Il ritorno alla settimana di gare porta il circo itinerante della MotoGP a far tappa oltralpe, in quel di Le Mans. Lo storico tracciato francese ospita le tre classi in un classico weekend sulle rive del Sarthe le cui certezze vengono puntualmente ribaltate e cancellate in favore di un GP senza esclusione di alcun colpo di scena. È il momento del round sette, è il momento della gara di Le Mans.
Fabio Quartararo pregusta un weekend da passerelle accolto dalla folla di casa come eroe assoluto ed incontrastato di Francia, già dal giovedì il circuito nella Loira è infatti una bolgia da stadio. Ad acuire ancor più cori e tifo della tifoseria di casa sono le prestazioni nelle mattinate di venerdì e sabato da parte del Diablo, pressoché sempre al comando di ogni turno grazie a passo infernale e giro secco in linea con i rivali in rosso. Per un Diablo che vola restano da fare i conti con chi porta i colori del suo habitat infernale sulla carena. Il poker Ducati oltre all’Aprilia di un costante Espargaro mettono infatti a dura prova tempo, ritmo e soprattutto forza mentale di un Diavolo frenato dal proprio mezzo tecnico.
Moto3, Masia trionfa dopo la red flag, crollo Foggia all’ultimo respiro
QUALIFICHE – Un Q1 che vede Bartolini, Ogden, Nepa e Toba concludere anticipatamente il proprio sabato di qualifiche conosce anche il passaggio al turno successivo di Oncu, Fellon, Bertelle e Riccardo Rossi. I vari dashboard dei piloti in Q2 si infiammano di settori rossi ad ogni passaggio dinanzi alle fotocellule, così come un Dennis Foggia che dimostra di essere on fire sin dalle prime battute del sabato. Il rocket si prende infatti la prima pole in carriera davanti al compagno Tatsu Suzuki, ritrovato dopo vari GP d’assenza dalle vette, Jaume Masia e Moreira. Solo sesto Andrea Migno che precede Guevara, Rossi ed Oncu. Crolla invece Sergio Garcia 11°.
GARA – Lo start incrociato di Jaume Masia gli consente di restare nel gruppo di testa, così come consente a Diogo Moreira di prendersi la momentanea leadership bruciando tutti allo spegnimento dei semafori. Gioia, quella dei due citati, che dura ben poco: le cadute dei principali protagonisti quali Rossi, Migno, Sasaki ed il duo GasGas richiamano l’attenzione della direzione gara all’acqua sul circuito. A nemmeno tre giri completati vengono esposte le red flag che impongono a tutti di rientrare e consentono a chi ha già commesso un errore di rimediare, salvo il celere ausilio dei meccanici nel sostituire carene e componenti varie.
La solita Le Mans scherza, come di consueto, con i fenomeni metereologici, salvo poi far risplendere il sole dopo pochi minuti e consentire così ai piloti di prendere parte ad una gara più breve rispetto a quanto atteso. Il secondo start non si discoste eccessivamente dal primo, con i soliti là davanti a lottarsi il podio. Con il gruppo che va via via sgranandosi alcuni sono costretti a dare l’addio ai leader e restare in lotta nel solo ventre della gara. È il caso di Andrea Migno che, in ingresso della 14 viene spinto largo da una manovra troppo aggressiva di Carlos Tatay, rimasto peraltro impunito. I giri rimanenti scarseggiano, così come l’equilibrio di Xavi Artigas che scivola a terra terminando così la propria gara.
Al passaggio sul traguardo che decreta l’inizio dell’ultimo giro Dennis Foggia passa per primo, così da dare il via al proprio precipitare in classifica. Prima Masia alla variante, poi Sasaki in staccata dall’interno ed infine il rivale nella lotta al titolo Guevara, questi a due sole curve dal termine superano Dennis che chiude quarto un ottimo weekend, rovinato unicamente da un ultimo giro con alcune sbavature e lieve mancanza di quel mordente che lo contraddistingue. Vince Jaume Masia davanti a Sasaki ed appunto Guevara prima del rocket Leopard. Quinto Suzuki prima di Tatay e Garcia. Oncu 9° precede Migno ed Holgado, solo 13° invece Rossi.
Moto2, Augusto Fernandez si impone nel duetto con Acosta, Vietti redivivo
QUALIFICHE – Il purgatorio al quale si costringe Celestino Vietti gli si rivela fatale quando spreca un vantaggio millesimale all’ingresso nel T4 a bandiera a scacchi già esposta, terminando così 5° una Q1 beffarda che lo vede out per soli sei millesimi di secondo. Si qualificano invece Dalla Porta, Aldeguer, Bendsneyder e Jorge Navarro. L’iniziale foga che conduce Sam Lowes alla virtuale pole position gli si ritorce contro quando, in push totale, finisce per essere disarcionato dalla propria moto e compromettere così una qualifica iniziata nel migliore dei modi, salvo poi conoscere un epilogo ben differente. Pedro Acosta brilla per la prima volta dal salto di categoria e, limando il record della pista, si porta a casa la pole. Dietro di lui seguono Dixon, Augusto Fernandez, Lowes, Arenas e Lopez. 9° un Arbolino in totale controtendenza con quello apprezzato sin qui, davanti a Canet e Navarro.
GARA – Lo scatto premia i due KTM che, partendo entrambi dalla prima fila, si involano sin da curva 1 verso una fuga solitaria. Il caos della variante premia loro ma si rivela fatale per Tony Arbolino che, rimasto intruppato nel gruppone, termina la propria gara nella ghiaia con la compagnia di Fermin Aldeguer. Il passo di Acosta e Fernandez è qualcosa di mai visto ed in ogni caso inarrivabile, tanto da spingerli diversi secondi oltre la concorrenza guidata da Canet. Lo spagnolo portava con sé anche Arenas e Lopez sino a quando, il primo, non valuta erroneamente un potenziale sorpasso e finisce per fare strike con il rivale. Spostando il focus sulle retrovie invece, si può trovare Celestino Vietti, il quale anticipa il compagno d’Academy ma non di categoria battezzando male una staccata e finendo impantanato fuori pista, perdendo dunque posizioni, distacco nonché diversi secondi. Se Celin necessitava di uno scossone tuttavia, questo è certamente arrivato con il proprio lungo: da quell’istante parte il rimontone di un Cele redivivo che, al termine della gara, conclude 8° la propria risalita iniziata quando era ancora 20°.
Tra un lungo ed una caduta c’è il tempo per il ritorno alle origini da parte di Pedro Acosta che, ancora intento a scrollarsi di dosso il compagno di box, forza troppo nel curvone e lancia la moto ad incastonarsi nella ghiaia. Di sfide a questo punto ne restano ben poche, Augusto Fernandez cancella settimane, mesi ed anni complessi, cancellando anche la dicitura riguardante la propria ultima vittoria recitante anno 2019. Augusto vince davanti ad un gran Canet e Chantra. Seguono Beaubier, Ogura e Schrotter. Vietti come detto conclude 8° davanti ad Jorge Navarro anche se, una menzione d’onore, va a Stefano Manzi che chiude 10° una gara ospite in Moto2.
MotoGP, Enea cala il tris per una ‘domenica Bestiale’
QUALIFICHE – La sfida Mondiale tra i più attesi nonché grandi protagonisti della passata annata si consuma nel Q2 di Francia. Bagnaia parte forte, girando da solo con alle spalle il solo “fido scudiero” Jack Miller e si piazza sin dai primi istanti di qualifica in vetta alla classifica. Fabio Quartararo non può che rispondere alla chiamata e ribattere con la propria nuova pole provvisoria, cancellando a Pecco il primo tempo per soli 11 millesimi.
Quando il cronometro concede ai 12 piloti un solo ulteriore minuto per migliorare il proprio piazzamento, il numero 63 inanella quattro settori da fantascienza dopo quanto fatto ad Jerez e stampa l’1:30:450 che, oltre a valergli il primo posto in griglia, gli consegna tra le mani anche il nuovo record assoluto del circuito. Jack Miller segue il compagno così in pista e così in classifica chiudendo 2° prima di Aleix in Aprilia. Quartararo tiene fede al cognome stampando il quarto tempo prima di Bastianini, Zarco, il duo Suzuki e un disperso Jorge Martin. Chiude la seconda qualifica il trittico Honda capitanato da Marc Marquez in decima.
GARA – Sin dal rilascio della frizione giungono i primi verdetti del weekend: Jack Miller è fulmineo e finge la fuga, Aleix e Quartararo no e su di loro giunge la condanna di una gara da binocolo. Sgranandosi la confusa fila indiana di partenza vanno formandosi i primi gruppi, Alex Rins tenta dunque di trovare una propria collocazione in gara forzando la mano sul gas in curva 1, finendo per darsi al cross su ghiaia e culminando l’opera con una frustata sull’asfalto francese che gli impone l’addio alla gara. Davanti Pecco Bagnaia dopo alcuni giri di silenziosa attesa infila il compagno Miller e si porta al comando di una gara tranquilla solo all’apparenza. Enea Bastianini nel mentre osserva, con gli occhi furenti della Bestia, da debita distanza sentendo via via acuirsi il profumo degli scarichi del secondo in rosso. Alle proprie spalle Espargaro e Quartararo non ingaggiano mai una vera e propria battaglia, con Aprilia solida dinanzi ad una Yamaha incapace di emulare alle spalle di avversari le stesse prestazioni offerte in solitaria.
Un Marc Marquez che è la sola lontana ombra del sé del passato conduce una gara a velocità di crociera ai margini della top-10, salvo poi addentrarcisi via via che il poligono di curva 14 stende uno dopo l’altro vari protagonisti. A 14 tornate dal termine infatti, il celeste Suzuki diviene colore del mare nel quale sprofondano dapprima Rins e Mir, ed un intero progetto tecnico poi. Vengono terminati soli altri tre giri prima che un altro pilota colga nuovamente in stagione l’amaro sapore del terreno: il rovente testimone con tinto il contratto della ditta demolizioni MotoGP viene infatti incastonato tra i frammenti della ghiaia di Le Mans, Jorge Martin ci si fionda e coglie l’ingiuriosa eredità del Rins formato 2021.
La Bestia nel mentre si è mossa lesta e predatrice alle spalle di un Miller divenuto inerme preda dinanzi alla Ducati del Team Gresini che, dopo averlo infilato, ringrazia, saluta e pone nel proprio mirino un nuovo bersaglio: il leader di gara Bagnaia. Bastano infatti poche curve e giri per portare il proprio cupolino ad infiammarsi per il calore emanato dai sogni futuri, dagli scarichi della Desmosedici ufficiale. Il B&B Ducati fugge via, più veloce di ogni altro, più lontano di tutti e da tutti, concedendosi peraltro il lusso di limare via due decimi da un passo gara già inarrivabile per la concorrenza. A sette dal termine i tempi sono maturi per la prima zampata di Enea, quella che lo porta ad infilare Pecco nell’intricata e complessa variante d’inizio circuito.
Al passaggio sotto il ponte Dunlop i ruoli si sono invertiti, i due attraversano discesa e ponte cambiando equilibri di gara e prossimo futuro, salvo poi far scoppiare la bolla del sogno di Bastianini e far tornare il 23 alla realtà. Il 63 infila e torna in testa, il 63 forza anche, finendo per regalarsi un insperato giro tra le lande del long lap penalty per via di una staccata tarda, regalando dunque nuovamente la leadership al connazionale. Pecco si vede costretto a forzare per ricucire il neonato gap, finendo per rischiare ancora una volta troppo. Curva 14 è infatti poligono di tiro, e quando il bersaglio diviene rosso il 63 è a terra, catapultato nel ghiaione di Le Mans.
Così mentre il rivale, o futuro compagno di box, si avvia agli ultimi giri in totale solitudine, le telecamere pescano un Bagnaia intento al rientro ai box, a piedi, desolato. Le immagini, a lungo sullo schermo per via della loro simbolicità entro gara, Mondiale e futuro, dipingono un cammino lungo come quello di Arthur Blessitt, come quello che porta a Santiago.
Nemmeno il tempo di abbracci e magre consolazioni dal team nei box che Enea Bastianini diviene re di Francia, il Re Sole a scacciare le tenebre del cielo di Le Mans, il raggio celeste a squarciare la nuvola rossa di Pecco Bagnaia precedentemente abbattutasi sul circuito. Dietro il vincitore sfilano Jack Miller, Aleix Espargaro nuovamente a podio, il duo di casa Fabio Quartararo e Johann Zarco e Marc Marquez. Nono Marini, secondo degli italiani, davanti a Vinales e Pol Espargaro, seguiti a loro volta dai rookie Bezzecchi e Di Giannantonio, solo 15° invece il Morbido.
MotoGP, Top&Flop
TOP –
- Bastianini 10: La Bestia cala il tris stagionale dopo sette sole round. Solita gara “alla Enea” partita da un gran rilascio della frizione e proseguita con passo che giustifica assolutamente il trionfo e calma serafica, quella della quale priva Pecco nella contesa per la vittoria. Altro trionfo da manuale per un Bastianini che mette una seria ipoteca su chance Mondiali e di rosso Ducati. Che sul podio con l’iconico shoey abbia somministrato a Jack Miller il drink per il brindisi d’addio e successione in ufficiale?
- Miller 7,5: Conclude secondo una gara da comparsa solo apparente. Jack scatta meglio di chiunque altro e resiste sul podio ad ogni passaggio sul traguardo, sintomo di come evidentemente il passo non fosse poi così inferiore dei più chiacchierati rivali. L’inno italiano sul podio risuona come sonata d’addio nelle orecchie dell’aussie, e così se addio dovrà essere che allora Miller regali un’ultima stagione di Thriller come solo lui è in grado di offrire.
- Espargaro 7: Nessuna più dicitura Aprilia, qui grandi meriti vanno ad Aleix. Capitano assoluto di un team nel quale ha deciso di credere anni addietro e che ora come da lui stesso scherzosamente ammesso farebbe “una gran str*****a” a lasciarlo partire. Alcuni rivali paiono avere qualcosa in più, ma il continuo piazzamento non può certamente lasciare delusi. La contesa Mondiale si fa intricata, ma già che la casa di Noale ha sofferto per anni, ora è in ballo e dunque…via alle danze.
FLOP –
- Bagnaia 5: Media tra il 9 di un weekend pressoché perfetto e l’1 dell’unico errore che gli pregiudica gara e Mondiale, anche se questo andrà giudicato sul lungo periodo. Ciò che è certo è che nella trappola-Enea Pecco ci è caduto pienamente, il gioco psicologico della Bestia ha finito per privarlo della concentrazione necessaria e l’ha spinto ad un forcing certamente non ragionato. Il cammino verso il box è l’emblema della stagione sin qui, di colui che per quanto dimostrato potrebbe essere uno dei, se non il favorito alla vittoria finale del campionato.
- Suzuki 5: Il progetto naufraga e con sé porta Alex Rins e Joan Mir. Al ritiro della casa di Hamamatsu dalla MotoGP segue quello dei due piloti dalla gara causa cadute, quella del 42 peraltro molto pericolosa e sfortunatamente spettacolare. Il potenziale per una gara da top-5 c’era per entrambi, del potenziale però resta ben poco: ben 0 punti.
- Yamaha 4: Per l’ennesima volta è il solo Quartararo a tenere alto, si fa per dire, il baluardo della casa dei tre diapason. Morbidelli è disperso tra le lande francesi, così come in quelle dei precedenti circuiti, e la gestione politico-strategica da parte dei vertici ora andrebbe posta sotto lente d’ingrandimento. Dovi non pervenuto e nemmeno lontano parente di quello pre-ritiro, ma le colpe certamente non possono essere addossate a lui, così come nel caso del compagno Binder che accumula un distacco pari ad un minuto.