Paolo Borsellino, parlarne per non dimenticare: 31 anni da quel 19 luglio 1992

Il 19 luglio del 1992, il Giudice Paolo Borsellino veniva ucciso con un'autobomba in via D'Amelio, davanti alla casa della madre

Francesco Niglio
8 Minuti di lettura

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Falcone e poi Borsellino: un epilogo già scritto. Dal 23 maggio al 19 luglio ci sono esattamente 57 giorni. Questo lasso di tempo nel 1992 separò la morte del Giudice Giovanni Falcone da quella del suo collega ed amico d’infanzia Paolo Borsellino. Paolo e Giovanni erano nati rispettivamente nel 1940, il primo e nel 1939, il secondo. 8 mesi di differenza. Si erano conosciuti giocando a pallone per strada nel quartiere popolare di Palermo de la Kalsa: sin da bambini avevano deciso di non crescere dal lato “sbagliato” del muro, quel muro immaginario che divide le persone in “buoni” o “cattivi”.

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In mezzo a loro, bambini che divenuti adulti sceglieranno la strada sbagliata e diventeranno dei mafiosi a tutti gli effetti, ma i due giovanissimi palermitani erano fatti di un’altra pasta. Schiena dritta ed idee chiare: con tanti sacrifici riusciranno ad entrare in magistratura. Il lavoro che svolgeranno dalla fine degli anni ’60 fino alla loro dipartita sarà determinante per assestare colpi durissimi a Cosa Nostra.

Falcone e Borsellino: la lotta alla Mafia

I due Giudici nel settembre del 1984, grazie alla collaborazione di Tommaso Buscetta, detto il boss dei due mondi per via della sua latitanza in Brasile, riusciranno a produrre 366 ordini di cattura. Il mese successivo altri 127 mandati di arresto in tutta Italia, questa volta con l’aiuto di Salvatore Contorno, detto Totuccio. Un destro ed un sinistro inaspettati che colpirono fortissimo i vertici mafiosi: con le 8000 pagine dell’ordinanza-sentenza, scritte nel carcere de l’Asinara in Sardegna, per ragioni di sicurezza, Borsellino e Falcone, il 16 dicembre 1987, riuscirono, nel cosiddetto Maxi Processo, nell’aula bunker costruita appositamente nel carcere dell’Ucciardone di Palermo, ad ottenere 342 condanne e 19 ergastoli.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Paolo e Giovanni non erano due qualunque ed il loro modo di fare dava fastidio e non soltanto alle organizzazioni criminali. Il giornalista Attilio Bolzoni scriverà: “Sono morti venti, trent’anni fa. Giù a Palermo. Lo sapevano che li avrebbero fermati, prima o poi. Facevano paura al potere. Italiani troppo diversi e troppo soli per avere un’altra sorte. Una solitudine generata non soltanto da interessi di cosca o di consorteria, meschinità più nascoste e colpevoli indolenze sono state decisive per trascinarli verso una fine violenta. Avevano il silenzio attorno. A un passo. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in quel Tribunale popolato da giudici infidi. Vite scivolate in un cupo isolamento pubblico ed istituzionale. Fino agli agguati, alle bombe”.

Paolo Borsellino: l’attentato del 19 luglio 1992

Già, fino agli agguati, alle bombe. Così come il suo fraterno amico Giovanni, Paolo Borsellino, il 19 luglio del 1992 verrà ucciso insieme alla sua scorta composta da Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Una FIAT 126 di colore verde, imbottita di tritolo, esploderà alle 16:58 di quel caldo pomeriggio estivo, davanti all’abitazione della madre del giudice, in Via D’Amelio. Un’altra pagina di storia non chiarita a dovere.

Borsellino stava indagando sulla presunta trattativa Stato-Mafia e non fidandosi quasi di nessuno, annotava qualsiasi cosa sulla sua agenda rossa, agenda che non verrà mai ritrovata. Il giudice fu lasciato completamente da solo a lottare contro un’idra vera e propria. Nella mitologia greca e romana, l’idra di Lerna è un serpente anfibio velenosissimo con 9 teste, teste che se tagliate ricrescono all’istante. Una lotta che Borsellino non poteva vincere.

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Strage di Via D'Amelio
Strage di Via D’Amelio

Paolo Borsellino: il suo testamento morale

Il giudice lasciò il suo testamento morale la sera del 20 giugno 1992, alla fine del corteo organizzato nel capoluogo trinacrio, per rendere omaggio alle vittime di Capaci: “Molti cittadini, ed è la prima volta, collaborano con la giustizia. Il potere politico trova il coraggio di ammettere i suoi sbagli e cerca di correggerli, almeno in parte, restituendo ai magistrati gli strumenti loro tolti con stupide scuse accademiche. Occorre evitare che si ritorni di nuovo indietro. Occorre dare un senso alla morte di Giovanni, della dolcissima Francesca, dei valorosi uomini della sua scorta.

Borsellino continua: “Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera. Facendo il nostro dovere: rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici, rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che possiamo trarne, anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro, collaborando con la giustizia, testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia. Troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che ci sembrano innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi mafiosi, grossi o piccoli, accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità di spirito, dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone è vivo”.

Paolo Borsellino
Paolo Borsellino

Paolo Borsellino: è cambiato qualcosa dal 1992?

29 giorni dopo Paolo Borsellino verrà eliminato perché troppo scomodo, troppo giusto, ma soprattutto perché troppo incline a cercare di scoprire la verità, a dare fastidio e ad intromettersi in faccende nelle quali non doveva entrare. Dopo 30 anni, mi duole dirlo, la speranza del giudice non è divenuta realtà: nel nostro Paese ci sono un’infinità di cose che non funzionano come dovrebbero ed il malaffare serpeggia in moltissimi angoli della nostra vita.

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Le amicizie, le conoscenze, il passare avanti a qualcuno anche senza meritarselo è all’ordine del giorno. Questo Borsellino non lo avrebbe accettato. Con le morti dei due Giudici Eroi, abbiamo perso tutti, chi era già nato negli anni ’90, ma soprattutto chi è nato dopo.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Personalità come quelle di Falcone e Borsellino servirebbero anche adesso, ma purtroppo nelle stanze dei bottoni decisero che il loro apporto alla società era di troppo e che lasciarli in vita sarebbe stato estremamente pericoloso. Paolo ci ha lasciato 30 anni fa, in lui miriadi di domande senza risposta ed una infinità di dubbi che anche lo scrittore e regista Ruggero Cappuccio, nel suo libro Essendo Stato, evidenzia facendo esprimere Borsellino dall’aldilà: “Sedici, cinquantotto minuti, quarantatré centesimi di secondo. Le porte si sono chiuse, Giovanni. Il buio cala sul teatro del mondo. Quelli che sapevano la loro parte l’hanno dimenticata. Ho sognato la tua morte. Ho vissuto la tua morte. Ho sognato e vissuto la morte di tanti, e quei tanti io li amavo. Dubito di essere già morto. Dubito di essere ancora vivo“.

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