Critiche. Paragoni. Pronostici. Sventure. Questo quanto prepara il clima agli ambienti rossoneri alla vigilia di ogni nuova stagione. Così nella storia, così alla vigilia della 2021/22, e così nuovamente oggi.
Critiche
Le critiche sono quanto mosso da chi tanto scrive e, probabilmente, poco conosce. Sono quelle mosse nei confronti della politica attuata da Elliott, verso i colpi Theo Hernandez o Mike Maignan, per citarne giusto un paio. Sono quelle che si scagliano contro il mister Stefano Pioli, uomo calmo e imperturbabile, così come i suoi ragazzi, che non le avverte e prosegue dritto per il proprio cammino.
Si diceva delle critiche a Theo Hernandez, quelle che prima ancora del suo approdo a Milano lo dipingevano come il bad boy da Marsaglia, come la testa calda da Madrid e “quello dei party con i nani“. Ad oggi poi, queste sembrano essersi livellate verso lo zero, o quasi. Forse serve un tricolore cucito al centro del petto, o magari un coast to coast da antologia per “quello che non sa difendere” per far sì che gli venga riconosciuto quanto legittimamente gli spetta, come dimostra il campo, giudice ultimo di ogni chiacchiera giunta all’esterno di sé.
Forse, ancora, serve un riflesso da zero metri a negare il vantaggio ad Arthur Cabral in Milan–Fiorentina ad allontanare le critiche dalla testa sulla quale pendeva il peso dei “15 punti in meno” senza Donnarumma. Forse, in ultima istanza, basta controvertere sul rettangolo di gioco quel “-15” in un +, la cui cifra da affiancare è giusto venga stabilita da chi oggi si ricrede e più non parla, forse.
Ricredersi
Sì, ricredersi. Al maremoto di critiche infatti, sembra non seguire replica alcuna dopo il trionfo del 22 maggio. Chi tanto ha scritto, ideato e screditato, ad oggi risulta non pervenuto, o meglio, così è stato fino a pochi giorni prima di una certa firma. Sarebbe inoltre curioso sapere cosa si vede ad oggi nel futuro del Milan, se nuovamente critiche, pur legittime, o altro. Il ricredersi passa anche dal tramutare il #PioliOut, invocato da una tifoseria tutta, al tornare sui propri errati passi e far impazzare per gli stadi d’Italia l’inno d’amore del Milan 2022: Pioli is on fire. Il cammino del ricredersi, peraltro, passa anche dal rivalutare la politica definita da Elliott, attuata da Ivan Gazidis, Paolo Maldini, Frederic Massara e Geoffrey Moncada, trasferita da Stefano Pioli, incarnata da un gruppo squadra e vissuta da un popolo intero. Per concludere, per chi facilmente dimentica, la sopracitata è la medesima politica del celebre fondo giunto a Milano per “comprare i giovani, valorizzarli, venderli ed arricchirsi“.
Paragoni
Si facevano poi, paragoni. Quelli tra la gestione da parte di un fondo e la gestione dei ricchi magnati extra-europei. Tra il fondo speculatore con nel proprio destino l’obiettivo unico ed ultimo di affossare un club, e i ricchi magnati pronti a scucire quattrini dinanzi a qualsivoglia nome possa aizzare le folle e, così facendo, magari coprire con cori e canti dei rumori in sottofondo non propriamente graditi. Diversi sono infatti stati i passaggi scritti riguardo i nomi seguiti dal board sportivo rossonero, lo stesso che pesca dal Lyon B un ragazzo con zero presenze in Ligue 1, voglioso e deciso ad abbracciare a pieno un progetto e renderlo, con il tempo e con il proprio importante ed a tratti impronosticabile apporto, grande. Quanto a passaggi e progetti poi, c’è chi conosce entrambi i termini alla perfezione. C’è chi per 30 denari si vende al biscione in nome di…in nome di…in nome di.
Sul cosa fosse questo qualcosa si è dibattuto molto, facendo insorgere orde proclamanti un passaggio “in nome del progetto migliore“. Ecco trovato cosa fosse quel qualcosa dunque. Lo stesso qualcosa che ha certamente portato a trofei, diversi, oltre che ad una finale europea. Lo stesso qualcosa, inoltre, che ha portato con tanta velocità ai trionfi, e con la medesima a far risorgere nuovamente le orde in rivolta per “il tradimento“. Concetto particolare anche quello del tradimento: valido ed ineluttabile per chi lascia una città, ed un paese, per approdare in casa dei freschi Campioni d’Europa, ma al contempo giustificabile “in nome del progetto migliore“. Sarà, tant’é che i campionati premiano la costanza, il gruppo, la continuità di rendimento nel lungo periodo e…il progetto.
Pronostici
Come non giungere poi ai pronostici, quelli che volevano la squadra centrare il piazzamento europeo, pur se quello minore. Quanto invece ai più teneri e floridi, questi prevedevano addirittura il bis Champions. Le griglie di inizio stagione scatenano sempre facile ilarità. Evidentemente, che sia il campo a giudicare quanto pensato ed attuato nel corso dei mesi estivi, non è cosa particolarmente nota. Del resto viene naturale pensarla così, date le immancabili critiche e paragoni già citate, pronte ad infervorare alcune tifoserie e gettarne nello sconforto altre. Certi climi si creano anche così, o a voler analizzare in maniera più cordiale, certe sparate arrivano anche seguendo queste tappe.
Climi
E dunque i climi, i presagi di sventura, le tragedie sportive invocate e le maledizioni. Maledizioni come la celebre della numero 9, quella dinanzi alla quale un 33enne che fa 0 reti in un Mondiale giocato da titolare non può far altro che inchinarsi e deporre le armi. Le tragedie sportive, quelle ottenibili invocando Il Gasp figliol prodigo, chiamando l’ex a far tornare alla mente i ricordi del 23 dicembre di Bergamo ed a trasferirli in un San Siro gremito, pronti per farlo divenire valle dei fantasmi rossoneri, pronti per annunciare anticipatamente il termine della festa.
I climi poi, quelli che per una settimana invadono pagine e social, luoghi di lavoro e bar, presente e soprattutto passato. Sono quelli della Fatal Verona pronta a piombare nel 2022, sono quelli dei giocatori gialloblu implorati per un goal, un fallo od una parata in più. Sono quelli che nella settimana che accompagna, e che soave accompagnamento, ad Hellas Verona–Milan portano a dipingere scenari inauditi ed azzardare errati paragoni con un passato ormai troppo lontano. I presagi di sventura infine, sono quelli dei tifosi meteorologi che prevedono, al contrario del pianeta intero, piogge scroscianti sul 22 maggio di Reggio Emilia, a rievocare una volta ancora i paragoni con il passato.
2022 è il numero del Diavolo
Settimane e mesi intrisi di parole, scritte e pronunciate, cancellati inesorabilmente da tre reti in poco più d’una mezz’ora. Una stagione da squadra eternamente “meno attrezzata delle prime“, senza però tempo alcuno per immaginare che questo per lunghi tratti della stagione sia potuto corrispondere alla realtà date le assenze per via di covid, infortuni, Coppa d’Africa e geografia da VAR (per chi vuole intendere), avendo un’agenda fitta di improponibili ricorsi storici da rievocare, calciatori da implorare e danze delle pioggia varie. Una stagione vissuta all’insegna, per costrizione delle situazioni dipinte più che di evidenze del campo, del “Vinca il migliore, sperem de no“. Una stagione conclusasi con la vittoria dello Scudetto per il Milan. Sarà che “succede a chi ci crede“, sarà che Reggio Emilia è la città del destino del Milan di Stefano Pioli, sarà che il 2022 è il numero del Diavolo.
Da Reggio Emilia 2020 a Reggio Emilia 2022 il passo è breve, tanto quanto quello necessario a cancellare un percorso. Con la firma per il passaggio della maggioranze delle quote societarie nelle mani di RedBird Capital Partners i fantasmi tornano ad aleggiare, come se nulla fosse accaduto, come se nulla fosse realmente servito. I come se sarebbero tanti, forse troppi, tre su tutti però restano ben scolpiti. Uno nel libro della storia del club, uno nell’albo d’oro del campionato di Serie A e l’ultimo nel metallo di una certa coppa nella sala trofei di Via Aldo Rossi: “come se agire in maniera differente dalla massa fosse da condannare a priori, come se deviare dal percorso-Italia ed avvicinarsi a quello di una visione europea non fosse consentito, come se i tanto chiacchierati trofei poi, non fossero arrivati in bacheca, con il tempo“.
Chissà che Gerald Cardinale nei brevi passi tra la storia del Milan non abbia avuto modo di sfogliare il citato libro della storia del club e, al contrario di quanto chiacchierato da molti, possa portare avanti una tanto nuova quanto gradita modalità di pensare. Chissà che queste parole non possano tornare attuali tra un anno, o forse più. Chissà che in realtà, come proclamato da Stefano Pioli dinanzi alla sua curva ed ai suoi tifosi, “non ci avevano capito un c…“.