Juventus, la Signora in bianconero: la storia del club più titolato d’Italia

La Juventus è la società più titolata in Italia: quella dei bianconeri è una storia iniziata nel 1897, che ha dato il via a una lunga serie di successi conseguiti dalla Vecchia Signora

Lorenzo Ferrai A cura di Lorenzo Ferrai
40 Minuti di lettura

Una storia nata nel secolo scorso, precisamente il 1° novembre 1897. È proprio quel giorno di autunno che alcuni studenti che frequentavano il liceo classico Massimo d’Azeglio si ritrovano su una panchina in Corso re Umberto per dare vita a una squadra destinata a scrivere la storia del calcio italiano (e non solo) con i colori bianconeri stampati sul petto. Quel giorno nasce ufficialmente la Juventus Football Club, il secondo club più antico d’Italia dopo il Genoa.

La giovane età dei padri fondatori le conferisce il nome Juventus, dal latino gioventù, in contrapposizione all’appellativo Vecchia Signora, che entrerà in uso a partire dagli Anni Trenta. Il club più titolato in Italia annovererà fra i suoi giocatori migliori, campioni del calibro di Sivori, Platini, Del Piero e Cristiano Ronaldo. Una società che parteciperà a ogni singolo campionato di Serie A, a partire dal 1900 fino ad oggi, con l’unica eccezione del 2006/07.

Alessandro Del Piero - @livephotosport
Alessandro Del Piero, ex capitano della Juventus – @livephotosport

Juventus, dalle origini al Quinquennio d’Oro: l’era degli Agnelli

È il 1° novembre 1897, quando un gruppo di giovani studenti del liceo classico Massimo d’Azeglio si riunisce per dare alla luce la Juventus FootballClub. Tra i fondatori compaiono i fratelli Eugenio e Enrico Canfari, rispettivamente primo e secondo presidente del club. La prima maglia della squadra non è bianconera, bensì rosa, ornata con un’avvenente cravatta nera e un cappello. Questo outfit dura fino al 1902, quando la società stabilisce l’utilizzo dei colori bianco e nero. La prima gioia tricolore della Juventus arriva nel 1905, dopo il triangolare con Genoa e Milan.

Con grandi ambizioni di crescita, la Juventus passa sotto l’egida della FIAT, con cui intreccia un legame indissolubile a partire dagli Anni ’20. Il 24 luglio 1923 il vicepresidente della casa automobilistica, Edoardo Agnelli, assume la presidenza del club, subentrando a Gino Olivetti. Da qui in poi inizia una storia d’amore infinita, dove una delle più importanti famiglie d’Italia legherà il proprio nome alla società che, di lì a poco, diverrà la più titolata nel Bel Paese.

Per circa una ventina d’anni, il club torinese non ha una vera guida tecnica, che compare invece nel 1923. Si tratta dell’ungherese Jeno Karoly, ingaggiato dal neo presidente bianconero, Edoardo Agnelli. Il tecnico magiaro instaura il concetto di gioco di squadra, che prende il posto dell’improvvisazione e dell’individualismo. Karoly rimane in sella ai bianconeri per tre stagioni, quando un infarto lo porta via pochi giorni prima della conquista del secondo Scudetto nella storia della Juventus.

Con l’inizio del rapporto fra la Juventus e la famiglia Agnelli, i bianconeri possono cominciare la propria scalata verso la gloria. Nel 1930 alla guida tecnica viene chiamato Carlo Carcano, primo allenatore italiano dei bianconeri. Fine psicologo, tatticamente pragmatico e cresciuto nella scuola alessandrina, si occupa di amalgamare un gruppo composto da assoluti fuoriclasse e fondato su un solido blocco difensivo.


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Lo spericolato e tenace Gianpiero Combi fra i pali, e i due terzini Virgino Rosetta e Umberto Caligaris, vanno a formare il Trio dei Ragionieri, dal loro titolo di studio. Uomo chiave dal punto di vista tattico è il centromediano Luis Monti, argentino, poi naturalizzato italiano. Questi, assieme a giocatori del calibro di Luigi Bertolini, Mario Varglien, Raimundo Orsi e Giovanni Ferrari compongono la spina dorsale della Juventus e dell’Italia che vincerà il Mondiale nel 1934.

Con Carcano alla guida, si apre l’era della Juventus del Quinquennio d’Oro, squadra che cannibalizza una Serie A appena passata a girone unico per i successivi cinque anni. Cinque Scudetti consecutivi ottenuti con una moltitudine di giocatori esperti, da cui deriva il soprannome ‘Vecchia Signora’. Da Combi a Rosetta, da Caligaris a Monti, a cui si aggiunge in seguito la freschezza di Teobaldo Depetrini e, soprattutto, la vena realizzativa del giovanissimo Felice Placido Borel II. Approdato alla Juve ad appena diciotto anni, questo piccoletto si affermerà come uno dei migliori attaccanti del nostro campionato durante gli Anni Trenta.

Dopo il periodo di splendore bianconero, di pari passo con i due mondiali di fila vinti dall’Italia di Vittorio Pozzo, la Juventus si trova a dover fronteggiare l’ascesa del Grande Torino, che monopolizza gli Anni ’40 del nostro campionato, prima di perire tragicamente nell’incidente di Superga, il 4 maggio 1949. Intanto la Vecchia Signora accoglie un nuovo presidente, Gianni Agnelli, detto l’Avvocato, figlio di Edoardo, che assume la carica nel 1947, deciso a riportare il club in cima alla Serie A.

Juventus, da Boniperti a Sivori: il Trio Magico

Parallelamente all’avvento di Gianni Agnelli, in bianconero debutta un giovanotto di soli diciott’anni, proveniente dalla cittadina di Barengo, vicino Novara. Si chiama Giampiero Boniperti, classe 1928, estremamente elegante e tecnico, nonché dotato di un’intelligenza sopraffina e un grande fiuto del gol. Dopo la prima stagione di apprendistato, la seconda è quella dell’esplosione definitiva.

Juventus 1951:52
Juventus 1951/52 @Twitter

In una Juventus che termina il campionato al secondo posto dietro ai cugini, Boniperti si laurea capocannoniere del torneo, a nemmeno vent’anni, mettendo a segno la bellezza di 27 reti. Marisa, così etichettato per i suoi boccoli biondi, è il leader carismatico, assieme alla leggenda Carlo Parola, della squadra che sale alla ribalta nei primissimi anni ’50. Guida la Vecchia Signora alla conquista dello Scudetto nel 1949/50.

I bianconeri si aggiudicano il tricolore con quattro lunghezze di vantaggio sul Milan, capace comunque di umiliare la Juventus allo Stadio Comunale con un netto 1-7, la peggiore sconfitta nella storia juventina in Serie A. I torinesi sono ancora vincitori due anni più tardi. L’Avvocato lascia intanto la presidenza al fratello minore, Umberto Agnelli, appena ventenne. Il nuovo presidente svolta completamente la storia dei suoi, grazie agli acquisti di Omar Sivori e John Charles, entrambi approdati nel 1957.

I due, assieme al capitano Boniperti, calatosi perfettamente nel ruolo di centrocampista centrale, vanno a formare il cosiddetto Trio Magico. Grazie alla ritrovata potenza di fuoco, la Juventus torna ai vertici, cogliendo lo Scudetto nell’annata 1957/58, il decimo, quello che vale la prima stella. Sivori è il genio e la malizia, Charles la forza e la generosità, Boniperti l’astuzia e la razionalità. I tre sembrano nati per stare insieme e la Signora inserisce il pilota automatico. In quattro anni, il palmares recita tre Scudetti e due Coppe Italia.

Se Charles aveva vinto la classifica marcatori nel 1958, Sivori si aggiudica quella del 1959/60, quando la Vecchia Signora rivince il campionato, bissando il successo anche l’anno successivo. Anche la Serie A 1960/61 è appannaggio della Juventus, che in questo torneo probabilmente vede scoppiare definitivamente la rivalità con l’Inter, concorrente per il tricolore e passata sotto la guida tecnica di Helenio Herrera.

Charles, Sivori, Boniperti - Juventus
Charles, Sivori, Boniperti – Juventus @Twitter

Nel pieno della lotta Scudetto, le due compagini si danno appuntamento al Comunale il 16 aprile 1961. Con il pubblico delle grandi occasioni, forse troppo, la gara viene sospesa dopo appena 30′ di gioco e la FIGC commina il 2-0 a tavolino in favore dei nerazzurri. Ma Umberto Agnelli, patron juventino e presidente federale allo stesso tempo, carica che farà molto discutere, sporge ufficiale ricorso, servendosi anche del giovane Vittorio Chiusano, l’avvocato dell’Avvocato.

È il 3 giugno, con Inter e Juventus a pari punti a una sola gara dal termine, che il ricorso dei bianconeri viene ufficialmente accolto. 2-0 annullato e partita da ripetere. Per i nerazzurri è un colpo tremendo e i ragazzi di Herrera subiscono una netta sconfitta a Catania, con il famoso “Clamoroso al Cibali” attribuito a Sandro Ciotti. La Vecchia Signora pareggia contro il Bari, mettendo le mani sullo Scudetto. Ma ciò nonostante, Juventus-Inter s’ha da fare, e la data concordata è il 10 giugno 1961.

In palio oramai non c’è più nulla, ma l’Inter non ha ancora digerito la decisione della CAF, perciò, per protesta, Herrera sceglie di mandare in campo i ragazzi dell’odierna Primavera. La Juventus si presenta con l’undici migliore, con il Trio Magico e tutti i titolari. Omar Sivori insegue il pallone d’oro e rifila sei gol agli avversari, aggiungendosi alle reti di Mora e Nicolè, oltre a un autogol. Per gli ospiti l’unica marcatura porta il nome di un giovanissimo Sandro Mazzola, figlio del capitano del Grande Torino scomparso tragicamente a Superga.

La gara termina 9-1 per la Vecchia Signora e segna l’ultima apparizione di Giampiero Boniperti. Dopo anni gloriosi, ricchi di trofei e successi ottenuti con l’ausilio dei suoi campioni, la Juventus inizia un periodo buio. Omar Sivori si aggiudica il pallone nel 1961 e abbandona la Vecchia Signora nel 1965, in aperto conflitto con il tecnico Heriberto Herrera. Gli Anni ’60 vedono il dominio delle milanesi, mentre i bianconeri riescono a vincere solo lo Scudetto del 1966/67, quando il Trio Magico sarà scomparso totalmente.

Juventus: la rinascita degli Anni ’70 e Trapattoni

Il tricolore 1966/67, unito alla Coppa Italia conquistata nel 1965, è l’unica soddisfazione ottenuta in questi anni. Dopo un periodo ai margini, la rinascita della Juventus parte dalla nomina di Giampiero Boniperti a presidente del club, sotto consiglio di Gianni Agnelli. L’ex centravanti bianconero restituisce al club quell’immagine solida che l’aveva accompagnata durante i decenni precedenti.

Giovanni Trapattoni *
Giovanni Trapattoni @Twitter

Con l’avvento degli Anni ’70, la Juventus getta le basi per quella che sarà un’autentica generazione di fenomeni, destinati a essere protagonisti nel club e in Nazionale, per fare le fortune dell’Italia. A comporre la colonna vertebrale di quella squadra ci sono Dino Zoff, Antonello Cuccureddu, Giuseppe Furino, Franco Causio, Roberto Bettega e Pietro Anastasi, protagonisti dei campionati vinti nel 1972, 1973 e 1975, quando la Vecchia Signora risolve in extremis le contese con Milan e Napoli.

Ma è nel 1976 che Boniperti ingaggia un giovane e promettente allenatore di Cusano Milanino, con un passato da difensore nel Milan. Il suo nome è Giovanni Trapattoni, di fatto alla prima esperienza in panchina. Il Trap non è troppo per gli arzigogoli e il possesso palla prolungato, quanto piuttosto per una manovra rapida dove l’azione deve concludersi in fretta, senza però correre il rischio di soccombere in contropiede.

Proprio in quest’estate la Juventus chiude una folle operazione di mercato che coinvolge Roberto Bonisegna, bandiera dell’Inter, e Pietro Anastasi, otto anni in bianconero. I due giocatori si scambiano di maglia, mentre la difesa viene puntellata con l’arrivo di Antonio Cabrini, che si aggiunge a Gaetano Scirea e Claudio Gentile, acquistati qualche stagione prima. Questo undici leggendario vince lo Scudetto del 1976/77, oltre ad aggiudicarsi la Coppa UEFA, primo storico trofeo internazionale nella storia della Juventus, vinto nella doppia sfida contro l’Athletic Bilbao.

Con il successo internazionale, la Juventus è la prima squadra italiana a vincere un trofeo oltreconfine senza avvalersi del contributo di giocatori stranieri. Un primato che rimane tutt’ora imbattuto. La Vecchia Signora bissa il successo in Italia anche la stagione successiva, vedendo poi nove giocatori convocati dal CT Enzo Bearzot per disputare il Mondiale previsto in Argentina nel 1978.

La difesa della Juventus, si riscopre un muro pressoché invalicabile e forma la spina dorsale anche della retroguardia dell’Italia. Davanti a Zoff, l’eleganza del libero Scirea, unita alla tenacia del terzino Gentile e l’imprevedibilità del fluidificante Cabrini, lo rendono uno reparti arretrati più solidi di tutti i tempi, come dimostra l’annata 1981/82. La Vecchia Signora chiude con soli 14 gol subiti in 30 partite disputate, preludio a quello che sarà la favolosa cavalcata durante il Mondiale di Spagna 1982, che l’Italia vincerà a spese della Germania Ovest.

Juventus, l’era di Platini: l’affermazione in Europa

Nel campionato italiano, le frontiere erano chiuse dal 1966, anche se la scelta di non internazionalizzare il nostro calcio appariva sempre più anacronistica. Nel 1980 la Federcalcio riapre definitivamente le frontiere, dando la possibilità ai vari club di tesserare un solo giocatore straniero. La Juventus sceglie Liam Brady, fantasista irlandese che contribuisce alla conquista degli Scudetti 1981 e 1982.

Il tesseramento degli stranieri si allarga ben presto a due e Boniperti non perde tempo, tesserando il fuoriclasse polacco Zbigniew Boniek, sfruttando la forte presenza della FIAT a Varsavia e dintorni. Per il secondo, il Presidentissimo segue le volontà di Gianni Agnelli, che si è innamorato di un giovane francese di nome Michel Platini. Per l’Avvocato, il transalpino è l’uomo giusto per portare la Juventus ai vertici in Europa e nel mondo.

Dopo una trattativa intensa e un colloquio direttamente con il giocatore, Agnelli ottiene la firma di Platini, il 30 aprile 1982. Nella prima stagione, Le Roi parte con il freno a mano, a causa del fisiologico periodo di adattamento. Ma una volta sbloccatosi, il francese non si ferma più e chiude capocannoniere del campionato con 16 reti, anche se la Juventus non riesce ad aggiudicarsi il tricolore, che va alla Roma. In coppa dei campioni, i bianconeri sono perfetti fino alla finale contro l’Amburgo, quando una rete di Magath condanna la Vecchia Signora.


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Il francese vince anche il pallone d’oro a fine anno. La seconda annata manda in scena il duello a distanza fra Platini e Zico, nuova stella dell’Udinese, e concorrente del francese nei calci piazzati. I due si sfidano partita dopo partita, con Le Roi che prevale di un solo gol, 20 a 19. Per la Juventus è un’annata da incorniciare, dove arriva lo Scudetto, il 21°, e la Coppa delle Coppe, ottenuta grazie al 2-1 inflitto al Porto in finale.

Il 1984/85 vede Platini conseguire un altro titolo marcatori, mettendosi alle spalle nientemeno che Diego Armando Maradona. Il campionato sfugge prematuramente, così l’attenzione dell’undici di Trapattoni si concentra sulla campagna continentale. In Europa è il francese a trascinare i suoi, a suon di giocate mozzafiato e gol (sette per l’esattezza). Nell’atto finale, passato tristemente alla storia come la strage dell’Heysel, la Juventus sconfigge il Liverpool per 1-0, grazie a un rigore di Le Roi. Per la Vecchia Signora si tratta della prima coppa dei campioni della sua storia.

Juventus 1983/84
Juventus 1983/84 @Twitter

Al trionfo europeo segue quello mondiale, l’8 dicembre 1985. La Juventus ha salutato alcune sue pedine fondamentali, quali Gentile, Tardelli, Rossi e Boniek. Così, a mettersi la squadra sulle spalle ci pensa sempre Le Roi, nella finale contro l’Argentinos Juniors. Dopo il vantaggio argentino, Platini segna su rigore poi si vede annullare uno dei gol più belli della storia per fuorigioco, a cui risponderà con una posa diventata storica. I sudamericani tornano in vantaggio ma Laudrup acciuffa il 2-2 nel finale. Ai calci di rigori è la Vecchia Signora a spuntarla, laureandosi campione del mondo.

Dopo un’abbuffata di trionfi, la Juventus inizia l’inevitabile parabola discendente. Dopo aver portato a Torino il 22° Scudetto nel 1986, Trapattoni si congeda dalla Vecchia Signora dopo dieci stagioni. L’era di Le Roi si chiude l’anno seguente, il 17 maggio 1987. Il transalpino dà ufficialmente l’addio al calcio, dopo aver vinto tutto, fra cui un Europeo con la sua Francia e tre palloni d’oro consecutivi, affermandosi come uno dei più forti di tutti i tempi.

Juventus, da Baggio a Del Piero: la seconda Champions League

Terminata l’epoca di Platini, nel 1990 finisce anche la presidenza di Giampiero Boniperti, per fare spazio a Vittorio Chiusano, l’avvocato dell’Avvocato. La Vecchia Signora non è mai in lotta per le posizioni che contano, lasciando spazio a Milan, Inter, Napoli e Sampdoria, in grande ascesa e sensibilmente più forti. La Coppa UEFA vinta nel 1990 è un trofeo isolato in queste stagioni decisamente buie per i bianconeri.

Roberto Baggio in maglia Juventus*
Roberto Baggio alla Juventus Juventus @Twitter

È proprio nella finale di Coppa UEFA che la Vecchia Signora matura l’idea di dare l’assalto a uno dei giovani più promettenti nel panorama italiano. Si tratta del numero 10 della Fiorentina, Roberto Baggio, attaccante rapido e dotato di una tecnica sopraffina, abbinata un ottimo dribbling. L’Avvocato Agnelli scende a patti con la famiglia Pontello, proprietaria della Viola, e riesce a mettere le mani sul fuoriclasse veneto, in una delle trattative più polemiche degli ultimi trent’anni.

Baggio approda a Torino dopo essersi fatto conoscere nel Mondiale 1990, disputato in Italia. I bianconeri si trovano nel bel mezzo di una rivoluzione atta a svecchiare la rosa, oltre alla ricerca di un allenatore che riesca a stabilizzare la squadra tatticamente. Agnelli richiama Trapattoni nel 1991 per cercare di imbastire nuovamente quel ciclo d’oro. Ma i tempi sono cambiati e una Juventus forte ma molto giovane non può competere con il super Milan di Fabio Capello, primo per tre anni consecutivi.

Per il Trap c’è comunque la soddisfazione di due secondi posti e soprattutto la terza Coppa UEFA vinta nel 1993, con un Roberto Baggio in stato di grazia, che a fine stagione potrà sollevare anche l’ambitissimo pallone d’oro. Quasi in contemporanea, la Juventus acquista un altro ragazzino veneto, proveniente dal Padova, che risponde al nome di Alessandro Del Piero e che ben presto fa innamorare l’Avvocato.

Del Piero stupisce tutti per il suo tocco e la sua classe, mentre la parabola di Roberto Baggio alla Juventus si esaurisce l’anno seguente, quando alla guida tecnica, Agnelli chiama Marcello Lippi, reduce da una brillante esperienza in sella al Napoli. Per il mister viareggino, Alex deve occupare un posto da titolare nel tridente offensivo, proprio a discapito del Divin Codino, assieme a Gianluca Vialli e Fabrizio Ravanelli.

Uno spettacolare gol di Del Piero il 4 dicembre 1994 completa una rimonta pazzesca contro la Fiorentina e consente ai bianconeri di lanciarsi all’inseguimento del Parma capolista. I ragazzi di Lippi acquisiscono forza e meccanismi di gioco, gara dopo gara, fino a conquistare l’agognato Scudetto, nove anni dopo l’ultima volta. La Juventus è tornata ai vertici in Italia e ha un nuovo numero 10, Alessandro Del Piero, con Roberto Baggio che lascia il club bianconero.

Alessandro Del Piero in maglia Juventus - @livephotosport
Alessandro Del Piero in maglia Juventus – @livephotosport

Proprio Alex apre l’annata 1995/96 con alcuni pezzi di rara bellezza, paragonabili a delle opere d’arte. Semplicemente, il numero 10 riceve palla a sinistra, si accentra, rientra sul destro e, prima di entrare in area, disegna una parabola mirabolante che muore sul secondo palo all’incrocio, dove nessun portiere può arrivare. Dopo aver assistito ad alcuni gol simili, in Champions League e in Italia, presto nasce il concetto di gol alla Del Piero, effettuato sempre con questo stile.

Pinturicchio, così soprannominato dall’Avvocato Agnelli per le sue pennellate che ricordano il pittore umbro del Rinascimento, trascina i compagni nella straordinaria avventura europea, dove la Juventus si sbarazza degli avversari e giunge all’appuntamento finale contro l’Ajax il 22 maggio 1996 da favorita. Quella disputata dalla Vecchia Signora è una delle migliori partite della gestione Lippi. Ravanelli sblocca il match sfruttando un pasticcio difensivo degli avversari, ma Litmanen rimette la gara in equilibrio poco prima del riposo.

La Juventus attacca ininterrottamente ma l’Ajax resiste. La sfida si protrae ai calci di rigore, dove prende la scena Angelo Peruzzi. Il portiere bianconero neutralizza i penalty calciati da Davids e Silooy, risultando così decisivo per la conquista della seconda Champions League della storia juventina. La coppa viene sollevata dal capitano, Gianluca Vialli, che in estate lascia il club per trasferirsi in Inghilterra.

L’Avvocato Agnelli, che ha sempre avuto un debole per la Francia, mette le mani su un altro fuoriclasse transalpino dal tocco delicato e la classe sopraffina, Zinedine Zidane. Il francese va a posizionarsi alle spalle di Del Piero e del del neo acquisto Christian Vieri, dove può produrre gioco e spaccare in due le difese avversarie con i suoi break e i cambi di passo effettuati sempre con il pallone incollato al piede.

La scena è di Pinturicchio, ormai giunto a maturazione. Nella finale intercontinentale contro il River Plate, a dieci minuti dal termine, Del Piero raccoglie un pallone vagante in area e spara con il destro trovando l’incrocio dei pali, portando la Juventus sul tetto del mondo per la seconda volta. I bianconeri si confermano al vertice in Europa ma non riescono a bissare il successo del 1996, perdendo due finali di seguito, rispettivamente contro Borussia Dortmund e Real Madrid, anche se parallelamente arrivano due Scudetti nel ’97 e nel ’98.

Davids con Zidane e Del Piero *
Davids con Zidane e Del Piero – Juventus @Twitter

Juventus, da Lippi a Calciopoli: la retrocessione in Serie B

L’annata 1998/99 segna il declino dell’epoca di Marcello Lippi, complice anche il bruttissimo infortunio di Del Piero contro l’Udinese, che priva la Vecchia Signora del suo giocatore migliore nonché leader tecnico, in piena ascesa. Pinturicchio rimane fuori dal campo per otto mesi, mentre la Juventus si ferma in semifinale di Champions League, al cospetto del Manchester United, futura vincitrice del trofeo, nella folle finale con il Bayern Monaco.

Lippi viene rilevato da Carlo Ancelotti, che rimane alla guida del club per due stagioni, dove colleziona 144 punti ma “solamente” due secondi posti rispettivamente dietro Lazio e Roma. Nell’estate del 2001, all’ombra della Mole avviene una grande rivoluzione. Il direttore sportivo della Juventus, Luciano Moggi opera la cessione record di Zidane al Real Madrid, oltre a quella di Filippo Inzaghi al Milan, e aggiunge allo scacchiere dei fuoriclasse come Gianluigi Buffon, Lilian Thuram e Pavel Nedved.

La rivoluzione coinvolge anche la guida tecnica, con Ancelotti che lascia spazio al figliol prodigo Marcello Lippi, reduce da un’infelice avventura sulla panchina dell’Inter. La nuova Juventus si presenta ai nastri di partenza del campionato 2001/02 come una delle favorite. I bianconeri si giocano lo Scudetto fino all’ultima giornata, dopo un triello lungo ed estenuante con i nerazzurri e la Roma.

La Vecchia Signora diventa campione d’Italia per la 26a volta il 5 maggio 2002, a seguito della clamorosa sconfitta dell’Inter contro la Lazio all’Olimpico. Il successo tricolore viene confermato l’anno seguente, sempre a discapito dell’odiata rivale. Ma la Juventus perde nuovamente la finale di Champions League al cospetto dell’altra milanese. Il 28 maggio 2003, il Milan dell’ex Ancelotti si impone ai calci di rigori, dopo la parità dei 120′.

Il Lippi termina nel 2004, al termine di un campionato deludente, in cui la Juventus giunge al terzo posto. Il posto del viareggino viene preso dall’ex numero 10 bianconero, Fabio Capello, tecnico del grande Milan degli Anni ’90. Don Fabio conduce una Signora formidabile alla conquista di altri due Scudetti, prima che si scateni la vicenda giudiziaria nota al mondo sportivo come Calciopoli, in cui viene coinvolto Luciano Moggi, assieme ad altre autorità del calcio italiano.

Il torneo 2004/05 viene annullato, mentre la classifica maturata nella stagione 2005/06 subisce uno stravolgimento senza precedenti. L’Inter si aggiudica lo Scudetto a tavolino, mentre la Juventus viene arretrata al ventesimo posto e di conseguenza retrocessa in Serie B, dove partirà con 9 punti di penalizzazione. L’Italia del pallone si trova a fronteggiare un terremoto calcistico che sconvolge la gran parte delle società sportive, ridisegnando sensibilmente gli scenari.

Marcello Lippi, Italia campione del mondo 2006
Marcello Lippi, Italia campione del mondo 2006 @Twitter

Così, in un’estate dove l’Italia di Marcello Lippi diventa campione del mondo per la quarta volta, la Juventus assiste allo smantellamento della sua potenza sportiva ed economica, dovendo ripartire dalla cadetteria. Alcuni elementi cardine scelgono di non tradire i propri colori, accettando la Serie B, fra la riconoscenza dei tifosi. Fra essi ci sono i neo campioni di mondo Buffon, Del Piero e Camoranesi, oltre a Nedved e Trezeguet.

Juventus, la rinascita e il record di Scudetti: da Conte ad Allegri

Il purgatorio della Serie B dura un solo anno per la Juventus, capace di riconquistare subito la massima categoria. Al ritorno in Serie A, i bianconeri vengono affidati all’esperto Claudio Ranieri, che riporta subito il club in Champions League. Resta memorabile la vittoria contro il Real Madrid del 5 novembre 2009, targata Alessandro Del Piero. Pinturicchio sigla una doppietta fantastica prima di essere sostituito e uscire dal campo fra gli applausi del Bernabeu.

Ai due anni di Ranieri, seguono altrettante stagioni deludenti, fra i periodi più bui nella storia bianconera. La Vecchia Signora colleziona due settimi posti e resta esclusa dalle coppe europee. Ma nell’estate 2011 arriva il punto di svolta assieme all’inaugurazione dello Juventus Stadium, il nuovo impianto di proprietà del club. Il neo presidente Andrea Agnelli, figlio di Umberto, ingaggia l’ex capitano bianconero bianconero Antonio Conte, il profilo giusto per riportare la Juventus ai vertici e cancellare due anni di umiliazioni e delusioni calcistiche.


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La squadra viene rivoluzionata soprattutto a centrocampo, con gli innesti di Vidal e, soprattutto Andrea Pirlo, svincolatosi dal Milan. Nonostante il poco hype intorno alla rosa, la Juventus si riscopre forte, affamata e, soprattutto, indomabile. Lo spirito battagliero di Conte si riflette sui suoi ragazzi, che non mollano un colpo e non si arrendono mai. La Vecchia Signora intraprende uno spettacolare testa a testa proprio con i rossoneri, macchiato dalle polemiche nello scontro diretto di San Siro, quando Muntari si vede annullare clamorosamente un gol fantasma.

La Juventus sfrutta le debolezze e i passi falsi dei rivali per portarsi in testa e vincere il suo primo campionato di Serie A post Calciopoli. Uno Scudetto speciale, ottenuto senza subire sconfitte, per la prima volta dopo il Milan nel torneo 1991/92. Vittoria speciale anche per Alessandro Del Piero, il simbolo della squadra, che lascia i torinesi dopo diciannove di trionfi, gioie, delusioni e la risalita finale.

Per i bianconeri è l’inizio di un ciclo, difatti il tricolore arriva anche l’anno successivo, liquidando il Napoli con anticipo. La forza di quella Juventus, oltre alla combattività, è la grande tenuta difensiva. Una retroguardia composta da Barzagli, Bonucci e Chiellini che proteggono il numero uno per eccellenza, Gigi Buffon. La mediana è fra le migliori nel panorama europeo, anche se manca ancora il bomber d’attacco da venti gol a stagione.

Chiellini e Bonucci @Twitter
Chiellini e Bonucci @Twitter

La Juventus sembra trovarlo con l’arrivo di Carlos Tevez, assieme a Fernando Llorente. Il 2013/14 è il famigerato Scudetto dei 102 punti, totalizzati dalla Vecchia Signora in 38 partite di campionato, dove la banda di Conte ha nuovamente ammazzato la concorrenza. Ma in Europa i bianconeri non ingranano: fuori ai gironi di Champions League, si fermano in semifinale di Europa League sbattendo contro la resistenza del Benfica.

Nell’estate successiva aumentano le tensioni fra Conte e Agnelli, complici alcune dichiarazioni poco felici riguardo il mercato, cosicché il tecnico juventino lascia spazio all’eccentrico livornese, Massimiliano Allegri, esonerato dal Milan qualche mese prima. Il livornese raccoglie l’eredità del pugliese e conduce la Juventus alla finale di Champions League, dove la Vecchia Signora si arrende solo allo strapotere del Barcellona di Messi, Suarez e Neymar.

Il potenziale c’è, anche se Madama è costretta a un’altra rivoluzione, dopo le cessioni dei suoi pezzi da 90, Pirlo, Vidal, Llorente e Tevez, rimpiazzati con Khedira, Cuadrado, Dybala e Mandzukic. Nel 2015/16 la Juventus parte male e piovono le contestazioni verso Allegri e verso i giocatori. Il capitano Buffon striglia i compagni pubblicamente dopo un’umiliante sconfitta contro il Sassuolo e da lì in poi, scatta qualcosa. Una rete di Cuadrado all’ultimo respiro nel Derby da il via a una rimonta senza precedenti.

Dal 12° posto, la Juventus recupera fino alla prima posizione, ottenuta dopo la vittoria, in extremis, sul Napoli, andando poi a vincere un campionato storico. Il quinto di fila, eguagliando la mitica squadra del Quinquennio d’Oro. L’anno successivo è quello che consegna i ragazzi di Allegri alla storia. Arriva il sesto Scudetto consecutivo e i bianconeri raggiungono nuovamente la finale di Champions League, ma la perdono anche questa volta, davanti a un Real Madrid spaziale e a un Cristiano Ronaldo ingiocabile.

Massimiliano Allegri dopo la finale di Champions League persa dalla Juventus nel 2017
Massimiliano Allegri dopo la finale persa contro il Real Madrid @Twitter

I blancos si rivelano bestia nera anche l’annata seguente, stavolta ai quarti di finale. All’andata, allo Juventus Stadium, Ronaldo e compagni scherzano i ragazzi di Allegri, imponendosi per 3-0. CR7 si rende protagonista con una rovesciata mozzafiato che gli vale l’applauso dell’intero stadio. La Juventus la rimette in equilibrio al Bernabeu ma un rigore (contestato) del portoghese nel recupero, mette fuori i bianconeri.

Juventus, il colpo Cristiano Ronaldo e il declino

La Juventus continua a vincere campionati, sono diventati sette di fila. Ma manca ancora quella ciliegina richiesta da Agnelli, la tanto agognata Champions League. Ecco allora che nella serata dello Stadium del 3 aprile 2018, a seguito dell’applauso del pubblico bianconero, qualcosa nella testa di Ronaldo dev’essere scattato. Alcuni dubbi potrebbero essersi insediati nella mente del portoghese, assieme a quelli sul suo futuro.

Agnelli fiuta il colpo e nell’estate 2018 mette a segno quello che da molti è stato definito il trasferimento del secolo. Cristiano Ronaldo, pluripallone d’oro e plurivincitore della Champions League approda a Torino, per vestire la numero 7 della Juventus. I tifosi sono in delirio, è l’acquisto tanto atteso che può consacrare definitivamente la squadra di Allegri. Ma, se il campionato viene chiuso già a febbraio, l’Europa è ancora deludente. Dopo un’impresa stratosferica con l’Atletico Madrid (tre gol di CR7 ribaltano il 2-0 di Madrid), la Vecchia Signora sbatte sui terribili giovani dell’Ajax ai quarti di finale.

È l’ultimo atto di Massimiliano Allegri, che si separa dalla Vecchia Signora nel 2019 in favore di Maurizio Sarri. In un’annata condizionata dalla pandemia, la Juventus, con Ronaldo e Dybala si riconferma campione d’Italia, avendo la meglio su Inter e Lazio. Ma le gioie bianconere si fermano ancora una volta alla Penisola, dato che il Lione pone fine alle velleità di successo agli ottavi di finale, nonostante un Ronaldo fenomenale, autore di due reti. Agnelli non è soddisfatto della gestione Sarri e decide di promuovere l’allenatore della Primavera, Andrea Pirlo.

Cristiano Ronaldo con la maglia della Juventus
Cristiano Ronaldo alla Juventus @livephotosport

Sotto la gestione del Maestro si chiude definitivamente il ciclo della grande Juventus, quella capace di dominare in patria. Il campionato va all’Inter, di Antonio Conte, mentre i bianconeri terminano quarti all’ultima giornata, fuori anzitempo dai giochi per il titolo. La Supercoppa italiana e la Coppa Italia non salvano l’ex numero 21 e Agnelli opta per il ritorno dell’amico Allegri sulla panchina della Vecchia Signora.

Ma l’Allegri bis si rivela un totale fallimento, assieme alla casse bianconere, sempre più vuote. Cristiano Ronaldo abbandona il club per fare ritorno al Manchester United, mentre il livornese finisce nell’occhio del ciclone, dove l’accusa principale ricade sulla mancanza di gioco e di idee, per una squadra giunta al capolinea dal punto di vista mentale. Nemmeno l’acquisto del giovane attaccante Dusan Vlahovic risolleva la situazione e la Juventus esce agli ottavi di Champions League, sconfitta brutalmente dal Villarreal.

Il copione non cambia nemmeno nella stagione 2022/23. Anzi, sulla Juventus si abbatte la sciagura dell’Inchiesta Prisma, che costringe il presidente Agnelli alle dimissioni, insieme all’intero CdA. Gli strascichi di tale avvenimento si ripercuotono anche sul cammino della squadra, poiché la Vecchia Signora subisce una penalizzazione in campionato. Collante tra la squadra e una dirigenza in ricostruzione rimane il solo Allegri, incapace di svolgere adeguatamente tutti i vari compiti.

Con una dirigenza sfaldata e da ricostruire, più il macigno dei punti di penalizzazione, la Juventus termina settima in classifica, ben lontana dall’Europa che conta. Un brutto colpo per una squadra abituata a stazionare nei piani alti della classifica, che ora è costretta praticamente a ripartire da zero per poter sognare di tornare ai massimi livelli il prima possibile, sotto la guida del contestato Massimiliano Allegri, criticato dai più ma legato come non mai alla Juventus.

Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus @livephotosport
Massimiliano Allegri, allenatore della Juventus @livephotosport

Una squadra che può suscitare solo due emozioni: odio oppure amore. La contrapposizione per eccellenza, esattamente come i due colori sociali della maglia: bianco e nero. In questi caso, gli oltre 11 milioni di tifosi hanno bene in mente il sentimento da provare per la loro squadra. Una Juventus che ha collezionato tantissimi trofei, arrivando a essere il club più titolato d’Italia.

Una società caduta e poi risalita, una squadra forte, mai doma e sempre combattiva, proprio come recita il suo motto, Fino alle Fine. Esattamente come i tifosi si augurano, continuando a coltivare quella passione, bianca e nera, pronti a sostenere sempre la Juventus, nel bene e nel male.

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