Sanremo è Sanremo, ma lasciate in pace Sinner

Luca Vano
4 Minuti di lettura
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Venghino, signori, venghino. Sul carro Sinner c’è posto a sufficienza per tutti, da chi ne ha da sempre esaltato le gesta nei momenti difficili a chi nel modo più becero e ignorante del mondo non considerava l’altoatesino neppure come un italiano ed ora, illuminato dalla luce divina, è rinsavito. Il nostro Paese è stato investito dall’onda di positivo entusiasmo dopo la vittoria di Jannik negli Australian Open, che ha riconsegnato all’Italia del tennis un trofeo del Grande Slam dopo mezzo secolo di attesa.

Neanche il tempo di poggiare i talloni sul suolo italico, che l’astro nascente della racchetta si accorge di esser divenuto star totale. Ne aveva avuto un assaggio dopo la finale ATP a Torino e la vittoria in Coppa Davis, ma tornare raggiante da Melbourne ha tutt’altro effetto. E così, come spesso accade, parte l’iter di visite istituzionali, dalla Premier Giorgia Meloni ai vertici dello sport italiano. Una vetrina stra-meritata per Sinner, che in un contesto fortemente calciofilo ha ritagliato per sé lo stesso spazio che in passato hanno faticosamente ottenuto Valentino Rossi, Alberto Tomba e pochi altri eletti. Ma non è tutto oro quel che luccica.

Sinner con l'Italia, Coppa Davis
Sinner con l’Italia, Coppa Davis @livephotosport

Sanremo all’improvviso

Il problema dell’appropriazione dell’atleta con conseguente espropriazione di contesto, in questi casi, è sempre dietro l’angolo. Ed è così che spunta dal nulla l’invito a Sanremo, Festival magistralmente condotto da Amadeus da anni con passione e minuzia. La stessa che gli ha permesso di definire il tutto – co-conduttori, artisti, ospiti – già con due mesi d’anticipo, snocciolando ogni settimana o quasi nuove curiosità. Per questo, vista tale solerzia, stona l’improvviso interesse per Sinner. Orecchio teso che può esser anche perdonato, al contrario della pubblicità stucchevole che ne ha fatto da contorno.

L’invito a Sanremo è, infatti, privato per definizione. Ospiti e super ospiti sono svelati ad accordo raggiunto, non raggiunti a loro volta tramite un appello in tv. Una mossa che Ama, trascinato dall’entusiasmo del momento, ha bypassato salvo tornare sui propri passi al TG1: “Non volevo mettere in difficoltà Jannik. Lo capirò se non vorrà venire”. Ma per un conduttore sopito, c’è tutto il contorno ancora da sistemare al suono di una semplice domanda: se non avesse vinto in Australia, l’invito sarebbe arrivato? E soprattutto, con tale clamore?

Per questo la scelta di Sinner, umile e riservato, di mantenere un profilo basso e declinare con garbo – “Perché dovrei andare? Non so né cantare, né ballare” – è una boccata d’ossigeno. Una ventata d’aria fresca, un appello a lasciare le proprie cose nel proprio contesto senza strafare in maniera innaturale. Se dovesse decidere di volare a Sanremo, di sicuro il pubblico italiano ne sarà entusiasta. Ma se il “no” venisse confermato, nulla cambierà. Anzi, forse qualcuno gli vorrà ancora più bene.

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