Lazio, caso tamponi: Lotito rischia la carica federale

Francesco Niglio
2 Minuti di lettura
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Il terzo grado della giustizia sportiva sul caso “tamponi” è atteso per oggi pomeriggio, dopo che alle 15, presso il Salone d’onore del Coni, il Collegio di Garanzia a sezioni unite, si riunirà  per analizzare il ricorso della Lazio del Presidente Claudio Lotito. Il tutto è iniziato quasi un anno fa, quando la società biancoceleste non comunicava alle ASL locali le positività dei calciatori, e di conseguenza il mancato isolamento di alcuni e soprattutto impiegando qualcuno di loro in campo.

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Ad aprile, in secondo grado, Lotito è stato squalificato per 12 mesi: per i medici Ivo Pulcini e Fabio Rodia confermata l’inibizione di un anno, mentre per la Lazio, la multa che era di 150 mila euro in prima grado, fu aumentata a 200 mila. Secondo quanto riportato da TMW la difesa dei capitolini sostiene che l’obbligo di comunicazione dell’esito dei tamponi non spettava al club, ma al laboratorio incaricato di fare gli esami, mentre la Corte Federale ritiene il contrario.

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Le ipotesi sono tre: rifiuto del ricorso della Lazio, la richiesta ad una nuova sentenza o l’ipotesi meno probabile, quella di annullarla definitivamente. Se invece fosse confermata la sentenza di secondo grado, Lotito decadrebbe da ogni carica federale. Il regolamento parla chiaro: non si possono avere ruoli in FIGC, se nei 10 anni precedenti si accumulano più di 12 mesi di inibizione e il Presidente laziale arriverebbe a 14.

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