Gigi Riva, il simbolo di un’isola: Cagliari nel cuore

Lorenzo Ferrai
8 Minuti di lettura
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Gigi Riva e la Sardegna. Una cosa sola, legati per sempre, da quel magico 12 aprile 1970, quando il Cagliari vinse il primo e (finora) unico Scudetto della sua storia. Rombo di Tuono, spentosi all’età di 79 anni, lascia un vuoto incolmabile, complicato da metabolizzare. La città rossoblù, divenuta casa sua piange il suo storico numero 11, prima semplice giocatore, poi eroe, infine cittadino onorario. Un uomo taciturno, che si esprimeva quando serviva, preferendo lasciar parlare il suo sinistro in campo.

Primo per gol segnati con la maglia del Cagliari, miglior marcatore anche in Nazionale, Riva è rimasto sempre coerente con sé stesso, scegliendo di diventare sardo. Nel cuore, nella mente e nell’anima. Un’intera carriera trascorsa in Sardegna, terra che l’ha immediatamente accolto come un suo figlio, quando si trasferì a soli 19 anni, per portare i rossoblù in Serie A per la prima volta. Un’isola che l’ha eretto a simbolo, divenuto poi divinità dopo lo Scudetto, riservandogli un affetto mai più replicato per nessun altro.

Rombo di Tuono, un eroe fra gli eroi

Il suo soprannome, Rombo di Tuono, coniato da Gianni Brera, lo accompagnerà per sempre durante tutto l’arco della sua avventura calcistica. Il suo mancino pronto a esplodere da un momento all’altro è stato, per anni l’incubo dei portieri, che vivevano un inconscio complesso di inferiorità quando vedevano Riva avvicinarsi all’area. Tre volte consecutive capocannoniere della Serie A, quando Gigi tirava era come se volesse squarciare il pallone, con un rumore che ricordava vagamente quello di un tuono, salvo poi (nella maggior parte dei casi) gonfiare la rete.

Per anni, il popolo rossoblù ha affollato gli spalti del leggendario Amsicora, per sostenere il magico Cagliari di Manlio Scopigno, il Filosofo, colui che accompagnerà la Sardegna sul tetto d’Italia. Un’isola intera, maltrattata per svariati secoli da Aragonesi, Genovesi, Pisani e Savoia, che si riscopre la migliore. Ancora capace di guardare tutti dall’alto in basso. Tutto per merito di undici balènti che in campo non vedono altre strade che la vittoria. E quella rosa, con giocatori memorabili come Albertosi, Cera, Domenghini e Nené, sublima tutto il proprio lavoro nei gol di Gigi Riva, un eroe fra gli eroi.

Gigi Riva, il principe rossoblù

Oltre che dalle gesta in campo, la carriera di Riva può essere accompagnata dal famoso detto “I soldi non fanno la felicità“. Oggi, in un calcio dove le mire espansionistiche e il potere economico dell’Arabia hanno condotto molti calciatori (e allenatori) fuori dall’Europa, obbligando una rivalutazione del concetto di “ambizione”, se n’è andato l’ultimo che è stato capace di dire no. Proprio lui, Rombo di Tuono, per tutta la vita ha sempre rifiutato le avances che arrivavano dai Paperon de’ Paperoni del nostro calcio, Juventus e Inter su tutti.

Le due potenze del nord hanno bussato alla porta del Cagliari, sempre e solo con un unico obiettivo: comprare Gigi Riva, pronte anche a ricoprirlo d’oro. Sembrava ovvio che una tale Iradiddio, figura centrale in campo, come solo Valentino Mazzola e Giuseppe Meazza avevano saputo essere, meritasse ben altro che un’intera carriera in una piccola come il Cagliari. E dopo lo Scudetto, le possibilità di ripetersi erano pressoché nulle. E lui lo sapeva bene, molto bene.

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La risposta di Riva non è mai cambiata. Sempre e solo no. La coerenza di un eroe dentro e fuori dal campo. Quasi un paradosso, per uno trasferitosi dalla Lombardia alla Sardegna e rifiutatosi di tornare nel Nord Italia per sposare il Sud. Un uomo del popolo, intriso di sardismo e parte integrante dell’isola. Col desiderio di vivere per l’intera sua esistenza coi colori rossoblù cuciti addosso. Rombo di Tuono resterà a Cagliari, scegliendo di godersi i suoi tifosi, il suo popolo, ormai divenuti la sua famiglia.

Riva, sardo e Azzurro

Gigi Riva non è stato un eroe solo in rossoblù, dal momento che il sardo adottivo può essere tranquillamente definito il miglior attaccante italiano di sempre. Già, perché i numeri non mentono. Con l’Italia, Rombo di Tuono vanta 42 presenze e 35 gol, primo marcatore all time con la maglia Azzurra. Un Europeo vinto e un secondo posto Mondiale due anni più tardi, dopo aver giocato la leggendaria semifinale Italia-Germania 4-3. Ovviamente segnando un gol, manco a dirlo. E forse non è un caso il fatto che si sia spento due settimane dopo un altro protagonista della Partita del Secolo, ovvero Franz Beckenbauer.

Gigi Riva
Gigi Riva @Twitter

Gigi sapeva essere leader, anche in una Nazionale zeppa di campioni. Da Zoff a Facchetti, passando per Rivera e Mazzola, fino a Boninsegna. Ebbene, Rombo di Tuono riusciva a spiccare anche lì. Personalità, carisma e leadership, esportate oltre la Sardegna e messe a disposizione di un’Italia che in Messico si arrende solamente al grande Brasile di Pelé. Probabilmente il punto più alto di Riva. Un quadro che però è cambiato di colpo, il 31 ottobre 1970. Una data rimasta impressa soprattutto nella memoria dei tifosi del Cagliari.

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Durante Italia-Austria, Riva si frattura il perone dopo un intervento del difensore Hof. Da lì, inizia ufficialmente la parabola discendente. Sua e del Cagliari. Ma le delusioni fanno parte della vita, ce lo insegna lo stesso Gigi, mai arresosi e sempre tornato in campo, finché il 1° febbraio del 1976 non decide di appendere ufficialmente gli scarpini al chiodo. 376 volte rossoblù, 207 gol. Numero uno assoluto, anche qui naturalmente. Di lì in poi la decisione di stabilirsi nel capoluogo sardo, casa sua, senza discussioni.

E la città non mancherà di essergli riconoscente. offrendogli la cittadinanza onoraria nel 2005 e ritirandone la leggendaria maglia numero 11 rossoblù. Quella che recita il numero uno due volte. Non un caso. Così come la scelta del patron del Cagliari, Tommaso Giulini, di nominare Riva presidente onorario del club nel 2019. Gigi non ha mai lasciato nemmeno i colori azzurri, prendendo parte, da dirigente, alla trionfale cavalcata in Germania nel 2006. Quel Mondiale che gli era sfuggito da giocatore, è arrivato da dirigente. Un piccolo, ma giusto, riconoscimento per un uomo unico, in grado di essere sardo e italiano allo stesso tempo. Missione non semplice. Eppure, Riva ci è riuscito. Anche per questo sarà per sempre amato da tutti.

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