✨ Champions da antologia: show al Bernabeu, il Bayern Monaco è vivo

Primo round dei quarti di finale di Champions League dove sono andati in scena due match spettacolari: un pirotecnico 3-3 al Bernabeu fra Real Madrid e Manchester City, accompagnato dal 2-2 fra Arsenal e Bayern Monaco

Lorenzo Ferrai
16 Minuti di lettura

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Un ritorno in grande stile per la Champions League, che ha inaugurato nel migliore dei modi le due gare di andata dei quarti di finale dell’edizione 2023/24. Quelle andate in scena nella serata di martedì 9 aprile sono state delle autentiche prove di calcio internazionale per palati fini e, soprattutto, per cuori forti. Il magico teatro del Santiago Bernabeu ha ospitato probabilmente lo spettacolo più aulico che il mondo del pallone potesse desiderare.

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Un Real Madrid-Manchester City ad alta velocità, senza nessun tipo di calcolo, sublimato in uno spettacolare 3-3. Match in pieno stile Champions, fra i campioni d’Europa in carica e plurivincitori della competizione, nonché simbolo del Vecchio Continente calcistico. Scontro tra titani, come si suol dire, per una “finale anticipata” avvenuta troppo presto. Oltremanica, è stata da batticuore Arsenal-Bayern Monaco, anch’essa conclusasi in parità, 2-2.

Due partite da ricordare, che fungono da monito per il nostro calcio, troppo poco avvezzo allo spettacolo, con alcune eccezioni, con eccessivo attaccamento al risultato. E i due pari maturati in questi incontri rende ancora più emozionante quelle che saranno le gare di ritorno. Perché sia City-Real, che Bayern-Arsenal ripartiranno da una perfetta situazione di equilibrio.

Ancelotti e Guardiola
Ancelotti e Guardiola

Real-City, quanti rimpianti

A un certo punto della serata, tutti abbiamo pensato “Vorremmo che questa partita non finisse mai“. Real Madrid-Manchester City l’abbiamo attesa a lungo e in maniera smaniosa, dato che si trattava, a mani basse della miglior esibizione possibile in campo internazionale. Parata di stelle nel teatro del Bernabeu, dove i 22 in campo non hanno tradito le aspettative, dando vita a un acceso duello ad altissima intensità, a suon di colpi e stoccate.

Alla fine, Real e City si sono portate a casa un pareggio che, in fin dei conti, accontenta un po’ tutti, tifosi neutrali in primis. Un vero peccato che il triplice fischio del signor Letixier abbia messo fine alle ostilità, almeno per ciò che riguarda il primo round, dal momento che nella serata del Bernabeu abbiamo visto veramente di tutto.

Gol da antologia, errori, grandi giocate e magie. Il tutto apparentemente senza curarsi del risultato. Una missione del genere poteva essere resa possibile solamente da due maestri senza tempo (e senza eguali) come Ancelotti e Guardiola. Real e City hanno dato spettacolo, scendendo in campo con i loro undici migliori, eccezion fatta per gli infortunati. Pep ha preferito preservare l’acciaccato De Bruyne, fermato da un virus intestinale.

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E le telecamere non hanno mancato la solita inquadratura per KDB, particolarmente deluso per la mancata partecipazione all’incontro, nonché sfortunato quando si tratta di apparire nelle occasioni importanti. Il City potrà comunque contare sul belga nella sfida di ritorno all’Etihad, mercoledì 17 aprile.

Josko Gvardiol, Manchester City @FabrizioRomano
Josko Gvardiol, Manchester City @FabrizioRomano

Il Bernabeu ha avuto modo di stropicciarsi gli occhi per ben sei volte. Gol, a loro modo, unici. Dall’astuta punizione di Bernardo Silva, bucata da Lunin, ai siluri di Foden e Gvardiol. Senza tralasciare il buco difensivo sul sinistro, deviato, di Camavinga, passando per la finezza in stile futsal di Rodrygo. Un’altalena di emozioni, fino alla spettacolare volée di Valverde, che lascia tutto in bilico in vista del secondo round all’Etihad.

L’abolizione della regola dei gol in trasferta è un’autentica manna dal cielo per lo spettacolo, poiché Real e City saranno costrette a cercare la vittoria. Ma ripercorrendo la gara del Bernabeu, forse Ancelotti può addirittura mangiarsi le mani, per non aver sfruttato le tante ripartenze concesse dalla retroguardia albionica.

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Difatti, Guardiola ha optato per la linea alta senza snaturare il suo City, allo scopo di preservare il controllo del possesso, prestando però il fianco alle accelerazioni di Rodrygo e Vinicius. Ma se il primo è stato freddo davanti alla porta, il numero 7 non è riuscito a incidere il proprio nome sul tabellino dei marcatori, fallendo il terzo gol a inizio ripresa.

Fortunatamente è solo il primo atto di uno scontro epocale. È un peccato che questa non sia la finale del torneo, poiché si parla delle due squadre più forti d’Europa, senza discussioni. Dall’altra parte, è pur vero che potremmo godere di altri 90′ (almeno) di spettacolo puro in Inghilterra. È altresì da considerare che, purtroppo, una delle due uscirà dalla Champions, mentre la squadra che passerà il turno avrà enormi chances di sollevare il trofeo.

Erling Haaland (Manchester City) e Antonio Rudiger (Real Madrid)*
Erling Haaland (Manchester City) e Antonio Rudiger (Real Madrid)*

Bellingham e Haaland desaparecidos

Nella serata di gala del Bernabeu, in mezzo a tanta eleganza, due stelle hanno indossato gli abiti sbagliati. E si tratta probabilmente dei due giocatori più attesi alla vigilia, da una parte e dall’altra. Jude Bellingham ed Erling Haaland, i campioni del futuro (e del presente) sono le vere delusioni di quest’andata, mancati all’appello proprio nella partita dell’anno.

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Mentre l’inglese ha avuto due grosse occasioni, non concretizzate per mancanza di cattiveria e lucidità, Haaland è apparso un estraneo, slegato dal gioco sfavillante dell’orchestra guardioliana. Tartassato dall’arcigna marcatura di Rudiger, il numero 9 ha concluso nello specchio una sola volta a inizio partita, da posizione defilata, trovando la risposta di Lunin. A fine partita sono stati solamente 20 i palloni toccati dal norvegese, meno di chiunque altro.

Esattamente come lo scorso anno contro l’Inter, Haaland ha sofferto la ferrea marcatura a uomo del centrale avversario. A Istanbul era Acerbi, l’incubo del Bernabeu ha assunto le sembianze di Rudiger, che ha anestetizzato l’attaccante del City. Ciò nonostante, pur fuori dal gioco, il norvegese ha mostrato una volta di più la sua utilità per la squadra, costringendo il Real ad abbassarsi e aprendo spazi per i tiri da fuori dei propri compagni.

Il Bayern è sempre il Bayern

Real Madrid-Manchester City ha canalizzato le attenzioni, per ovvi motivi, ma all’interno del martedì di Champions, anche l’Emirates Stadium ha offerto grande spettacolo nel quarto di finale di andata fra Arsenal e Bayern Monaco. Due squadre in due momenti di forma, fisica e mentale, opposti ma che hanno saputo mettere in piedi un match equilibrato e intenso, proprio come l’incontro del Bernabeu.

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Harry Kane, Bayern Monaco*
Harry Kane, Bayern Monaco*

Arsenal-Bayern non ha avuto l’appeal dell’altra contesa, ma anch’essa si è chiusa in parità, con i Gunners che hanno artigliato il 2-2 a un quarto d’ora dal termine, con un super gol di Trossard. L’appuntamento dell’Emirates ha chiaramente mostrato però un Bayern ancora vivo, pienamente in corsa per quello che, a questo punto della stagione, è diventato l’unico trofeo disponibile.

Fuori in coppa nazionale, lontanissimi dalla vetta in Bundesliga, i bavaresi non hanno altra scelta che provare ad arrivare in fondo alla Champions League, terreno di casa comunque per il colosso tedesco. E anche in terra albionica, nonostante un Arsenal lanciatissimo, sconfitto una sola volta nelle ultime 12 apparizioni, i campioni di Germania hanno messo in campo tutta la propria esperienza, abbinata alla peculiare disciplina teutonica.

In balìa dei giovani inglesi per i primi minuti, il Bayern Monaco ha trovato la quadra, per poi sfruttare le ripartenze concesse dalla retroguardia ballerina dei padroni di casa. Anche in un momento complicato, Tuchel è riuscito a rimanere a galla nell’ultimo palcoscenico disponibile, probabilmente la sua ultima opportunità per portare un trofeo ai bavaresi.

E prima del pari Gunners, i tedeschi avevano saputo mettere l’incontro sui binari giusti, ribaltando la rete di Saka con Gnabry e col solito Kane, ancora una volta glaciale dal dischetto. Solo la perla finale ha impedito ai teutonici di uscire dall’Emirates con una vittoria. Ma l’incontro di ieri ha ribadito lo status del Bayern Monaco, che riesce a risorgere anche quando sembra a un passo dal baratro.

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Bayern ancora vivo dunque e più agguerrito che mai in vista della sfida di ritorno, da giocare nel giardino di casa dell’Allianz Arena. Servirà una vittoria, non si scappa, ma i bavaresi hanno mostrato una volta di più di essere pressoché inscalfibili, pure nei momenti bui, quando nulla gira per il verso giusto.

Trossard, Arsenal*
Trossard, Arsenal*

Arsenal rampante e inesperto

Il Bayern è sempre il Bayern, capace di resistere e rimanere in piedi anche al cospetto della giovane truppa messa in piedi da Arteta. L’Arsenal esce dall’Emirates con un po’ di amaro in bocca, nonostante la consapevolezza di aver giocato alla pari con i plurititolati campioni di Germania, corazzata storica della Champions.

Un successo avrebbe garantito una maggiore tranquillità ai Gunners, che si sarebbero recati in Baviera con due risultati su tre a disposizione. Invece è uscito fuori un 2-2 comunque positivo, ma che obbliga Arteta a espugnare l’Allianz Arena per coltivare ambizioni da semifinale, traguardo che l’Arsenal non raggiunge dal lontano 2009.

I londinesi sono il ventre molle della parte di tabellone in cui sono stati inseriti e forse hanno risentito di questa inesperienza dilagante. I giovani rampanti di Arteta hanno mostrato diversi pezzi di bravura, su tutti, l’azione sfavillante che ha portato al pari di Trossard, azionato da un “palla c’è, palla non c’è” di Gabriel Jesus. Allo stesso tempo però, i Gunners hanno anche concesso troppo spazio al Bayern Monaco, spietato specialmente in campo aperto.

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Una sorta di Spada di Damocle per gli inglesi, tanto ammalianti quanto spreconi e che rischiano di concludere l’ennesima annata senza trofei. L’Arsenal ha tutte le carte in regola per passare il turno contro questo Bayern ferito, ma ciò potrebbe rivelarsi una pressione troppo grande da gestire, così come il primato raggiunto in Premier, che mette di fronte un clamoroso epilogo sulla falsa riga dello scorso anno, col sorpasso in volata da parte del Manchester City.

Xavi, allenatore del Barcellona
Xavi, allenatore del Barcellona @livephotosport

PSG-Barcellona, ora tocca a voi

Archiviate le gare del martedì, spazio a due incontri meno affascinanti ma che conservano comunque un certo appeal. Al Parco dei Principi, questa sera si daranno appuntamento PSG e Barcellona, in un incontro molto più equilibrato di quanto non dicano i valori in campo. L’urna di Nyon ha sorriso ai francesi, piazzandoli nella parte di tabellone più “morbida”, e risparmiando loro gli incroci mortali con le corazzate City, Real e Bayern.

Occasione d’oro per Mbappé e compagni, alla ricerca della definitiva consacrazione dopo anni trascorsi all’ombra delle grandi, specialmente in ambito europeo. La sorte ha deciso di essere benevola col PSG, che però dovrà superare un Barcellona rimessosi nei giusti binari dopo un periodo complicato fra dicembre e febbraio. Dall’annuncio dell’addio di Xavi a fine stagione, i catalani hanno recuperato terreno in campionato e passato brillantemente gli ottavi.

Nonostante il Barça sia ben distante dai fasti del passato, la contesa appare realmente equilibrata. PSG che gode dei favori del pronostico, anche se ciò può rivelarsi un’arma a doppio taglio per una squadra storicamente abituata a mandare tutto all’aria in situazioni favorevoli. Quest’anno, i ragazzi di Luis Enrique hanno la reale opportunità di arrivare fino in fondo per prendersi la rivincita dopo la beffa subita nel 2020.

Luis Enrique
Luis Enrique, tecnico del PSG*

Incrocio speciale per lo stesso tecnico spagnolo, che ritrova il Barcellona dopo sette anni, seppure dall’altra parte della barricata. Proprio alla guida dei blaugrana, Luis Enrique colse la più soddisfazione della sua carriera, conquistando la Champions nel 2015 ai danni della Juventus, che poi lo eliminò due anni più tardi.

Barcellona giovane che mixa i canterani agli esperti Gundogan e Lewandowski, gente che conosce bene il panorama continentale. Dall’altra parte, un PSG pronto a vincere, che ha probabilmente l’ultima occasione di prendersi la scena, vista anche la partenza in estate del proprio giocatore simbolo, Kylian Mbappé, con il tragitto illuminato verso Madrid.

Atletico e Borussia le Cenerentole

L’ultimo quarto di finale sarà Atletico Madrid-Borussia Dortmund, sulla carta il meno spettacolare. Anche questo doppio incrocio però mostra chiari lineamenti di equilibrio, con una maggiore propensione però verso i Colchoneros, rinvigoriti dal rocambolesco passaggio del turno agli ottavi, dopo aver eliminato l’Inter ai calci di rigore.

Diego Simeone, tecnico dell'Atletico Madrid*
Diego Simeone, tecnico dell’Atletico Madrid*

Si affrontano le due chiaramente sfavorite, per cui le prospettive di cammino si fermeranno, verosimilmente alla semifinale. Entrambe però motivate, soprattutto il Borussia Dortmund, che non raggiunge la semifinale dalla stagione 2012/13, annata in cui perse la finale, proprio a Wembley contro il Bayern Monaco.

Anche l’Atletico torna ad assaporare i piani alti della massima competizione europea, dopo aver vissuto due finali a distanza di pochi anni, perse entrambe col Real Madrid. BVB sempre acceso, sotto la gestione di Terzic, e trascinato dai giovani, anche se meno brillante e concreto rispetto alle versioni precedenti.

Dall’altra parte, un Atletico Madrid meno sparagnino e più offensivo di quelli a cui ci ha abituati Simeone, che rimane comunque un avversario ostico per chiunque. Il Cholo è un duro di natura e ha tra le mani un organico di valore, probabilmente il migliore degli ultimi anni. Seppure la strada per la finale sia ai limiti dell’impossibile, i castigliani non si arrenderanno fino al triplice fischio.

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