✨ Matias Soulé non è come gli altri

Matias Soulé incanta nella notte di calcio internazionale con l'Argentina U23, lanciando un messaggio a Scaloni e alla Juventus: il 2023/24 è servito per conoscerlo, ma sarà la prossima stagione a fare da spartiacque per la sua carriera. Che è sì aperta ad ogni futuro possibile, ma con una certezza: Mati non è come tutti gli altri

Luca Vano
16 Minuti di lettura
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Serve vederlo bene. Anzi rivederlo di sicuro una seconda volta, perché la prima non chiarisce nulla. “Come l’ha presa? Con che parte del piede? Di tacco?” si legge tra i commenti degli ormai invadenti reels di Instagram, divenuti pozzo di highlights sportivi del nuovo millennio. Oggetto della discussione social è il gol di Matias Soulé con la maglia dell’Argentina U23 ai danni dei pari età del Messico, che ha contribuito a fissare il punteggio sul 4-2 finale – anche grazie alla doppietta dell’attaccante della Fiorentina, Lucas Beltran.

Un pallone proveniente da destra, a seguito di un’azione avviata da lui stesso, costringe l’attaccante del Frosinone ad una soluzione rapida e di prima. Nell’area messicana la sfera giunge come tante altre in tanti altri campi del mondo, non più ormai con quella pulizia di cross a cui i terzini ci avevano abituato tra gli anni ’90 e i primi duemila. Un rimbalzo basta a smorzarne l’impeto spingendo Soulé a colpire saltando, leccando la traiettoria alle spalle del portiere avversario. Immobile, rassegnato.

Questione di equilibrio

Ora, tralasciando il fatto che questa soluzione per concludere a rete verrebbe bocciata da 99 allenatori delle giovanili italiane su 100 al grido di “gioca semplice”, quello che ha fatto Matias in casa del Messico è istinto puro, roba da campetto o al massimo da rifinitura del sabato in allenamento. Con tanto di applausi e ironia: “Si, fallo ora. Poi la domenica…”. Ecco, in realtà sul talento argentino non è bene cucire questo vestito. Perché giocate simili, quest’anno, le ha regalate letteralmente 7 giorni su 7, h24.

Il gol di Soulé è dunque divenuto virale e con sé trascina l’opinione pubblica, in piena coerenza con l’effetto Retegui che avvicina l’attaccante del Genoa ad una squadra diversa di Serie A ogni qualvolta trova il gol in Nazionale. Il giocatore di proprietà della Juventus si è dunque trasformato nel giro di 6 ore da possibile pedina di scambio con l’Atalanta per Koopmeiners a pilastro del futuro della Signora, da fantasista in difficoltà a Frosinone ad unica ancora a cui aggrappare i sogni salvezza.

Per questo ci pensiamo noi a riportarvi alla realtà, attaccandovi i piedi al terreno così da non cadere in distorsioni qualora Mati decidesse di ubriacarvi con qualche finta. Sia ben chiaro: Soulé non è come gli altri. Si vede da come cammina in campo, prima che dalla corsa. Dalla testa alta prima di ricevere il pallone, dalle innumerevoli volte che pesca il vicolo in verticale piuttosto che l’autostrada alla sua destra. Con buona pace del terzino di turno, che corre spesso a vuoto.

Matias Soulé, Argentina
Matias Soulé, Argentina @Twitter

Tra i delfini in Serie A

Detto ciò, l’opposizione a tale tesi potrebbe poggiare sui numeri: 2 gol nelle ultime 9 con i ciociari, in piena lotta salvezza. Ma tale obiezione risulterebbe valida solo se si fosse andati in ibernazione a novembre, risvegliandosi ora per commentare la stagione del Frosinone. Se la squadra di Di Francesco ha overperformato nella prima metà di stagione, lo deve anche al talento del suo numero 18. L’unico con la licenza di svariare, inventare, colpire da ogni posizione in un contesto che rischiava sulla carta di comprimerne le qualità.

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Non è stato così. Lo dimostrano le sirene di mercato, un assist più delizioso di quelli che si aspettano Cheddira e Kaio Jorge per mostrare – anzi, confermare – l’ambizione di un ragazzo classe 2001, arrivato a 19 anni nella Juventus dal Velez con tanto di scherno di una radio di Buenos Aires: “In Italia andrà ad allevare i delfini”. In attesa di scoprire data e ora della chiusura delle trasmissioni, Soulé ha piazzato la testa sulle spalle rinunciando alle avances arabe a gennaio.

Luciano Spalletti, CT Italia
Luciano Spalletti, CT Italia @livephotosport

Saper dire no

Una capacità di opporre il proprio polo positivo a quello altrettanto positivo dei milioni, creando quindi la repulsione giusta a calamitarlo ancora in Italia. Dove sarebbe potuto finire anche in zona Coverciano grazie alla discendenza dei nonni materni, se non avesse sempre avuto questa innata capacità di saper educatamente rifiutare. A Spalletti disse no, perché si sente argentino. E con il gol segnato contro il Messico ha alzato la mano dall’ultimo banco, chiedendo a Scaloni cos’altro bisogna fare per avere una chance nella prossima Coppa America.

Qualsiasi decisione verrà presa dal CT, tuttavia, sarà accolta di sicuro con il sorriso silente di chi sa di avere ancora una carriera davanti. Una trasmissione di valori e idee arrivate per direttissima dal padre Nestor, che per ammissione dello stesso Soulé ha vissuto una vita lavorativa ricca di sacrifici. Nessuna retorica del calciatore famoso dopo un’infanzia difficile, ma un genitore che dopo una settimana di lavoro alle poste – “13-14 ore” – era lì ad accompagnare il figlio al Velez, dormendo in auto, è una bussola il cui Nord è sempre ben impostato. Impossibile, quindi, da non seguire.

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Paragoni scomodi: da Dybala a Di Maria

Un altro degli effetti a cascata della rete spettacolare con l’Argentina U23 è il sempre piacevole (ironia, eh) gioco delle somiglianze. Una vera e propria ghigliottina mediatica per un giovane calciatore, poiché si fa presto a concorrere a chi la spara più grossa, divenendo virali ed etichettandolo come il nuovo Messi di turno agli occhi dell’opinione pubblica. Che in caso di declino, poi, come un ingiusto contrappasso dantesco finirà con l’assaltare il giocatore stesso.

Per questo anche in questo ambito occorre la giusta combinazione di fantasia ed equilibrio, a partire dal paragone più scontato che avvicina Soulé a Dybala. Tra i due intercorrono quasi dieci anni di differenza ma l’aspetto adolescenziale della Joya riduce l’effetto ottico da fratello maggiore. Entrambi mancini, il romanista è giunto ad un punto della carriera in cui la dote più determinante la mette in mostra negli ultimi 16 metri.

Paulo Dybala, Roma
Paulo Dybala, Roma @livephotosport

Cattivo nel calciare, superbo nell’assistere, Dybala si è evoluto anche per gestire il proprio fisico abbassando la percentuale di lavoro da tuttocampista. Cosa che, di contro, a Matias riesce tremendamente bene nel Frosinone proprio come Paulo si proponeva di fare nell’ultimo periodo alla Juventus, nell’oscillazione tra Sarri, Pirlo ed Allegri. Coprire più zone del campo permette al calciatore del Frosinone di ravvivare palloni spenti, saltare l’uomo con frequenza. Sentendosi vivo e prendendosi le giuste responsabilità.

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Tuttavia, l’evoluzione della carriera di Soulé potrebbe portarlo ad assumere i tratti di un altro calciatore argentino, che come Dybala ha vestito già la maglia della Juventus: Angel Di Maria. Alt. Riavvolgiamo il nastro: non stiamo parlando del nuovo Di Maria. Ma per movenze e posizione in campo, qualora il prossimo allenatore di Soulé – Thiago Motta?? – optasse per un vestito da ala, allora potrebbe bissarne qualche colpo tipico. Su tutti, l’abilità di andar via sia sul piede destro che sul sinistro all’avversario.

Tra tattica e istinto: la Juve e Allegri

Di certo, il 18 del Frosinone e di proprietà della Juventus ha dimostrato una certa repulsione a navigare nel traffico della corsia centrale del campo. Sia per dettami di Di Francesco che per istinto puro, la preferenza è sempre quella di partire da destra per avere una visione maggiore “calpestando” la linea. Tutto l’opposto dell’ormai celebre impiego a uomo su Brozovic nell’Inter-Juventus della scorsa stagione, in cui l’argentino è stato di fatto sacrificato da Allegri per schermare l’attività del croato nerazzurro.

Già, Allegri. Un paradosso incredibile nella carriera percorsa finora da Soulé: l’allenatore che gli ha permesso di esordire e segnare il suo primo gol in Serie A è allo stesso tempo il tecnico con cui ha giocato meno – a cavallo delle due stagioni da aggregato in Prima Squadra – nella propria posizione ideale. Una spinta ulteriore dunque per il prestito di quest’anno, che di certo lo stesso Max ha avallato con l’obiettivo di restituire alla Juventus un calciatore più pronto nella prossima annata.

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Massimiliano Allegri, Juventus
Massimiliano Allegri, Juventus @Twitter

Fantasia cercasi

Il paradosso diventa, però, duplice se si pensa alla mancanza di fantasia di cui soffre adesso la Juve. Come un filo sottile ma continuo che va deteriorandosi, allo Stadium ci si è liberati dell’estro di Dybala, intravisto per un attimo in Soulé e lasciato partire momentaneamente. Salvo poi comprendere di aver ancora bisogno di fantasia, dato che la sola potenza di Chiesa e Vlahovic rischia di non risolvere tutte le situazioni più intricate.

Ed è qui che Allegri non si è fatto problemi a lanciare Yildiz, salvo poi riservargli lo stesso trattamento del suo predecessore argentino: poco spazio, pochi spezzoni. E spesso lontano dalla porta. Il cuore della critica anti-allegriana se vogliamo ruota proprio attorno a tali decisioni, le stesse che nell’ultimo biennio hanno visto alti e bassi nella gestione prima di Fagioli, poi di Miretti. Ci si chiede se il tecnico livornese sia l’ideale per i giovani, che investe di responsabilità ma a targhe alterne. Anche nello stesso match, vedasi il trattamento riservato a Nonge a Napoli.

Il futuro di Soulé

La riflessione sul futuro di Soulé a Torino, dunque, non può far altro che passare per la prossima guida tecnica. In caso di permanenza dell’attuale allenatore, allora non è impossibile ipotizzare il sacrificio già citato nell’affare Koopmeiners con l’Atalanta: non tanto per questioni numeriche, ma tecniche. La Juventus viene infatti vista ancora come una squadra in convalescenza, impossibilitata a schierare contemporaneamente tanti calciatori offensivi.

In caso di arrivo di Thiago Motta, indiziato numero uno a fronte dell’ottima annata a Bologna, il discorso potrebbe leggermente mutare. Soulé è più thiagofilo di quanto si possa immaginare, basti vedere il lavoro svolto quest’anno su Orsolini che – con ogni probabilità – ne suggellerà il peso specifico con la convocazione ad Euro 2024 con l’Italia. In ogni caso, vista l’età e la prospettiva, la prossima stagione sarà quella davvero spartiacque per la carriera dell’argentino.

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Matias Soule, Frosinone
Matias Soule, Frosinone @livephotosport

Il lato oscuro di Mati

Concentrandosi sul presente, cosa può migliorare ancora Mati? Le note dolenti iniziano con i momenti di sofferenza della propria squadra. A Frosinone, da inizio 2024, è accaduto talvolta di subire il gioco avversario e in quelle situazioni di pressione – più psicologica che fisica – pur di tentare la giocata illuminante, Soulé perde ancora troppi palloni. A mancare dunque non è la qualità, ma la malizia nel gestire le situazioni: un plus da acquisire solo e soltanto con l’esperienza.

C’è poi il fisico da gestire e mantenere, ed è qui che si apre un bivio piuttosto consistente. Sebbene il calciatore di scuola Velez sia ancora esile nella muscolatura, scegliere di andare a costruire su di lui un lavoro di rafforzamento muscolare rischia di rivelarsi controproducente. Non ci addentriamo in questioni di medicina sportiva né di preparazione atletica, solo di logica poiché un fisico più massiccio potrebbe comprometterne l’agilità nei movimenti sullo stretto. La vera caratteristica che lo rende una gemma rara in Italia e in Europa.

Obiettivi

Tirando le somme di cosa sia e cosa potrebbe diventare Matias Soulé è impossibile costruire un’unica retta via futura. Un po’ come accade nella Teoria del Multiverso sdoganata nei prodotti disegnati e visivi della Marvel, vi è un’infinità di realtà parallele in cui il talento albiceleste può oscillare tra talento affermato e germoglio inespresso. Diventa fondamentale, dunque, il livello di scelta da compiere.

Obiettivo del ragazzo è senza dubbio quello di salvarsi con il Frosinone e restare nella Juventus. Il club che prima di tutti ha creduto in lui e che, al momento della scelta tra un ventaglio di pretendenti in Europa, non ha esitato ad accettare. Nonostante il raziocinio espresso dal procuratore: “Prenditi il tuo tempo per pensare”. Dieci minuti dopo, la decisione è ricaduta sulla Vecchia Signora nel bel mezzo di una grigliata in famiglia.

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Forse un presagio di come le scelte importanti vadano prese con una buona dose d’istinto, ma sarà solo il tempo a dargli ragione. Gli elementi ci sono, anche per costruire attorno a sé l’immagine di bravo ragazzo, concentrato sulla carriera, la famiglia e gli affetti che tanto piace all’opinione pubblica. Ma soprattutto agli allenatori, indipendentemente da chi avrà il compito di confermare in Serie A – o altrove – una delle concentrazioni di calcio più luminose del calcio europeo.

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