Juventus ancora dentro: e Gravina? Superlega, un Golia senza Davide

Luca Vano
4 Minuti di lettura
- Pubblicità -

Seguici sui nostri canali

C’è chi dice no. Un suono a cui nelle stanze e nei corridoi del calcio italiano siamo tutti un po’ abituati, vista la tendenza a cambiare tutto affinché nulla cambi che i vertici del pallone nostrano hanno sdoganato ormai da qualche anno. Il primo slancio verso il futuro riguardò i diritti tv, rivisti di recente ma immutati, poiché sempre in mano agli stessi pochi eletti. Senza contare poi la Supercoppa: Pechino, Arabia, Arabia, Milano, ancora Arabia ma con la Final Four. Perché? Beh, perché si e chissenefrega se da casa si riesce chiaramente a distinguere il colore dei seggiolini (vuoti).

Ma il vero nemico del calcio Made in Italy, il Golia che come Bibbia comanda va sconfitto e ricacciato indietro, si chiama Superlega. Quel colpo di Stato contro UEFA e FIFA lo ricordiamo tutti, così come la sentenza dello scorso 21 dicembre che – in soldoni – definiva legittima la nascita del progetto. Ancor prima, il presidente della FIGC Gravina, vice di Ceferin in cattedra europea, si era pronunciato: “Chi fa la Superlega non potrà disputare la Serie A”.

John Elkann
John Elkann @twitter

Real e Barcellona, “stop” alla Juve

Ed è qui che entra in gioco la Juventus, insieme a Real e Barcellona promotrice della Superlega per mari e monti, salvo chiamarsene fuori presentando richiesta di abbandono ai margini dell’ultimo CdA. Risultato? Notizia odierna è che i giganti spagnoli ne hanno bloccato l’uscita, “incatenandola” con il 10% di potere all’interno del nuovo ambizioso sentiero del calcio europeo. Tale dimostrazione di forza, assieme alla sentenza prima citata, restituisce un assunto cruciale per il futuro di questo sport. La Superlega è un Golia senza Davide, senza qualcuno che pur partendo da sfavorito riesca a far restare tutto così com’è.

Alt. Non che ce ne sia davvero bisogno. Qualora l’ingresso nella competizione dovesse risultare meritocratico e non elitario, qualora gli introiti per i partecipanti risultassero decuplicati di valore, come si vocifera nei preposti uffici, e qualora – periodo ipotetico obbligatorio – il pacchetto calcio intendesse muoversi all’unisono in questa direzione, che necessità avrebbe Gravina o chi per lui di interrompere il flusso?

Gabriele Gravina, presidente della FIGC
Gabriele Gravina, presidente della FIGC @livephotosport

Dubbi

Fanno riflettere in tal senso le parole di Bernd Reichart, CEO di A22 – non l’autostrada, ma il Management che segue la Superlega – al tramonto del 2023: “Ci sono squadre che hanno comunicato la loro presenza nel progetto. Anche se con le note ufficiali dicono altro”. Un sorriso sornione che però non cancella i legittimi dubbi attorno alla sua struttura, a partire dagli arbitri che, se internazionali, ad oggi portano ancora i loghi UEFA e FIFA, per finire con i diritti tv. Appare impensabile, infatti, uno streaming 100% gratuito di tutte le partite.

Allo stesso modo, forti dubbi permangono sul ruolo della Serie A e dei campionati nazionali in tutto questo. Certo è che la faida tra la Juventus e la FIGC non si è ancora del tutto sanata dopo le penalizzazioni in successione di un anno fa e le minacce di esclusione di Gravina in caso di ok alla Superlega. Minacce che, tuttavia, rischiano di potere poco o nulla contro le sentenze già emesse ed eventuali ricorsi: un Inferno giudiziario che per costi e immagine, probabilmente, non farebbe bene a nessuno.

- Pubblicità -

Accedi per ricevere Aggiornamenti

Segui le squadre o le competizioni che preferisci per restare sempre aggiornato!

Proseguendo dichiari di aver letto e compreso
l’informativa privacy

P