Era De Laurentiis, dal tricolore al ritiro all’inferno

Il Corriere dello Sport riporta che De Laurentiis ha comunicato alla squadra e a Calzona la sua decisione di istituire un ritiro permanente fino alla fine del campionato: il presidente del Napoli non intende fare sconti e chiede una svolta immediata, con l'obiettivo di iniziare il cambiamento già dalla prossima partita contro la Roma, prevista per domenica

Redazione
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L’edizione odierna del Corriere dello Sport suggerisce dubbi e interrogativi sull’attuale momento del Napoli che sta suscitando profonde delusioni. È giunto il momento di un’autocritica seria e profonda. Questa squadra non è più riconoscibile e le sue recenti prestazioni sono molto al di sotto delle aspettative.

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La priorità assoluta non dovrebbe essere la lotta per un posto in Europa, ma piuttosto un’analisi interna accurata. Come è stato possibile un simile declino? Questo non è solo un problema tattico o tecnico, ma riguarda la mancanza di mentalità e carattere, gli elementi fondamentali di un gruppo coeso – sostiene il Corriere.

Nell’era De Laurentiis, forse non si era mai toccato un punto così basso.

Nemmeno le squadre che militavano in serie C mostravano tale mancanza di vigore e identità. Combattevano con determinazione, anche contro avversari meno prestigiosi. Oggi, però, sembra mancare persino il rispetto per la maglia, che porta ancora lo stemma tricolore con fierezza.

I tifosi, giustamente, esprimono il loro dissenso: in un solo anno, si è passati da un clima paradisiaco a uno infernale. È tempo di riflettere seriamente e di agire per invertire questa tendenza negativa.

Calzona, l’ennesimo deludente risultato?

Le dieci sconfitte in 33 giornate dipingono un quadro di stagione disastrosa: nei due anni precedenti l’arrivo di Spalletti, erano state registrate solamente 11 sconfitte complessive, di cui 7 nel primo anno e 4 nel secondo, coronato dal trionfo.

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Negli ultimi quindici incontri, le cose non potevano andare peggio. Calzona ha assunto tutte le responsabilità per questo ennesimo fallimento e si è scusato con i tifosi: evidentemente il suo ingresso non ha risolto alcun problema.

Con soltanto una vittoria nelle ultime 5 partite e appena tre successi su 9 in campionato, il bottino di 13 punti raccolti è miserabile. È evidente che il bilancio della sua gestione non potrà essere valutato positivamente.

Il pomeriggio trascorso a Empoli è stato un vero disastro per il Napoli, con una prestazione che si è rivelata ancor più oscura delle maglie indossate dalla squadra. La consueta costruzione dall’attacco che non porta a nulla, il gioco lento e monotono che induce nausea, e nessuna azione capace di minacciare seriamente l’avversario.

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Un unico tiro nel primo tempo e solo uno in porta durante l’intera partita (se si può definire un tiro quello di Osimhen), rendono chiaro quanto sia stata imbarazzante la prestazione complessiva. Anche con Spalletti in tribuna, questa volta non sono stati possibili miracoli. È stato difficile per lui riconoscere qualcuno in campo, considerata la mancanza di brillantezza e determinazione da parte dei giocatori.

Era De Laurentiis

De Laurentiis deve affrontare la delusione e la rabbia per l’ennesima sconfitta, consapevole che non qualificarsi per l’Europa dopo 14 anni sarebbe un duro colpo per il club. Ora è necessario guardare al futuro e pianificare una ristrutturazione. Anche se non sarà un compito facile, il presidente deve tentare un altro miracolo. In collaborazione con Manna, deve prima di tutto individuare il giusto allenatore.

Profili come Gasperini, Pioli e Italiano (con Conte in secondo piano) sembrano adatti per ricominciare. Ognuno di loro ha il proprio stile e sistema di gioco: Pioli e Italiano preferiscono il 4-2-3-1, mentre Gasperini porta una filosofia più radicale, con una difesa a tre e un approccio più fisico al gioco.

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La scelta deve essere ponderata e lungimirante. Con il nuovo allenatore, il Napoli deve aprire un nuovo ciclo, dare nuova linfa ai giocatori esistenti e individuare rinforzi mirati. È importante ricordare che i primi quattro acquisti potenziali sono già in casa, con i ritorni dai prestiti di Caprile, Gaetano, Folorunsho e Cheddira, che rappresentano una risorsa preziosa.

Tuttavia, tutto questo sarà vano se non si ritroverà la mentalità e il carattere giusto, qualità che non si possono acquistare sul mercato ma che sono fondamentali per il successo di una squadra.

Il ritiro “forzato”, garanzia di non successo

Il presidente ha deciso di optare per un ritiro per cercare di compattare la squadra e renderla più coesa, specialmente considerando il finale di stagione imminente e i cambiamenti previsti per l’estate. Anche se vorrebbe che il ritiro iniziasse il prima possibile, al momento non ci sono decisioni definitive, principalmente a causa del malcontento che si percepisce tra i giocatori.

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Non tutti sembrano essere d’accordo con questa scelta e ci sono delle resistenze da affrontare prima di prendere una decisione definitiva.

I precedenti dimostrano che il ricorso al ritiro non è sempre garanzia di successo. Nel passato, il Napoli ha già adottato questa misura sotto la guida di Mazzarri dopo una sconfitta significativa contro il Torino. Tuttavia, nonostante il ritiro, i risultati non migliorarono e Mazzarri fu successivamente sollevato dall’incarico a causa di ulteriori delusioni sul campo.

La recente sconfitta degli Azzurri contro l’Empoli ha rappresentato il punto più basso della gestione di Calzona. Attualmente, la sua media punti è inferiore persino a quella di Garcia, il migliore dei tre allenatori che si sono succeduti sulla panchina del Napoli quest’anno. È evidente che si rende necessaria una svolta, e che questa debba avvenire con urgenza, sia essa attraverso il ritiro o in altro modo.

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