Geniali e senza regole, storie di talenti e follie: da Cassano a Balotelli

La storia e le "gesta", dentro e soprattutto fuori dal campo, dei più folli di sempre del calcio mondiale: da Cassano a Balotelli

Rachele Carosi
12 Minuti di lettura
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Si dice che il talento non sempre basti a fare grandi uomini, o in questo caso grandi calciatori, quello che è sicuro infatti è che la testa conta, eccome, anche nell’ambizioso mondo del pallone. Il connubio che meglio rappresenta tutto questo è forse racchiuso in due semplici parole: genio e sregolatezza, un’espressione letterale ma entrata ormai anche nell’uso comune con la quale si vuole associare la genialità, specialmente artistica, con abitudini di vita stravaganti e disordinate, fatte di stravizi e sfrenatezze. Scopriamo nel dettaglio i più grandi del calcio mondiale, da Cassano ad Adriano passando per i 7 della follia, che in assoluto hanno “meglio” incarnato questo duo letale, aggiudicandosi la medaglia di talento sprecato.

L’uomo delle mille “cassanate”

La carriera di quello che France Football ha incoronato come “maggior talento calcistico sprecato” ha inizio quando, nel 18 dicembre 1999, il giovane ragazzo di Bari segna due gol all’Inter di Marcello Lippi e al minuto 88 chiude la partita della sua vita. Da questo momento, l’Antonio uomo sarà sempre presente in campo, e soprattutto fuori, a scapito dell’Antonio giocatore e grande talento. A testimoniarlo saranno negli anni successivi le clamorose occasioni andate miseramente perse: da Roma alla Sampdoria, passando per il Real Madrid di Fabio Capello. Sarà proprio a Roma che Antò, per gli amici, stringerà un’amicizia che dura fino ad oggi, quella con Francesco Totti, maestro anche lui di scherzi e fesserie fuori dal campo. Le “cassanate” porteranno Fantantonio, dopo 5 anni e 39 gol in 114 presenze, a chiudere con il club e nel 2006 accettare la stellare offerta da 5 milioni del Real Madrid. Ma le cose non vanno come sperato: Madrid non è Roma e, dopo insulti e bravate, presto il club lo mette alla porta, complice anche il suo stile alimentare fuori controllo che gli varrà il soprannome di ”el gordo”, ovvero il grasso. Arriva poi la salvezza per Antonio ed ha il nome Sampdoria. Genova lo ama e anche il presidente Garrone ma alla fine, complice un clamoroso litigio, non riesce a perdonare tutte le sue bravate. Nel 2011, la parentesi con il Milan di Allegri nasce sfortunata per via del problema diagnosticatogli al cuore che lo terrà fuori per sei lunghi mesi. Si susseguiranno poi Inter, Parma e di nuovo Samp ma l’Antonio calciatore si dimostrerà essere ormai un talento in caduta libera che del giovane e talentuosissimo ragazzino del Bari sembra aver perso tutto. La carriera del giocatore si chiude nel 2018 a 35 anni, mentre quella di Fantantonio continua ancora oggi!

Cassano e Totti, stelle della Roma 2001/02
Cassano e Totti, stelle della Roma 2001/02

Questione di testa: Supermario e le “balotellate”

Mario Balotelli Barwuah nasce a Palermo il 12 agosto 1990, secondo di due figli. Al bambino viene presto diagnosticata una pericolosa complicanza intestinale ma la famiglia non può permettersi le cure indispensabili e viene così affidato a dei genitori adottivi, Silvia e Francesco Balotelli con i quali il ragazzo cresce. La passione del bimbo ghanese è da subito il calcio e nel 2001 Mario si unisce alla A.C. Lumezzane, dove ha inizio la sua carriera agonistica. Il giovane ragazzo mostra presto il suo talento, tanto da stimolare l’interesse dell’Inter che decide di scommettere su di lui. Grazie a mister Roberto Mancini, nel 2007 Mario esordisce in prima squadra, segna e convince anche i tifosi fino a quando non veste “per gioco” la maglia del Milan. Hanno inizio così le sue tristemente note “balotellate”..Il 13 agosto 2010 viene ufficializzato il suo trasferimento al Manchester City per 29,5 milioni di euro e cominciano i colpi di testa: dalla clamorosa rissa con mister Mancini alle freccette lanciate contro i ragazzi delle giovanili intenti ad allenarsi a Carrington. Poi Supermario si troverà a girovagare tra Milan, Liverpool e poi di nuovo Milan: sono anni di prestazioni non decisive e poco convincenti. Il talento cominciava a declinare, mentre impazzano i rumors sulla sua vita privata fuori dal campo. Dopo la parentesi al Nizza dal 2016 al 2019, si sposta all’OM fino al termine della stagione prima di svincolarsi. Le ultime maglie che veste sono quella del Brescia, dove viene allontanato dal campo da mister Grosso, e del Monza.Oggi Supermario incanta la Süper Lig turca con le sue giocate: avrà forse questa volta compreso che sprecare il talento può essere un peccato imperdonabile. 

Gesta e caduta di un “imperatore”

La storia di Adriano Leite Liberio ha inizio tra le favelas di Rio de Janeiro, precisamente nella Rocinha, quando la sua famiglia poverissima decide di fare di tutto per realizzare il sogno di quel bambino di poter giocare a pallone. Sarà in particolare la nonna Vanda, sua stella portafortuna, a tifare per il ragazzo, che accompagna tutti i giorni in autobus agli allenamenti. Nel 1999, Adriano approda infatti nelle giovanili del Flamengo dove la sua prestanza fisica e tecnica viene perfezionata e subito notata, tanto da valergli il trasferimento all’Inter nel 2001 dove Ronaldo il fenomeno, allora stella nerazzurra, gli farà da mentore. Con la 14 sulle spalle, Adriano regala prodezze e dopo il meraviglioso gol che ha incantato il Bernabeu in quella calda notte di agosto viene etichettato come il nuovo “fenomeno”, o meglio l’imperatore, dai tifosi nerazzurri. Per Adriano l’Inter è e resterà: “il miglior club in cui abbia giocato”. Nel suo periodo d’oro, diventa anche miglior marcatore nerazzurro in Champions League con 18 reti segnate. In seguito, complice l’interesse di grandi club come Bayern Monaco e Real Madrid, il presidente Moratti propone ad Adriano, da poco riscattato, un contratto milionario per tentare di trattenerlo con sé all’Inter, ricoprendolo letteralmente d’oro. Sarà anche questa, tra le altre, la causa dell’inizio della sua fine.

Adriano, ex calciatore dell'Inter
Adriano, ex calciatore dell’Inter

Poco dopo con la morte dell’amato padre Almir, nel 2004, la vita e la carriera dell’imperatore, numero 10 dell’Inter, subiscono un duro colpo. Di quel momento, Adriano dirà:”Da quel giorno, il mio amore per il calcio non è stato più lo stesso. Amavo il calcio, perché lo amava lui. Tutto qui”. Dal 2006 l’unica parola in grado di descrivere la sua parabola calcistica sembra essere “caduta:ha inizio la depressione che lo trascinerà in un turbinio fatto di droghe, alcool e prostituite. L’imperatore non è più lo stesso e presto anche il fisico ne risente: gli addominali scolpiti di una volta lasciano il posto ad una flaccida pancia da alcolizzato. I diversi tentativi in Brasile, di nuovo al Flamengo, e poi in Italia con la maglia della Roma nel 2010, non valgono a nulla: l’imperatore è ormai un giocatore finito. Con le ultime parentesi dell’Atletico Paranaense e del Miami Utd termina la carriera del ragazzino brasiliano che un tempo era stato “imperatore d’italia”. 

George Best
George Best

“In principio fu George Best”

Prima regola per indossare la numero 7 è essere fuori dal comune e lui lo era decisamente. In principio fu George Best. Lui è stato la prima vera star del mondo del pallone, il quinto beatle, così definito per la sua eccentrica capigliatura da rockstar. Il giovane talento nordirlandese approda nella giovanili dello United grazie all’osservatore Bob Bishop che di lui dirà:” Credo di aver trovato un genio”. Il 1963 è l’anno spartiacque per la sua carriera che durerà, in terra inglese, fino al 1974 anno in cui Best lascerà il Manchester con 181 gol in 473 partite giocate, complici le sue troppe sfrenatezze fuori dal campo. Tutto racchiuso in una delle sue massime assolute, nonché sua filosofia di vita:”Ho speso gran parte del mio denaro per donne, alcol e automobili. Il resto l’ho sperperato”. La carriera del fenomeno unico e assoluto si chiude con 1 Champions League, 1 Coppa d’Inghilterra, due Charity Shield e, a coronamento di tutto, il Pallone d’Oro nel 1968, il suo anno magico. Fu il mostro dell’alcool a decretare la sua fine prematura, morì infatti a causa di un’invenzione epatica. Ma la sua immagine di playboy e il suo talento smisurato sono ancora vivi nella memoria di chi lo ha amato sul campo. Perché infondo “Maradona è bravo, Pelè è meglio, ma George è il migliore“.

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Eric Cantona dà un calcio a un tifoso
Eric Cantona dà un calcio a un tifoso

Il 7 della follia: Eric Cantona

L’eccezione alla regola è in un certo senso rappresentata dal bad boy “calcistico” per eccellenza, la leggenda Eric Cantona. Il suo carattere ribelle e poco incline alla disciplina non ha però compromesso l’enorme talento del Re, che ha fatto la storia dei Red DevilsKing Eric nasce a Marsiglia il 24 maggio 1966 e proprio in Francia muoverà i suoi primi passi da calciatore nell’OM, rivelando ben presto il carattere ingestibile: da ricordare il momento in cui, nel 1989, durante un amichevole getta a terra la maglia con violenza in seguito alla sostituzione. La sua parabola calcistica si sposta poi in terra anglosassoneal Leeds Utd prima, e a Manchester dopo, dove avviene la consacrazione proprio alla corte di Sir Alex Ferguson che paga il cartellino del giocatore 1 milione e 400 mila euro. Cantona veste la numero 7, da poco lasciata da George Best di cui eredita il genio ed anche, purtroppo, la sregolatezza.. Emblematico il suo calcio kung-fu nel gennaio 1995 al tifoso del Crystal Palace, Matthew Simmons, reo di averlo insultato mentre lasciava il campo. A The King questo gesto costò ben otto mesi di squalifica e una condanna a 120 ore di servizio civile. Ma nonostante tutto sembrerebbe che la sua pura “follia” sia stata compresa dal pubblico che nel 2001 lo elesse “Calciatore del secolo” del club.

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