Il Frosinone è un manifesto

Luca Vano
5 Minuti di lettura
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Stropicciatevi gli occhi, se non l’avete già fatto al fischio finale del match del Maradona. Il Frosinone, campione in carica della Serie B, ha battuto il Napoli, campione d’Italia. E non lo ha fatto in maniera rocambolesca e fortunosa, non ha scritto la storia come il copione suggerirebbe ad una neopromossa. L’ha fatto imponendo il proprio calcio, sfruttando i punti deboli degli azzurri e punendoli con un sonoro 4-0 maturato per intero nella ripresa.

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La vittoria promuove i ragazzi di Di Francesco ai quarti di Coppa Italia, dove salvo sorprese da parte della Salernitana il prossimo 4 gennaio, sfideranno la Juventus per regalarsi un altro sogno. Bianconeri che intanto sbarcheranno al Benito Stirpe per la diciassettesima di campionato e che stasera da Cheddira e compagni hanno ricevuto un avvertimento: in Ciociaria quest’anno si fa sul serio. Ma guai a pensare che succeda tutto per caso.

Lo stadio e la tradizione: alle radici del Frosinone

Come ad Udine, Bergamo, Reggio Emilia e Torino, anche a Frosinone si è deciso di investire in uno stadio di proprietà. Il merito è in primis di Maurizio Stirpe, presidente vecchio stampo ma clamorosamente moderno nell’affidarsi alle persone giuste, nei settori giusti. E l’impianto è stato solo il primo passo verso una competitività sempre crescente – a partire dalla militanza costante ai vertici della Serie B – e un lavoro a livello comunicativo e di brand che ha impattato sulla Serie A, senza dimenticare la tradizione alle proprie spalle.

Un esempio? Il Frosinone è entrato nel futuro senza cambiare di molto il proprio logo, senza campagne social mastodontiche e forzate, facendo leva sull’affetto e le attività del proprio territorio. Ciò da anni va di pari passo con una costante crescita dal punto di vista tecnico, resa futuribile da una rete di squadre giovanili che nulla hanno da invidiare all’Under 19 delle prime 4/5 del nostro campionato. E ciò cosa comporta? Credibilità, che si traduce in campo grazie anche all’abilità di Guido Angelozzi.

Il ds del Frosinone è la seconda figura cardine della spinta verso l’alto che sta vivendo il capoluogo ciociaro. Abile e paziente nel condurre le trattative, ha costruito i Leoni 2023/24 praticamente nelle ultime due settimane di calciomercato. Sfruttando occasioni e prestiti, ma è la provenienza a fare la differenza: Cuni e Ibra dal Bayern, Soulé, Barrenechea e Kaio dalla Juventus, Reinier dal Real Madrid e così via. I giallazzurri hanno pescato dai migliori, per essere i migliori della propria fascia d’appartenenza e le big, a loro volta, si sono rese disponibili a far maturare i propri talenti in un contesto ritenuto all’altezza.

La rivincita di Di Francesco

Il tutto alla faccia di chi segnava la dicitura “Frosinone” alla voce “retrocessione” già ad agosto, una previsione che si è scontrata con i 17 punti ottenuti in casa finora. Battendo Atalanta e Sassuolo, ma soprattutto tre delle dirette concorrenti: Empoli, Verona e Genoa. Punti che pesano come macigni e permettono anche alle seconde linee di brillare in Coppa Italia, per la gioia di Di Francesco. Proprio il tecnico, con tanto di rivincita sull’intera Serie A, è inevitabilmente il terzo nome legato al balzo in avanti del Leone.

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E qui torniamo al punto di partenza. La vittoria contro il Napoli è un pezzo di storia del club, un’impresa e un vanto per le carriere di chi era in campo ed in panchina. Ma non si commetta l’errore di pensare che sia casuale. Il Frosinone è un manifesto di come si possa crescere ulteriormente, partendo da solide fondamenta e con tantissima pazienza. Una splendida realtà che in Serie A – e non solo – oggi è impossibile non notare.

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