La maglia numero 11 è tipicamente affidata ad un esterno d’attacco che grazie alla sua velocità e alla sua buona tecnica fornisce cross e palloni giocabili sui piedi dell’attaccante. Inoltre, chi gioca con quella cifra dietro la schiena ha tra le sue corde l’inserimento senza palla alle spalle della linea difensiva avversaria. Con la Roma di José Mourinho ad indossare questa casacca è Andrea Belotti, che sta facendo fatica nel trovare la via del gol. Nonostante ciò di giocatori che hanno indossato questa maglietta nella storia giallorossa ce ne sono stati molti, ma in pochi hanno saputo rappresentarne la vera essenza e lo spirito.
La voglia di fare gol di Rizzitelli
Il prototipo perfetto del numero 11, rapido nello stretto, veloce a campo aperto e in grado di fornire assist ai compagni, ma anche di trovare la via del gol. Il suo nome è Ruggiero Rizzitelli e rappresenta uno degli attaccanti più acclamati nella storia della Roma. Nato a Margerita di Savoia, cresce con due grandi amori: il mare e il calcio. Un bambino con alle spalle una famiglia dai sani valori che deve rinunciare all’offerta di trasferimento del Bari a causa dell’impossibilità di conciliare sport e studio. Il giovane talento però, non si vuole arrendere e la sua tenacia viene ripagata al punto che, nel 1984, entra nelle giovanili del Cesena.
Seppur felice per la nuova esperienza che lo attende, Rizzitelli soffre molto la mancanza di casa, ma ciò non lo distoglie dal suo obiettivo principale, ovvero quello di diventare un calciatore professionista. Dopo aver esordito con la maglia del Cesena, nella stagione 1986-1987 conquista la promozione in Serie A dove fa la sua prima apparizione. Le sue prestazioni fanno muovere la Roma del patron Dino Viola, che decide di acquistare il giovane attaccante che entra fin da subito nel cuore del tifo giallorosso. La sua tenacia e la sua voglia di fare lo rendono un beniamino agli occhi della Curva Sud che gli dedica anche un coro: “O Rizzitelli! Rizzi, Rizzi, Rizzi, Rizzitelli gol”. Dopo 6 stagioni passate alla corte capitolina arriva l’addio che vede il trasferimento al Torino, lasciando così i tifosi romanisti con la vittoria di una Coppa Italia e con tanti bei ricordi incisi nel cuore.
Di Francesco e le molteplici esperienze a Roma
Un centrocampista dinamico che svolge perfettamente il ruolo di mezz’ala: questo è Eusebio Di Francesco. Nato a Pescara, all’età di 15 anni entra nelle giovanili dell’Empoli con cui poi esordisce in Serie A tre anni dopo, nella sfortunata stagione del 1987-1988 dove la squadra toscana retrocede. Con il passare del tempo le sue qualità vengono fuori e l’annata successiva gioca 34 partite, ma ancora una volta la compagine scende di categoria. A quel punto è la Lucchese, militante in Serie B, ad acquistare il giovane ragazzo e questo rappresenta il suo trampolino di lancio che lo fa passare con la maglia del Piacenza. La tanta gavetta dà i suoi frutti e nel 1997 il centrocampista viene acquistato dalla Roma, con cui vince anche lo scudetto del 2001, entrando così nel cuore dei tifosi giallorossi. Dopo un anno dal suo ritorno, ma da allenatore, Eusebio decide di ricordare tramite un tweet i bei momenti passati insieme quando era lui a correre sul prato dell’Olimpico.
Emerson Ferreira da Rosa, il Puma giallorosso
A Pelotas nasce uno dei migliori centrocampisti sul panorama mondiale della sua generazione: abile nel recuperare palla, rapido nell’impostare la manovra, dotato di una buona corsa e di un gran tiro dalla distanza. Il suo nome è Emerson. Il calciatore brasiliano si mette in mostra al Gremio e su di lui piomba il Bayer Leverkusen che decide di acquistarlo. In Bundesliga conferma quanto fatto vedere in precedenza ed è lì che la Roma, club ricco di giocatori storici, decide di portarlo alla corte capitolina nel 2000. Un inizio non semplice però, che vede Il Puma seduto in tribuna a causa della rottura del legamento crociato. Le lacrime all’annuncio del suo nome allo stadio testimoniano quanto il classe ’76 ci tenesse ad essere presente in campo. Il tifo giallorosso però, rimane vicino al giocatore e al suo ritorno si rivede colui che per anni aveva dominato i campi da calcio in Brasile. Diventa uno dei protagonisti della grande annata dello scudetto del 2001 e della Supercoppa italiana, decidendo di lasciare la Capitale tre anni più tardi per trasferirsi alla Juventus.
Rodrigo Taddei e il suo Aurelio
Un calciatore abile nel dribbling utilizzato in tutte le posizioni del campo, un vero e proprio jolly dotato di una tecnica fuori dal comune. Il nome del calciatore che per anni è stato al servizio della Roma è Taddei. Un’infanzia difficile quella del brasiliano che, nonostante la fame patita in famiglia, decide che il suo obiettivo è solo uno, quello di diventare un calciatore professionista. Deve correre più veloce degli altri perché in Brasile di ragazzi bravi a giocare a pallone ce ne sono molti e allora lui si fa notare con il Palmeiras. Nel 2002 è il Siena ad acquistarlo e qui si verifica una vera e propria tragedia per il giovane Rodrigo: l’8 giungo 2003 è vittima di un grave incidente nel quale perde la vita suo fratello Leonardo.
Un dolore indescrivibile che però, con il passare del tempo lo tempra dal punto di vista caratteriale. Dopo tante sofferenze arriva finalmente l’occasione della vita di Taddei, perché è la Roma, guidata da Totti, che decide di acquistarlo. Nel 2006 durante il match di Uefa Champions League contro l’Olympiakos, Rodrigo esegue un nuovo gesto tecnico per superare l’avversario che viene coniato con il nome di Aurelio. Aldilà della finta, il brasiliano diventa un titolare inamovibile nella rosa di Spalletti e i tifosi giallorossi lo acclamano sempre di più. Ormai è entrato nel cuore del popolo romanista e la Capitale è diventata la sua seconda casa.
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Con l’addio di Spalletti e con i vari arrivi di Luis Enrique, Zeman e poi di Rudi Garcia, Taddei non è più una pedina fondamentale nella Roma e rimane indietro in quelle che sono le gerarchie dei vari allenatori. Nel 2014 il suo contratto con la società giallorossa non viene rinnovato e Rodrigo abbandona così la Capitale, dopo ben 224 presenze e 25 reti realizzate, ma soprattutto lasciando un grande vuoto nel cuore del tifo giallorosso.
Mohamed Salah, la freccia egiziana
Il numero 11 per eccellenza, dotato di grande velocità, di grande tecnica e in grado di convergere verso il centro del campo per concludere verso la porta con il suo piede forte, ovvero il sinistro. Questa è la descrizione di Mohamed Salah. Nato a Basion, fin da bambino segue una sola grande passione, ovvero quella per il calcio e i suoi idoli sono Zinedine Zidane e Luis Figo. Uno dei punti fermi nella storia della Roma inizia a muovere i suoi primi passi nell’Al-Mokawloon dove mette in mostra il suo grande potenziale. Nel 2012 ad acquistarlo è il Basilea ed è con questa maglia che si afferma come uno dei nomi più appetibili del calcio europeo.
A mettere le mani su Salah infatti, due anni dopo è il Chelsea che però, non lo ritiene ancora pronto per la Premier League e decide di mandarlo in prestito alla Fiorentina dove, in pochi mesi, diventa uno dei giocatori chiave della rosa. Alla fine della stagione l’egiziano torna con i Blues e la Roma, società dalla grande storia, approfitta dell’occasione per acquistarlo. Gol, assist e grandi giocate questo quello che caratterizza l’esperienza con la società capitolina di Momo che fa letteralmente impazzire il pubblico romanista. Nel 2017 però, il Liverpool decide di portarlo con sé ponendo fine alla grande favola tra la Capitale e Mohamed che lascia la città eterna con 83 partite disputate e 34 reti segnate.
Aleksandar Kolarov, il treno serbo
Più di un semplice terzino che poteva essere schierato anche come esterno di centrocampo. Dotato di un carattere forte, da leader assoluto, e di un mancino potente che lo rendeva una mina vagante quando si parlava di una punizione o anche di un semplice tiro dalla dalla distanza. Il suo nome è Aleksandar Kolarov. Nasce a Belgrado, dove nonostante la tenera età deve fare in fretta a crescere a causa dei bombardamenti causati dalla guerra in Jugoslavia nel 1991. Un bambino che non può permettersi di essere spensierato, deve pensare a sopravvivere. Questa è stata l’infanzia che ha segnato uno dei terzini della storia della Roma. Il calcio però, in un modo o nell’altro, lo salva portandolo lontano da quella nuvola di brutti pensieri.
Dopo alcune esperienze tra cui quella nel Belgrado nel 2007 arriva la svolta per Kolarov che viene acquistato dalla Lazio. Con questa maglia trova la sua consacrazione e tre anni più tardi si trasferisce al Manchester City. Con i The Citizens vince e convince, alzando anche molti trofei: 2 campionati (2011-2012, 2013-2014), 1 Community Shield nel 2012, 1 Coppa d’Inghilterra (2010-2011) e 2 Coppe di Lega inglese (2013-2014, 2015-2016). Nel 2017 termina la sua esperienza in Premier League e la Roma, guidata dalla presidenza Pallotta, decide di acquistare il terzino. Il calciatore serbo si rivela fin da subito una grande arma per la rosa giallorossa e gli viene affidata la completa responsabilità sui calci piazzati. Dopo tre stagioni nella Capitale Aleksandar si trasferisce all’Inter dove però, troverà pochissimo spazio, decidendo poi di ritirarsi il 19 giugno 2022.
Andrea Belotti, il canto del Gallo
L’ultimo della trafila dei numeri 11 è un giocatore che di ruolo fa la prima punta, dotato di una buona struttura fisica, di una buona tecnica e che fa della grinta la sua arma migliore. Il suo nome è Andrea Belotti. Di attaccanti forti la Roma ne ha avuti molti, ma in pochi hanno ricevuto un’accoglienza come la sua nella Capitale. Dopo aver esordito tra i professionisti con la maglia dell’Albinoleffe è il Palermo a dargli la possibilità di giocare in Serie A e il Gallo la coglie al volo. Le sue prestazioni migliorano sempre di più e a mettere gli occhi su di lui è il Torino che decide di acquistarlo. Da qui nasce la grande storia d’amore tra il club granata e il calciatore che però finisce, nel 2022, a causa del mancato rinnovo tra le parti.
Belotti rimane senza squadra, ma tra le tante contendenti ad avere la meglio, anche per la volontà del calciatore, è la Roma, allenata da José Mourinho. Il suo arrivo nella Capitale è stato acclamato a gran voce dalla tifoseria giallorossa che ha visto in lui il compagno di reparto perfetto per Tammy Abraham, ma fino ad ora così non è stato. Andrea infatti, ad oggi, ha deluso ampiamente le aspettative sia in termini di prestazioni che a livello di numeri. Ancora a secco in campionato infatti, l’ex capitano del Torino, nella seconda parte di stagione, dovrà cercare a tutti i costi di tornare al gol per far cantare di nuovo il Gallo che è in lui.