aprile 1982 vive i propri primi anni, come normale e lecito, nell’anonimato e nella normalità di un Ricardo qualunque. Con la nascita del fratello Digao, tre anni dopo, nasce anche quella storpiatura del nome divenuta storia ed icona. Il piccolo Digao non riesce infatti a pronunciare ‘Ricardo’, facendolo dunque divenire Cacá, le cui ‘c’ sono poi state tramutate in ‘k’, negli anni, da Ricardo stesso.

Kakà al San Paolo
Kakà al San Paolo

Ricardo Kaká, i natali del bambino d’oro

Quanto ad i primi calci ad un pallone, come noto, questi vengono dati sui campetti delle giovanili del San Paolo, in Brasile. La patria del calcio mondiale non poteva che partorire, come solita fare solamente ogni una o due generazioni, un talento irreale, cristallino, superiore. I primi ad avere l’onore di ammirarlo, di trarne gioia per i propri occhi, furono appunto compagni ed addetti ai lavori del club del Tricolor Paulista. Sin da questi tempi il futuro è chiaro, il ragazzino pacato nei modi e sregolato nel talento in campo scala le sezioni giovanili: a quattordici anni gioca con i ragazzi di sedici, a diciotto gioca già in prima squadra.

‘I belong to Jesus’

Proprio quell’annata, la 2000/01, segna per sempre vita e futuro di Cacá, a quel tempo ancora marchiato in ‘c’. Il San Paolo lo reputa troppo gracile e decide dunque di irrobustirne il fisico, in maniera tale da non pregiudicarne il futuro in termini atletici. Sempre durante quella stagione, precisamente ad ottobre 2000, Ricardo rimane vittima di un grave incidente: dopo aver sbattuto la testa sul fondo di una piscina riporta la frattura della sesta vertebra. Il rischio paralisi è concreto, tuttavia il pericolo è scampato, ma quell’evento segna un prima ed un dopo nella vita del ragazzo. Ricky è convinto che Dio abbia vegliato su di lui, che abbia deciso di graziarlo. Anche per questo nasce l’iconica esultanza: occhi puntati fissi nel firmamento, braccia e poi dita al cielo, lassù dove qualcuno ha vegliato su di lui e ne ha sventato una tragica paralisi, lassù dove Ricky arriverà e militerà per diversi anni grazie alla sua magia palla al piede.

Kakà vince il Mondiale col Brasile nel 2002
Kakà vince il Mondiale col Brasile nel 2002

Ricardo Kaká, gli anni dell’ascesa Mondiale

L’alto gradimento nel sud-est del Brasile sgorga tra tutte le vie della nazione nel corso dell’estate 2002. Il ragazzo in grado di marchiare a fuoco con una doppietta, ad un solo mese dal proprio debutto, il primo trionfo della storia del San Paolo nel Rio-San Paolo, rientra nella lista dei nazionali verdeoro convocati ai Mondiali di Corea-Giappone. Nonostante la breve vetrina, dal minuto 72 al termine della gara contro la Costa Rica, Ricardo a soli 20 anni si laurea Campione del Mondo. I riflettori del grande calcio iniziano a deviare la propria luce sul palco di Ricky, centrocampista da 12 gol in 27 partite, centrocampista da top 100 in quanto a migliori giovani calciatori secondo Don Balon.

Sono gli anni dell’ascesa Mondiale di un giocatore fantastico, un giocatore in grado di mettere a segno 16 reti da centrocampista, dopo le 12 dell’anno precedente. Un giocatore in grado di divenire Campione del Mondo a soli 20 anni, un giocatore sin dall’adolescenza nel novero dei migliori 100 al mondo. Un giocatore in grado di attirare su di sé le mire del grande Milan, quello campione d’Europa, lo stesso che là davanti, nel suo ruolo, non era propriamente sprovvisto di alternative.

Kakà arriva al Milan con gli occhiali e in giacca e cravatta
Kakà arriva al Milan con gli occhiali e in giacca e cravatta

Ricardo Kaká, amore Milan: atto I

Lunghi mesi di attente osservazioni da parte del duo GallianiBraida culminano nell’estate del 2003 con la firma apposta dal brasiliano sul contratto in rossonero. Soli 8,5 milioni di euro finiscono nelle casse del Tricolor Paulista, Ricardo Kaká sbarca al Milan. Nonostante le lunghe disquisizioni su chi realmente abbia scoperto il talento di Ricardo, il suo padre calcistico in questo senso sarebbe proprio Ariedo Braida e non Leonardo, come da meriti auto-attribuitisi nel corso degli anni.

L’Erasmus ha inizio

Diverse sono le leggende riguardo il conto di Ricky, specialmente quelle che precedettero il suo sbarco a Milano. Con un Carlo Ancelotti ignaro di acquisto e relative caratteristiche, le informazioni che gli giunsero furono di un calciatore “non velocissimo” che “potrebbe trovare difficoltà in Italia“: nulla di più errato poteva esser detto sul conto del futuro fenomeno milanista. Come non riservare un breve appunto poi alle frasi divenute celebri, purtroppo o per fortuna, di Luciano Moggi. In seguito alla beffa juventina, infatti, il signore in questione si lasciò andare a frasi sibilline quali: “Con quel nome in Italia è spacciato“, “alla Juventus siamo tutti stitici“, “non abbiamo voglia di Kaká“.

Con una presentazione di questo genere certamente tifosi ed addetti ai lavori rossoneri non poterono che porsi nei confronti di Ricky come si fa per gli acquisti che odorano di flop. A smentire gli errati credi certamente non fu lo sbarco di Kaká a Milano: appena atterrato venne, come di consueto, raggiunto da camere e giornalisti. Il giovane brasiliano venne dato in pasto alla stampa come un universitario in Erasmus, al quale mancavano solamente “cartella con i libri e la merendinacome aggiunse Ancelotti anni dopo. Varcata dunque per la prima volta la soglia di Milanello, su di Ricky pendevano già giudizi errati ed aspettative ai minimi storici, il contesto migliore per sancire l’inizio della leggenda.

Kakà esultanza con le mani al cielo
Ricardo Kakà, esultanza con le mani al cielo nella notte di San Siro

Ricardo Kaká, “apriti cielo”

Posati gli occhiali, levata la cartella e piegata la camicia, Riccardino strinse bene gli scarpini e calcò, per la prima di lunghe volte, i campi di Milanello. Trovatosi dinanzi ad un uomo che di nome in quel centro sportivo facevo Ringhio, non si fece intimorire e lo saltò di netto. A poco contò la spallata che gli venne riservata dal compagno, la palla restò incollata al piede del nuovo arrivato che, pochi passi dopo, lanciò per oltre 30 metri un pallone in profondità a premiare lo scatto di un compagno. Sandro Nesta non intercettò ma rimase attonito dinanzi all’apertura, Gattuso intonò un calabrese ma vaffancul“, dal retrogusto di approvazione dinanzi alle primissime illuminate giocate di Kaká.

Col passare degli anni la leggenda di Ricky si è acuita, i rosicanti mugugni avversari scemati e gli aneddoti cresciuti a dismisura. La dimensione divina di un giocatore di tale superbia non può esser data unicamente da dita ed occhi al cielo dopo un gol, la dimensione divina di un giocatore di tale talento non può esser data unicamente dalla propria fede. Una spiegazione più credibile la diede il mister di una vita Carlo Ancelotti che, in occasione di un racconto sui primi momenti di Kaká in Italia, ammise: “Avrei voluto chiedergli se aveva avvertito papà e mamma che oggi non sarebbe andato a scuola. Poi però è sceso in campo e…apriti cielo, ma apriti per davvero“.

Forse era davvero una luce divina, dalla intensità tale da squarciare il cielo, lo stesso invocato ad aprirsi da Ancelotti, che illuminava le giocate di Kaká. Forse il calcio di Ricky conosceva realmente una dimensione trascendentale, forse il calcio di Ricky era realmente il frutto di un disegno più ampio ed alto. Magari in realtà era solamente quel sangue brasiliano che gli sgorgava nelle vene, il verde e l’oro che gli si intrecciano nelle vene nell’anno della vittoria del Mondiale ancora giovanissimo, gli stessi colori che si intrecciano producendo colori per l’arte in movimento ammirabile a San Siro. Un teatro d’alta critica quello di Milano, un teatro al quale la banalità non è ammessa, un teatro per accedere al quale il dress code recita: “Solo e rigorosamente Smoking Bianco“. Forse il calcio di Ricardo Kaká non è semplicemente definibile a parole, forse il suo calcio è semplicemente Musica e magia.

Ricardo Kakà, vincitore del Pallone d’Oro 2007

Ricardo Kaká, quel Milan attraverso la cabala

Giunto in rossonero nel 2003, Ricardo Kakà milita nel Milan sino al triste 8 giugno 2009. Con i meneghini in quel periodo disputa oltre 190 partite, mettendo a segno oltre 90 reti ed innumerevoli assist. Malgrado i numeri non aiutino in alcun modo a definire i contorni di una figura dal calcio leggendario, questi non possono mancare in quanto proporzionali alla grandezza delle sue gesta.

Il giorno 1 settembre 2003 segna il suo esordio con la maglia del Milan, durante un AnconaMilan conclusosi 0-2. Appena quindici giorni dopo Riccardino esordisce anche in Champions League a San Siro nella vittoria per 1-0, marcata dal gol di Pippo Inzaghi contro l’Ajax. La prima rete milanista arriva il 5 ottobre 2003 in un derby vinto “fuori casa” 1-3 contro i rivali cittadini, al Bambino d’Oro toccò il gol dello 0-2. Quell’anno mette a segno 14 reti nel computo totale della stagione, 10 delle quali in campionato, mentre le restanti in Champions League. Anno di gioie e trionfi fu quello del 2003/04 grazie anche allo Scudetto conquistato ed all’ultima Coppa Italia posta in bacheca.

Non solo calcio…

Operato durante il giugno 2007 per risolvere miopia ed astigmatismo, queste non gli hanno mai precluso reti da cineteca da oltre 25 metri. Diverse di queste gli valsero la vittoria del Pallone d’Oro nel dicembre dello stesso anno, oltre al FIFA World Player. Nel 2008 viene insignito dal Time del titolo di “100 persone più influenti” di quell’anno nella sezione “Eroi e pionieri”. Nel 2009, pervaso dall’amore di un tifo sconfinato ripudia soldi e Inghilterra, oltre che circa 120 milioni di euro nelle casse del Milan.

Con il Milan vince lo Scudetto 2004, Coppa Italia e Supercoppa Italiana nel medesimo anno, le Supercoppe Uefa nel 2003 e nel 2007, la Champions League di Atene 2007 ed il Mondiale per Club sempre in quell’anno. Oltre al Pallone d’Oro ed al FIFA World Player del 2007 riceve 5 oscar del calcio, un Pallone d’Argento, viene per 3 volte inserito nella squadra dell’anno FIFA ed altrettante in quella UEFA, seppur in stagioni differenti. Nel 2007 è anche calciatore dell’anno per la UEFA, oltre che capocannoniere di quell’edizione della Champions League con 10 reti e miglior giocatore del Mondiale per Club.

Nesta e Kakà
Nesta e Kakà, ex giocatori del Milan

Ricardo Kaká, notti magiche del Milan Ancelottiano: capitolo Champions

Gli anni di militanza di Ricardo Kaká al Milan sono quelli delle ‘notti magiche del Milan Ancelottiano‘, sono quelli delle grandi cavalcate in Champions League. Giunto a Milano a pochi mesi dalla vittoria della sesta Coppa Campioni, Ricky ha nel destino la coppa dalle grandi orecchie.

Dopo Istanbul…

La stagione 2004/05 è tra lo storico e l’indimenticabile per un Milan che, in oltre 50 partite disputate, stecca solamente 6 minuti, divenuti fatali e tragici per un intero popolo. Giunto ad Istanbul per la finale, quel Milan si apprestava a trionfare ed arricchire la propria bacheca con “La Settima“. Partito nel migliore dei modi grazie alla rete del capitano Paolo Maldini, i rossoneri si spingono sino al 3-0 al termine della prima frazione di gioco. Intervallo. Buio più assoluto. Spazio agli incubi. È tragedia oltre che sconfitta. Ricky sfiora la Coppa al proprio primo appuntamento, ma il destino ha in mente un progetto chiaro e definito.

…ci sono Celtic…

La filastrocca milanese e milanista intona dai magnifici 11 del comandante buono Ancelotti. La cavalcata è un misto di storia e destino, gruppo e popolo unito per la conquista di Atene, verso la vendetta reds. La cavalcata di quell’anno è da brividi, dai preliminari al tetto d’Europa. La prima gara che pone il Diavolo appeso ad un filo ultrasottile è quella del doppio confronto contro il Celtic. Allo 0-0 dell’andata rimedia Ricky, è 1-0 Milan, è ticket per i quarti.

…Bayern Monaco…

Qui è la volta dell’impresa in terra di Baviera: dopo l’iniziale 2-0 di San Siro, il manto erboso milanese si raggela, l’ambienta cambia clima e tono ed il Bayern accorcia e recupera. In Germania si prospetta una gara diversa, così sarà, ma non nel verso atteso dall’Europa intera. L’impresa è servita da Re Carlo, dopo i primi 45′ è già 0-2, è ancora 0-2, è ancora una volta semifinale.

Kakà con le mani al cielo in maglia bianca nel 3-2 allo United
Ricardo Kakà, gol dell’1-2 al Manchester United dopo l’iconica serpentina di Old Trafford

…Manchester United…

Da Theatre of Dreams a mesto teatro d’incubi è un attimo, il tempo di assistere a cinque reti ed incassarne tre. Lo sa bene il Milan, lo sa bene Ancelotti ma lo sa ancor meglio Kaká. Sotto 1-0 per la rete dell’allora CR7, Ricky imbraccia l’abito adatto, lo stira e lo indossa. Smoking Bianco cucitosi addosso ed è tempo dello show brasiliano. La doppietta è da antologia, la seconda rete, se possibile, è storia pura: “Rete! Rete! Rete! Kakà” l’urlo risuona ad Old Trafford, red devils avvisati. La gara si chiude 3-2, ma al ritorno San Siro è cassazione. A Milano va in scena la partita perfetta. La scrosciante pioggia è quella delle grandi imprese del Diavolo. Al Theatre of Dreams succede l’allagato teatro della imprese iconiche, perfetta trama da Milan. Kakà apre le danze, Seedorf raddoppia e Gilardino fischia l’anticipata fine col definitivo 3-0…’Atene Calling‘.

…c’è sempre Atene

Ad Atene la gara è sporca ma l’appuntamento con la storia questa volta non può essere mancato. Se al primo Kakà è arrivato in ritardo, quella notte il passaggio lo da Pippo Inzaghi. Il Milan trionfa, Ricky bacia la Coppa, il Diavolo è nuovamente sul tetto d’Europa: “dopo Istanbul c’è sempre Atene“.

Kakà con la maglietta "I belong to Jesus" quando ha vinto la Champions
Ricardo Kakà, “I Belong to Jesus” nella notte di Atene

Ricardo Kaká, cronaca d’un lungo e travagliato addio

Negli alti ambienti milanesi vigeva un tacito ed occulto accordo tra il presidente Silvio Berlusconi e Ricardo Kakà. I due erano soliti apporre lievi ritocchi al rialzo al contratto del brasiliano al termine di ogni stagione. Tra 2008 e 2009 però l’aria appare diversa, la Milano intera lo percepisce e si raggela. Qualcosa di non noto si incrina, così come storia e futuro del Milan da quel preciso istante.

L’inverno del 2009 acuisce il gelo in quel del capoluogo lombardo. Il Manchester City piomba sul Bambino d’Oro del Milan. Le casse rossonere necessitano di ampie boccate d’ossigeno, i sonanti denari d’Arabia sono pronti a giungere a fiumi tra le vie della città. I circa 120 milioni posti sul tavolo della trattativa incontrano i favori di un club rassegnato all’idea che tutte le storie, prima o poi, conoscono una fine.

Non si vende Kakà” è un urlo che esce dalle ugole della Curva Sud con così tanto fervore da risuonare per tutta la penisola, con così tanto amore e ferocia da stordire gli alti ambienti dirigenziali milanisti. Il MilanFiorentina di quel mese di gennaio è pura storia rossonera, una Curva intera diviene un tutt’uno col suo più grande amore. Ricky viene pervaso di sensazioni miste e mistiche, le emozioni travolgono uno Stadio troppo scosso per gioire per il gol dell’1-0 di Alexandre Pato.

Kakà alla finestra nel 2009
Ricardo Kakà alla finestra in Via Aurelio Saffi nel gennaio 2009

Ricky non è solamente il Bambino d’oro, bensì anche un ragazzo dal cuore d’oro, un ragazzo incapace di tradire un popolo, un ragazzo che sa di non poter voltare le spalle a quel MilanFiorentina ed all’accoglienza sempre riservatagli. Il City viene rifiutato, le casse piangono, i tifosi pure, anche se i motivi sono opposti. I mesi seguenti sono quelli della campagna dell’incedibilità di Kakà, ma la storia è ormai chiara ai più. Il verdetto è stato rimandato, ma non ribaltato.

Il campionato si conclude, e con lui anche una fetta, piuttosto corposa a dir la verità, di storia del calcio, di storia del Milan, di anni di vita dei tifosi. Kakà compie il passo d’addio con la stessa grazia di tutti quelli che hanno accarezzato il manto di San Siro. La notte dell’8 giugno 2009 resta una cicatrice non rimarginabile su cuore ed anima di una tifoseria intera, così come anche per Ricky: lo Smoking Bianco che ha brillato ed illuminato le notti di molti anni, pur se troppo pochi, perde di purezza e brillantezza. La storia è scritta, così come la firma sul contratto del Real Madrid, Kakà alla fine si è venduto. Certi amori, però, non finiscono, fanno dei giri immensi e poi…

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