🧤 Svilar è forte, il destino è crudele: Roma tra orgoglio e rimpianti

Roma che esce dalla BayArena di Leverkusen con orgoglio ma tanti rimpianti, per un'impresa solo sfiorata: una serata particolare per Mile Svilar, che si conferma portiere forte ma soggetto ieri al destino crudele della sua classe

Lorenzo Zucchiatti
7 Minuti di lettura
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Difficile ipotizzare una partita più romanista di quella andata in scena ieri sera alla BayArena, quel classico match in cui il tifoso della Roma si sente profondamente rappresentato: vigilia senza troppe pretese, caratterizzata dai classici “ormai è andata” e “pensiamo all’Atalanta”, sofferenza fin dai primi minuti di gara, poi quell’uno-due su rigore da “ma vuoi vedere che…”, e puntuale la beffa dell’autogol che getta tutti nello sconforto.

Il calcio e il destino son qualcosa di spesso crudele ed inspiegabile: in fondo era una trasferta sul campo dei neo campioni di Germania, imbattuti da 48 gare (ora 49), vincitori del match dell’andata all’Olimpico per 0-2; perché illuderci con 90′ minuti di questo tipo? Perché il bello di questo sport è anche questo. Credere che l’impossibile possa diventare possibile in un attimo, con la consapevolezza che, al fischio finale, non sempre c’è il lieto fine.

La Roma esce dall’Europa League con un misto di orgoglio e rimpianti, di chi sa che, dopo aver eliminato avversari del calibro di Feyenoord, Brighton e Milan, era vicino ad un’impresa storica che avrebbe dato loro la possibilità non solo di alzare il trofeo a Dublino e vendicare la finale dell’anno scorso, ma anche di ritagliarsi una seconda via per ottenere la prossima super Champions, obbiettivo da non fallire ma ora in bilico. Orgoglio e rimpianti riassunti nella prestazione di Mile Svilar, meritevole di un discorso approfondito.

Svilar, la dura legge del portiere

“È la dura legge del gol” cantava Max Pezzali con gli 883, ma ancora più pesante è quella che caratterizza il portiere, un ruolo solitario, nefasto per certi versi, di chi sa che alle sue spalle, in caso di errore, non ci sarà nessuno a salvargli la pelle. Un concetto che, se non gli fosse già stato ampiamente chiaro, ha interiorizzato ieri sera Svilar, assoluto protagonista in positivo della Roma, come gli è capitato in queste tutte le gare giocate da quando De Rossi lo ha lanciato titolare.

Con la punta delle dita, coi piedi o in uscita, il portiere belga sta dimostrando di avere nel suo repertorio qualsiasi tipo di parata, un bagaglio sciolinato in tutto il suo stile alla BayArena. Una prestazione alla Neuer, e il paragone non è casuale, visto che appena 24 ore prima proprio il gigante tedesco, di appena 14 anni più anziano di Svilar, si era reso protagonista dell’errore che aveva dato il là alla rimonta del Real Madrid, dopo almeno un paio di miracoli sontuosi.

Mile Svilar, Roma

Un concetto deve essere molto chiaro: Svilar è forte, tanto forte, ed ha risolto alla Roma il problema del portiere per un bel po’ di tempo, calciomercato permettendo. Una prestazione come quella di ieri, al netto dell’uscita sbagliata che ha condannato Mancini al secondo autogol decisivo in due anni, dopo quello in finale contro il Siviglia, era stata vista fare dal popolo giallorosso solo da Alisson, in una gara di Champions contro l’Atletico Madrid nell’edizione del famoso Roma-Barcellona 3-0

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Semplicemente Svilar ha dovuto fare i conti con la dura legge del portiere, al quale basta una minima sbavatura, unita ad una sfortuna che ci vede benissimo nel far carambolare il pallone addosso a Mancini, per macchiare una gara fin lì perfetta. Ma il 24enne di Anversa si riprenderà, proprio come quando, al suo esordio in Champions League da portiere più giovane della storia della competizione (18 anni e 52 giorni), fu protagonista della papera che decise Benfica-Manchester United 0-1. Allora, forse come oggi, fu Lukaku a consolarlo a fine gara.

Paredes l’immagine della Roma

Svilar sarà un punto fermo da cui ripartire l’anno prossimo, e poco conta che Rui Patricio saluterà a fine stagione alla naturale scadenza di contratto. A premiare la scelta di De Rossi sono i numeri ma soprattutto il rendimento e la tranquillità trasmesse dal belga alla difesa. La serata di Leverkusen, al netto del dispiacere per il risultato, ha poi riconsegnato ai giallorossi un Pellegrini attivo e al centro del gioco ed un Paredes perfetta immagine della Roma degli ultimi tre mesi.

Un giocatore completamente rinato, tornato ai livelli della sua prima esperienza nella capitale e a Parigi, dove era uno dei registi più apprezzati d’Europa. 30 anni a breve per lui e ancora tanto da dare alla Roma, con De Rossi pronto a consegnargli le chiavi del centrocampo anche la prossima stagione, con la speranza che sia non più in Europa League ma in Champions.

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Lukaku garanzia in negativo

Chi invece, ad oggi, è destinato a non far più parte del progetto giallorosso è Romelu Lukaku che, come è ben noto a tutti, rientrerà dal prestito in un Chelsea che valuterà soltanto la cessione a titolo definitivo. Al di là del futuro che lo attende, anche a Leverkusen il belga è stata l’ennesima garanzia in negativo: un altro big match in cui il suo apporto è stato pressoché nullo, un tema ricorrente che si trascina da tutta la carriera.

Una buona occasione nei primi minuti, con lo stop di petto impreciso sul lancio di Pellegrini che non gli permette di andare al tiro a tu per tu con Kovar, e niente più, per un giocatore che è sempre mancato nei grandi appuntamenti. Prima di salutare, almeno momentaneamente, la Roma, l’ultima possibilità di regalare una gioia al popolo giallorosso in una grande partita: lo scontro diretto di domenica contro l’Atalanta, decisivo per scoprire chi strapperà l’ultimo pass per la super Champions dell’anno prossimo.

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