❤️‍🔥 De Rossi come Gattuso al Milan: Roma, non abbandonare DDR

Lo spettro di Gattuso del Milan 2017/18 aleggia su De Rossi, in un percorso che presenta similitudini inquietanti: compito della Roma sarà non abbandonare il proprio allenatore, per pianificare al meglio una prossima stagione che dovrà essere tanto di riscatto quanto di conferme

Lorenzo Zucchiatti A cura di Lorenzo Zucchiatti

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Un malumore che era quasi stato dimenticato in casa Roma, dopo 4 mesi in cui De Rossi ha riportato gioco, passione, fiducia in un ambiente che aveva perso qualsiasi speranza non solo di fare risultati ma anche di divertire la propria gente. Alla base un calo fisico fisiologico dopo un periodo condotto in apnea, cercando di rimediare ad un operato quanto meno discutibile fino a quel momento, con una rosa decisamente più valida di quanto fatto passare ma un po’ corta.

I big match dell’ultimo mese hanno presentato il conto degli sforzi fisici e psicologici fatti fino a questo momento, con il risultato di una finale di Europa League sfumata ed una qualificazione alla prossima Champions League che ora si fa più che mai complicata. Al di là di come finirà questa stagione, che ha comunque messo in mostra tutte le doti di un De Rossi che può ancora migliorare tantissimo, la Roma deve far fruttare queste buone premesse.

Sono giorni importanti nella capitale, che potrebbero dare indicazioni sull’asset che i giallorossi avranno da quest’estate in poi. A cominciare dalla scelta del Ds, che dovrebbe portare all’ex Nizza Ghisolfi, e su questo macro argomento si pone la nostra analisi: ciò che la Roma non dovrà fare sarà abbandonare De Rossi, pensare che “capitan futuro” possa risolvere con la bacchetta magica tutti i problemi che la Lupa ancora ha, per non replicare ciò che accadde a Gattuso al Milan.

De Rossi e Gattuso, un percorso analogo

Vuole essere quasi una provocazione, ma fino ad un certo punto, posto che appare come un percorso analogo quello che il Gattuso 2017/18 e il De Rossi 2024 stanno avendo. Seguiteci: due giocatori con lo stesso ruolo, abbastanza simili, seppur l’ex centrocampista giallorosso con più tecnica, chiamati, alla loro prima vera esperienza in un grande club, dalle squadre di cui sono stati simboli e per le quali hanno dato l’anima, Milan e Roma.

Perché chiamati? Perché ritenuti gli unici, visto il loro passato, in grado di risollevare due ambienti profondamente sfiduciati dall’annata fin lì: DDR arriva con la squadra al 9° posto e senza una bozza di gioco, Ringhio raccoglie un Milan disastrato dopo la gestione Montella e con una situazione societaria preoccupante. Il risultato? Una grande partenza per entrambi, con anche il rispettivo derby vinto per 1-0, in campionato la Roma e in Coppa Italia i rossoneri (gol di Cutrone).

Tale cambio dunque porta una ventata d’aria fresca, risultati positivi, nonché la valorizzazione di giocatori fin lì opachi: i vari Paredes, Pellegrini, Svilar nella Roma, Calhanoglu, Calabria nel Milan, giusto per fare un paio di esempi. Tifosi e società si legano in maniera forte a De Rossi e Gattuso, personalità già amate di loro che, in più, parlano in maniera schietta, diretta e, soprattutto, rispondono sul campo.

E poi? Il crollo: Milan che viene eliminato per mano dell’Arsenal dall’Europa League, mentre ci ha pensato il Leverkusen ad archiviare la Roma, per poi perdere 4-0 con a Juventus la finale di Coppa Italia, mentre De Rossi ha ceduto il passo in campionato ad un’Atalanta che avrebbe meritato di vincere con lo stesso punteggio. Gattuso si dovette accontentare alla fine dei conti del 6° posto in Serie A, quello che potrebbe toccare a DDR. Similitudini decisamente inquietanti.

Roma, non commettere gli errori del Milan

Questo per quanto riguarda la stretta attualità, ma è adesso che, guardando a quelle che furono le mosse dei rossoneri successive a quella stagione, la Roma non deve commettere gli stessi errori fatti dal Milan: il lavoro di Gattuso fu apprezzato tanto dagli addetti ai lavori quanto dalla piazza, e gli valse la conferma per il 2018/19. Il tecnico però fu a quel punto un po’ abbandonato, e le scelte della nuova proprietà, il fondo Elliot, apparvero slegate con il pensiero dell’allenatore.

Arrivò come direttore Leonardo, un uomo con cui Gattuso non legherà mai, e fu condotto un calciomercato appariscente ma che si rivelerà disastroso: quasi 80 milioni spesi per portare a Milano giocatori come Caldara, Castillejo, Laxalt ed un Higuain sul viale del tramonto, oltre agli arrivi di Paquetà e Piatek a gennaio 2019. Ciò che venne fuori fu una stagione non esaltante, terminata al 5° posto, fuori dalla Champions, e con la fine dell’avventura di Gattuso sulla panchina del Milan, al quale faranno seguito prima Giampaolo e poi Pioli.

De Rossi insieme a Dan e Ryan Friedkin

Roma che dunque può guardare a ciò che sono stati i rossoneri di quella stagione per lavorare diversamente, ora che il club sarà chiamato a pianificare un’annata che, al di là di Champions o Europa League, dovrà sfruttare le cose buone che ha fatto vedere De Rossi per creare un progetto solido, in sinergia con l’allenatore che è stato confermato a prescindere dal risultato finale.

De Rossi non è un parafulmini

Prima di pensare a chi resta e chi parte sul calciomercato, la scelta del nuovo direttore sportivo sarà la prima mossa, e l’imminente arrivo di Ghisolfi sembra già la prima decisone presa a tavolino dalla dirigenza giallorossa, posto che non ci sono indicazioni che facciano capire come questa fosse avvalorata anche dall’allenatore. Al di là dell’ex Nizza comunque, un concetto deve essere chiaro: De Rossi non può essere il parafulmini per tutti i problemi della Roma.

Parliamo di un tecnico comunque alle prime armi, che sta ancora imparando a camminare nel grande calcio, con una personalità tra l’altro non da dittatore come un Conte e o un Mourinho, abili a muoversi a maggior ragione se lasciati soli e liberi di fare. A DDR servirà tutta la fiducia ed il sostegno possibile, nonché uno staff, possibilmente scelto da lui, che lo guidi in una stagione intera, fatta di momenti di esaltazione ed altri in cui bisogna stringere i denti. Insomma cara Roma, c’è una dirigenza da definire bene, ma soprattutto, non abbandonare De Rossi.

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