Ibrahimovic e il sogno Conte: Milan, non cambiare affinché tutto cambi

Nicola Liberti
6 Minuti di lettura
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Un passato recente dalle pesanti stigmate del fallimento stagionale, un presente in accennata ripresa ed un futuro, sulla carta (stampata) già scritto: l’avventura di Stefano Pioli al Milan appare ormai conclusa. L’erede designato dai più sarebbe proprio Antonio Conte, fortemente voluto dallo stesso Zlatan Ibrahimovic che nelle ultime ore ha dichiarato di essere felice dell’attuale tecnico e di voler proseguire assieme nel futuro. Basso profilo a celare pura strategia, frasi di circostanza o semplice verità? Milan, affinché tutto cambi, in termini di risultati, non cambiare filosofia.

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Scorrendo rapidamente il calendario e portandosi sino a giugno, mese nel quale, in un verso o nell’altro, verrà definito ufficialmente il futuro di Stefano Pioli, pensiamo ad un Milan che volta pagina e si vota a Conte. Ecco che se le attuali cronache di mercato parlano di una squadra dal telaio solido ma che necessita di alcuni innesti di spessore per fare l’ultimo e decisivo salto di qualità – con chiari riferimento al bomber, un centrale per rattoppare la coperta difensiva ed un centrocampista fisico – l’approdo dell’ex Juventus imporrebbe invece di fatto una rivoluzione per pressoché tutti i principali attuali giocatori di movimento rossoneri, un lusso non permesso ad oggi.

Conte consacra Theo: Milan, saluti Leao e Pulisic?

Antonio Conte ed il 3-5-2, o 3-4-3, un legame inscindibile all’apparenza, che finirebbe per condannare il Milan. Partendo dalla linea difensiva, se i rossoneri oggi con due centrali di ruolo cercano di allungare la coperta dietro, passando ad uno schema a tre il problema si acuirebbe. Non solo, fatto salvo il duttile Pierre Kalulu tra centro e destra, ambo Tomori e Thiaw, pensando ai consueti titolari, necessiterebbero di tempo per adattarsi al cambio.

Salendo a centrocampo, poi, l’unico a beneficiare del cambio modulo sarebbe con ogni probabilità Theo Hernandez, con assoluta libertà e confini ampliati all’intera fascia, sprigionando finalmente per intero tutta la propria cilindrata. Sul fronte opposto, tuttavia, risulta difficile ipotizzare un impiego di questo genere per Davide Calabria. Meno, in quest’ottica, forse, per Yunus Musah, le cui prestazioni ad oggi stentano a convincere. Sulle corsie centrali, poi, il passaggio da 2 a 3 imporrebbe un cambiamento filosofico per i vari Bennacer, Reijnders e Loftus-Cheek, ampliando ulteriormente dunque le necessità di tempo per aderire meglio ad una rivoluzione in termini di disposizione in campo.

Terminando con l’attacco, la vera nota dolente, il Milan si vedrebbe di fatto impossibilitato nello schierare Rafael Leao, ormai da tempo decisamente consacrato come esterno e non punta, e Christian Pulisic, agente largo di natura. Se oggi Pioli lamenta la carenza di una punta in uno schema tattico che ne prevede una sola da schierare, raddoppiando la necessità di investire sul mercato farebbe lo stesso. Diavolo, oggi, puoi sobbarcarti onori ed oneri di tutto ciò?

Leao, Milan @livephotosport
Leao, Milan @livephotosport

Milan-Conte, così no

Dai ‘meri’ fattori di campo, poi, a quelli storicamente identitari. Se si può parlare di DNA di un club, ecco che un matrimonio tra Antonio Conte ed il Milan sarebbe quanto di più antitetico possibile rispetto al lungo libro della mitologia rossonera. Grinta e forza opposti ad estro e fantasia, saldi principi e concetti ben (pre)definiti opposti a libertà e ricerca dell’innovazione: nessun binario, in questo senso, collega Lecce alla Milano striata di rosso e di nero.

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Accantonando quelli che sarebbero invece i reali scogli di un’eventuale trattativa, che ad oggi è totalmente non pervenuta, quali dunque economici, d’ingaggio, vedute e reali possibilità sul tema più caro a Conte, quello del mercato, l’analisi scongiura ad ogni modo possibilità concrete ed attuali di un matrimonio con il Milan. Ecco che se il board sportivo rossonero dovesse ritenersi insoddisfatto dei risultati ottenuti sin qui, ed a giugno, da parte di Stefano Pioli, e nutrisse nella persona del frontman Zlatan Ibrahimovic la necessità di un cambio di guida tecnica, la ricetta perfetta affinché tutto cambi coinciderebbe con il non cambiare proprio nulla.

Milan, cambia Pioli non Sacchi

Non rinnegare dunque storia, tradizione e stile, non cambiare filosofia del club e concetti di gioco, non accantonare la ricerca dell’innovazione in favore del solo raggiungimento del fine ultimo. “Berlusconi mi chiese di diventare la più grande squadra del mondo, ma gli dissi che era limitante, dovevamo puntare alla storia. Il nostro dogma era: vincere, divertire e convincere. La nostra è stata la tattica più che la strategia, ho sempre voluto vincere in base al merito“, se uno dei padri fondatori dell’antologia del Milan, Arrigo Sacchi si pronunciava in questi termini, ecco che oggi i rossoneri dovrebbero rifarsi a questi dogmi inscritti nel proprio patrimonio genetico, tratti identitari di un’epoca che non può essere spenta come d’incanto in favore della sola ricerca della vittoria.

Stefano Pioli a giugno può salutare, se non ritenuto all’altezza o se non si dovesse resistere all’irrefrenabile desiderio del cambiamento; ciò che tuttavia non dovrà essere messo in discussione sarà il DNA del club. Spazio dunque possibile per l’approdo di un nuovo tecnico, purché il proprio identikit risponda ai dogmi storici, in grado di inaugurare un nuovo ciclo vincente, sì, ma secondo precisi dettami ineluttabili. Milan, affinché tutto cambi, dunque, non cambiare.

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