La storia del Milan ripercorsa attraverso i leggendari soprannomi affibbiati da Carlo Pellegatti ai protagonisti delle vare epoche milaniste. Pellegatti, storica voce nel commento pittorico delle partite del Diavolo oltre che uomo in rappresentanza del tifo rossonero così sul piccolo schermo e così su radio e carta stampata. Il guizzo e l’estro nel dipingere e nell’inventare nomi appropriati per ogni calciatore che ha marcato la storia del club, chi in positivo, molti, chi in negativo, solamente alcuni. Oggi ripercorriamo gli anni storici del Milan degli invincibili di Fabio Capello attraverso i soprannomi che hanno segnato il continuo dell’epopea del Diavolo dopo Arrigo Sacchi.
Milan, Pellegatti e la nascita di Fabio ‘Figlio di Bill Gates’ Capello
Se la squadra infermabile, divenuta iconica ed una schiacciasassi in ambito europeo, di Arrigo Sacchi è stata insignita del titolo di miglior compagine di club della storia del calcio, risulta facile pensare a quanto pesante sia stata l’eredità lasciata da Capitan Stubing al proprio successore sulla panchina di San Siro. La figura incaricata della pesante successione deve rispettare i sacri crismi imposti dal presidente Silvio Berlusconi: una figura dalla forte personalità, autorevole, carismatica ed in grado di reggere la pressione come pochi altri. L’identikit perfetto risponde al nome di Don Fabio Capello.
I trascorsi rossoneri di Capello si radicano nei precedenti anni della gloriosa storia del Milan. Dalle 65 presenze da giocatore sino ad un passato da tecnico della Primavera, vice in prima squadra, un breve periodo da allenatore traghettatore oltre che da dirigente della Polisportiva Milan, società facente capo al gruppo Fininvest. Uomo dal DNA dai legami rossi e neri, abile programmatore divenuto Il Figlio di Bill Gates per Pellegatti, nonché Windows 95.
La rosa dei miracoli rossoneri di Sacchiana memoria ha visto i principali adepti di quel calcio d’alta scuola restare al Milan. Don Fabio aveva dunque a propria disposizione sin dall’inizio il muro difensivo a quattro colonne composto da Djalma Santos Tassotti, La locomotiva della Brianza Costacurta, Elliott Ness il capo degli intoccabili Baresi e Cuore di Drago Maldini. Dinanzi a loro resisteva Carlo Terminator Ancelotti, l’uomo le cui ginocchia erano state ricomposte da fili di ferro e titanio, spalleggiato dal Figlio di Eolo Frank Rijkaard, affiancato a sua volta dal rientrante alla base dopo il prestito annuale al Padova, Metronomo Albertini. Davanti, a finalizzare ogni manovra offensiva, gli altri due tulipani, Ruud Tulipano nero Gullit, e Marco Guido Guinizzelli van Basten.
Dato un inossidabile telaio alla squadra guidata da Fabio Massimo, altra denominazione guadagnatasi negli anni da Capello, a quel Milan non restava che gettarsi a capofitto verso i trionfi nazionali. L’Europa gli fu infatti sottratta in occasione del nefasto quarto di finale di Coppa dei Campioni mai interamente disputato contro il Marsiglia. Quella partita del Velodrome, passata alla storia come La notte di Marsiglia, vide concludersi l’epopea Sacchi quando, in seguito ad un guasto riportato da un riflettore dell’impianto, Adriano Galliani decise di ritirare la squadra dal campo e, conseguentemente, abbandonare la gara. La decisione dell’ad valse infatti al Milan l’inibizione dalle competizioni europee per l’anno successivo.
Milan, Pellegatti e gli invincibili di Capello
Come detto, quell’anno al Milan non restava che attaccare a testa bassa sui due soli fronti nazionali, quelli di Serie A e Coppa Italia. Una difesa pressoché impenetrabile, furono solamente 21 le reti subite in 34 gare disputate, unita ad un attacco bombardiere da 74 reti in campionato consentirono ai ragazzi di Capello di guadagnarsi un appellativo storico.
Un campionato vinto per distacco, nell’anno dell’abdicazione di Arrigo Sacchi che andava a sfaldare un capitolo sostanzioso della storia dello sport, è già di per sé storia. Questo al Milan, a quel Milan, non bastava. La leggenda doveva continuare, la storia doveva continuare ad esser scritta, e così fu. La schiacciasassi europea venne trasferita e confinata in Italia, ma il risultato non cambiò. Una rosa guidata dal miglior Cigno di Utrecht, con 25 reti all’attivo, cannibalizzò la competizione sino al punto di vincerla con nessuna sconfitta all’attivo. Furono infatti 22 le vittorie e 12 i pareggi, tanti questi ultimi, ma non abbastanza da permettere al binocolo delle inseguitrici di mettere a fuoco un Diavolo da sempre in fuga solitaria.
Quella rosa, oltre ai magnifici undici che resero possibile l’inimmaginabile in quella stagione 1991/92, era composta da diversi singoli disponibili ad un minutaggio lievemente inferiore ma, una volta subentrati, in grado di rendersi decisivi. È il caso del Peter Pan rossonero, Marco L’apostolo del gol Simone, Chicco San Evani, Daniele L’uomo preferito da Jessica Rabbit Massaro o, il certamente più presente Luci a San Siro Donadoni.
Milan, Pellegatti e i soprannomi della rifondazione di Windows 95
L’armata di Capello vide in breve tempo un discreto numero di aggiunte d’eccellenza. La Diga approdò in difesa a bordo di Marcel Vagone nero Desailly, Il Conte Stefano Nava e Christian Dior Panucci, detto anche Profumo di classe. Nel reparto di centrocampo approdarono a Milanello: Angelo Carbone Il fiammingo, Lo skipper del centrocampo Stefano Eranio, Alessandro Velociraptor Orlando e le due perle assolute di quella squadra divenuta leggenda. Il primo, La maschera nera della Croazia, Zvonimir Zvone Boban, conosciuto anche come Zorro o Milano vende moda per via della sua eleganza, tanta quanta quella presente in una sfilata. Assieme a lui Il Genio Dejan Savicevic, detto La carezza del Montenegro in onore della qualità, stile, classe nonché delicatezza che contraddistinguevano i suoi gesti tecnici. La marcia offensiva dei rossoneri poteva vantare anche le aggiunte di Brian Piedi da delirio Laudrup, Easy rider Gianluigi Lentini nonché il Pallone d’Oro JPP le Moko Papin.
In seguito alla vittoria di due campionati consecutivi ed una Supercoppa Italiana, la stagione 1993/94 si aprì con un nuovo trionfo in Supercoppa. La Serie A fu nuovamente affare rossonero con, questa volta, tre sole sconfitte, l’ultima della quali giunta a campionato vinto nella giornata conclusiva a San Siro contro la Reggiana.
Milan, Pellegatti dipinge nella notte di Atene
Un Milan dalla dominanza clamorosa in Italia riuscì finalmente a trasferirsi anche nelle principali corti del calcio europeo. Superato il primo turno in maniera risicata contro gli svizzeri dell’Aarau, il Diavolo fece carne da macello di un’inerme Copenaghen che, nel doppio confronto, fu sovrastato da un netto 7-0. I rossoneri, imbattuti ed imbattibili, passarono il girone con quattro pareggi all’attivo e due sole vittorie, quanto bastava per svettare su Anderlecht, Werder Brema e Porto. Fu rapidamente sbrigata anche la pratica Monaco in semifinale, con tre reti a firma del Vagone nero Desailly, il Metronomo Albertini e Beep Beep Massaro a chiudere ogni gioco ed a consegnare a Windows 95 Capello le chiavi della finale.
Giungere alla finale attesa da anni, contro la squadra a quel tempo migliore al mondo, con due delle colonne di una squadra da anni alla rincorsa della Coppa Campioni sembrava porre il Milan già fuori da ogni gioco. La miriade di giornali sportivi mondiali infierì sul Diavolo, adibendo il teatro dello Stadio Olimpico di Atene al massacro sportivo del Barcellona sui ragazzi del Figlio di Bill Gates. Mahatma Baresi out, La locomotiva della Brianza Costacurta out, Easy Rider Lentini in ma per gran parte della stagione out in seguito ad un grave incidente stradale, Guido Guinizzelli van Basten out da inizio stagione, Il tulipano nero Gullit ed il Cigno nero Rijkaard ceduti in estate.
Bollettino di una strage milanista che, alla vigilia di quel 18 maggio 1994, sembrava dover acuire la catastrofe sportiva che il mondo profilava per lo scontro in campo con il Barcellona di Johan Cruijff. La storia, quella predetta e raccontata per giorni sui giornali, fu ben diversa da quella che prese poi vita in quel di Atene. Il Milan annichilì i blaugrana con un incontrovertibile e, fuori dagli ambienti di Milanello, impronosticabile 4-0. Beep Beep Massaro suonò due volte nel primo tempo gettando le basi per un secondo tempo da brividi.
Quando sul cronometro correva il minuto 47, Il Genio Savicevic decise, come da soprannome, di accarezzare una palla vagante sulla destra e farle percorrere una traiettoria che sussurrò a tutta la volta celeste prima di infilarsi dietro le spalle, e sotto la traversa, della porta difesa da un inerme Zubizarreta. La locomotiva nera Desailly sigillò il risultato sul 4-0 con un incursione centrale. Il Milan è di nuovo sulla vetta d’Europa, Il figlio di Bill Gates è per una notte sopra il padre, Capello ha compiuto l’impresa: la Coppa Campioni torna a Milano.
Milan, Pellegatti per l’ultimo canto del Cigno e l’aggiornamento di Windows
La vittoria della Coppa Campioni, unita alla Serie A, resero quel Milan la seconda squadra di club in Italia a riuscire nel doblete. La stagione successiva di doblete ne vede un altro, quello di Supercoppa Italiana e Supercoppa Europea. Le magiche notti europee sono però volte al termine, così per il Diavolo e così per Marco van Basten. La corte di Marco il Magnifico chiude infatti i cancelli placcati in oro, lo stesso di quel Pallone che ha vinto per tre volte, come solo Cruijff riuscì a fare sino ad allora. Dopo che i Piedi di Seta furono per la quarta volta accarezzati dai ferri medici del chirurgo Marc Martens, Guido Guinizzelli non riuscì più realmente a tornare a calcare i campi di gioco che per anni aveva illuminato. L’ultimo canto del Cigno di Utrecht gli fu strozzato in gola nel corso di quell’iconico saluto ai propri tifosi a San Siro. Quel canto, uscito singhiozzante dall’ugola del Cigno, bagnato dalle lacrime dei presenti, raggelò la Milano intera. Marco chiuse lì, le caviglie non ressero e supportarono il talento, MVB out.
L’ultimo atto dell’avventura del grande Milan di Fabio Capello venne messo in atto nella stagione 1995/96, quella del ritorno al titolo di campioni d’Italia, per la 15esima volta. Un Fabio Massimo che riuscì ad imprimere un dominio senza precedenti sul suolo italiano decise di cedere la propria corona al successore Tabarez. Il figlio di Bill Gates chiuse così la propria ennesima avventura in rossonero con 4 Scudetti, 3 Supercoppe Italiane, 1 Supercoppa Europea ed 1 Coppa Campioni vinte. Windows 95 decise così di lasciare per approdare al Real Madrid, Windows 95 decise così di rilasciare un nuovo aggiornamento.