Luigi Mazzola in ESCLUSIVA: “Ferrari per il titolo. Il budget cap non mi convince”

Luigi Mazzola, vent’anni in Ferrari da ingegnere di pista prima e coordinatore di sviluppo poi, è intervenuto in ESCLUSIVA sul Mondiale di F1

Lorenzo Bosca
12 Minuti di lettura

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Sono poche le persone al mondo che possono vantare una conoscenza ingegneristica delle vetture di Formula 1 pari a quella di Luigi Mazzola. Ancora meno quelle che possono annoverare nel proprio curriculum, l’aver lavorato in Ferrari per oltre vent’anni, al fianco di piloti del calibro di Alain Prost e Michael Schumacher. Luigi Mazzola, o meglio l’ingegner Mazzola, sotto il vessillo del Cavallino Rampante ha conquistato ben 8 Mondiali Costruttori e 6 Mondiali Piloti, nelle vesti di ingegnere di pista prima e successivamente Dirigente Coordinatore dello sviluppo della performance. Laureato al Politecnico di Torino, oggi l’ex alfiere in tuta rossa è speaker emozionale e trainer aziendale. Oltre ad essere ospite fisso su Sky sport F1 e delle più importanti colonne dei quotidiani nazionali, l’ingegnere è anche cofondatore di una startup, la cui volontà risiede nel poter imporre determinati stili di guida alle autovetture autonome di domani. Ai margini del Gran Premio di Spagna, Luigi Mazzola è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni per parlare del Mondiale di Formula 1, con un occhio di riguardo verso lo sviluppo delle monoposto.

In questo 2022 abbiamo già visto sei gare e per gli ingegneri solitamente dopo Barcellona è il momento dei primi bilanci. A lei in questo campionato, cos’è che l’ha particolarmente impressionata?

“Cos’è che mi ha impressionato? Beh, mi è piaciuta questa competitività: è tutto nuovo. Nero su bianco, dovuto ai nuovi regolamenti: tutti partono da zero ed è questo il bello, quindi avanti tutta con la creatività e con la capacità ingegneristica. Indubbiamente tutto ciò ha da una mano alla Ferrari, visto che si era impegnata già da un anno e ha avuto più tempo per potersi preparare rispetto a Red Bull e Mercedes che hanno combattuto fino all’ultimo Gran Premio l’anno scorso. Quindi abbiamo trovato un altro outsider: la Ferrari, che torna alla ribalta e questo ci serviva, sia come italiani che come F1. Tanto è nuovo il regolamento che poteva dare spazio a errori, o meglio, a non giuste interpretazioni: ad esempio la Mercedes si è trovata in una situazione di impasse, che non si aspettava e quindi deve rimontare. C’è invece chi ha lavorato meglio: indubbiamente la Red Bull, che pur avendo combattuto fino all’ultimo giro dell’anno scorso, quindi aver impegnato risorse per lo sviluppo della macchina nel 2021, è riuscita comunque a presentarsi da protagonista. Quindi direi che la Red Bull ha fatto molto bene, se la gioca con la Ferrari in questo momento, ed altro aspetto, con due grandi campioni come Leclerc e Verstappen. Tutto questo mi piace”. 

Formula 1 2022
Formula 1 2022

E invece cosa non la entusiasma?

“Non mi entusiasma indubbiamente il peso delle macchine, sono troppo pesanti, non sono più delle F1. Sono abituato ad avere delle F1 da 600-605 Kg. Che con il pit stop del rifornimento potevano arrivare a 640-650 Kg. Adesso siamo a macchine di 800 Kg e passa, 900 Kg addirittura a inizio Gran Premio. Ecco questo a me non piace, anche perché toglie un po’ il pathos, anche ai piloti stessi, siccome cominciano ad avere delle macchine poco guidabili. Quindi quando si va nei circuiti con tratti con molto vento, nelle curve lente trovano difficoltà. E’ un modo di guidare che va un po’ fuori di quella che è la Formula, o quella che dovrebbe essere, e questo mi piace un po’ di meno”. 

In questi giorni si parla molto anche del budget cap, c’è chi lo celebra, chi lo critica e chi crede che i team troveranno un modo per arginarlo. Lei cosa ne pensa?

“Siamo in un momento in cui le Formula 1 possono costare tanto, ma sinceramente il budget cap esula da quello che è il mio pensiero. Non sono mai stato totalmente d’accordo con il budget cap. Occorrerà vedere se potrà migliorare la situazione. Quello che io dico è la difficoltà di controllarlo e di considerare in che modo i team possono eludere questo controllo, perché già da punto di vista tecnico si fa fatica, ci sono le aree grigie, tante situazioni che fanno la differenza, quando cominci ad esplorare quelle aree che il regolamento considera e non considera, e li riesci a fare la differenza in termini di prestazione. Figuriamoci in un mondo di controllo economico e di spesa. Questo a meno che negli anni non si comincino a mettere sempre più regole, o si trovano formule, sempre più facili per poter controllare, ma allo stato attuale, se io penso al 2022 è difficile. Poi se lo scopri dopo cosa fai? Non so in che modo tu possa azionare il retroattivo, agire. Se hai scoperto qualche cosa del passato cosa fai? E’ comunque un tentativo e quindi non va ammazzato pronti e via. Vedo la difficoltà che c’è attualmente, però magari negli anni riusciranno in qualche modo a controllarlo. Io comunque rimango sempre un po’ perplesso”. 

Quanto è ancora importante l’impronta del pilota nello sviluppo della monoposto?

Piloti che sappiano indirizzare lo sviluppo li conto proprio sulle dita di una mano. Sono quelli che possono avere tanta esperienza perché hanno vissuto un mondo di test. In questo momento non c’è un mondo di test, quindi il pilota non può farsi un’esperienza completa per poter indirizzare lo sviluppo. Il pilota arriva il venerdì, gira in macchina e sa subito i tempi da fare ed quindi è già concentrato sull’aspetto gara, strategia, gomme… non ha il modo per poter crearsi un’esperienza. Nel passato invece un pilota faceva non so quanti test all’anno, quante giornate di test, Provava cose e aveva un’indicazione sua su cosa succedeva provando queste cose. Quindi si faceva una cultura personale e allora a quel punto poteva indirizzare sulla base della sua esperienza che si era fatto nel tempo. Adesso c’è solo il simulatore, ma il simulatore non è una macchina in pista. Questo vale sempre di più con piloti di ultima generazione. Vedo una situazione che ormai è demandata solo agli ingegneri, non più alle indicazioni dei piloti”. 

E nel passato?

“Nel passato il discorso cambiava. I piloti con cui ho lavorato che più di tutti davano un’indicazione sulla macchina erano due: Alain Prost e Luca Badoer, il nostro test driver. Questi due piloti riuscivano a capire in modo molto preciso la macchina per saper dare poi un indirizzo preciso su cosa fare. Alain (Prost, ndr) riusciva a capire molto bene la situazione, da dove nasceva il problema della macchia: se veniva dal telaio, dall’aerodinamica, o se era la curva di erogazione del motore, se era il comportamento dei pneumatici ecc ecc, lui riusciva molto bene a scindere le cose. Nello stesso tempo Luca Badoer riusciva a capire subito il comportamento della macchina e che cosa effettivamente necessitava per migliorare, tanto che Michael (Schumacher, ndr) si fidava più di lui che di se stesso”.

Luigi Mazzola e Alain Prost
Luigi Mazzola e Alain Prost

Si dice che sulla scrivania di un grande manager ci sia sempre del lavoro da fare, lei a cosa sta lavorando ora?

“A 47 anni ho chiuso con la Formula 1. Ho smesso e su carta bianca ho riscritto la mia vita lavorativa. Per le aziende svolgo tre attività, tutte imperniate sul trasferimento di quello che io ho imparato nel mondo di Formula 1 insieme a tanti campioni, e di quello che io che fin da trentenne ho cominciato a sviluppare: tutta una serie di argomenti, di “competenze trasversali”, per poter migliorare ed essere bravo come manager. Io quindi lavoro su tre aspetti. Faccio il testimonial nelle convention dove faccio dei parallelismi tra le necessità dell’azienda che mi ha chiamato con il mio modo. La seconda attività è la formazione: insegno a modo mio, che ho imparato nel mondo altamente competitivo della Formula 1, do messaggi relativi alla leadership. L’ultimo, sono executive coach da più di 20 anni, già da quando ero in Ferrari, fine anni 90’. Prima lo facevo in azienda e adesso lo faccio in maniera professionistica. Quindi aiuto le persone a risolvere determinate situazioni e raggiungere traguardi.

Dal punto di vista imprenditoriale ho messo su una startup, basata su un’idea tecnologica ed innovativa, che è quella della guida autonoma e semi autonoma. Idea che non è totalmente d’accordo su come le case automobilistiche si stiano muovendo, e che ha come obiettivo quello di integrare nella macchina anche quello che può essere lo “stile di guida”. Quello che ho pensato è che voglio mantenere la mia caratteristica di guida, (che possa essere necessaria perché magari ho delle persone che, non so, magari hanno il mal d’auto in macchina), quindi devo guidare in una certa maniera, oppure io voglio guidare in una certa maniera e quindi devo dare un volto e un’anima a quella che è la guida semi autonoma e autonoma. L’obiettivo è quello di poter chiedere al software che c’è in macchima, di registrare il mio stile di guida e farlo replicare. Quindi l’auto non è più un robot progettato da ingegneri a tavolino, ma è un robot che è sempre progettato, ma registra il mio personale stile di guida. E io lo potrò replicare in tutte le macchine dove andrò”.

Per concludere, le chiediamo allora “la domanda delle domande”. Chi vincerà questo Mondiale?

“Uno non ha la palla di vetro ovvio. Per competere (negli anni è sempre stato così) e per vincere un Mondiale di Formula 1 c’è bisogno di due cose. La prima è partire subito bene. Chiaro che Red Bull e Ferrari sono partite subito bene: il primo flag l’hanno spuntato. La seconda: devono sviluppare la macchina in modo da mantenere quella bontà che hanno mostrato ai primi Gran Premi. Quindi vincerà il Mondiale chi sarà il più bravo nello sviluppare la macchina. Chi svilupperà meglio durante tutto l’arco dell’anno vincerà il Mondiale”.